La class action su Opzione Donna affronta le recenti restrizioni nell’accesso alla misura pensionistica, analizzando le posizioni di legge, giurisprudenza e parti sociali, e le prospettive di tutela dei diritti previdenziali femminili.
La recente iniziativa legale promossa da Class Action Italia porta nuovamente al centro del dibattito il tema della flessibilità nell’accesso alla pensione per le donne.
L’atto ufficiale, notificato alle principali istituzioni competenti, segna un passaggio significativo nell’impegno a difesa dei diritti delle lavoratrici.
L’accusa principale riguarda profili di discriminazione indiretta emersi dopo le modifiche delle recenti normative che hanno ristretto notevolmente la platea delle beneficiarie di quella che era una misura riconosciuta come salvaguardia sociale. Il percorso legale intrapreso unisce l’esperienza di avvocati e associazioni a testimonianze dirette di centinaia di donne escluse dal beneficio, offrendo uno spaccato reale sulle conseguenze pratiche delle restrizioni introdotte negli ultimi anni all’Opzione Donna.
Secondo le analisi e il ricorso dell’“Associazione Class Action Italia”, le attuali condizioni di accesso all’anticipo pensionistico introducono una discriminazione indiretta tra lavoratrici appartenenti allo stesso genere. Il punto critico, evidenziato nell’azione legale, consiste nella selezione di criteri soggettivi estremamente ristretti, che finiscono per escludere una quantità significativa di potenziali beneficiarie.
L’associazione rileva come l’impianto attuale della misura – fissato dalla L. 213/2023 – non solo crei esclusione sociale, ma vanifichi l’intento originario di riduzione delle disparità di genere che aveva guidato la nascita della misura nel 2004. Attraverso l’esperienza diretta di numerose donne escluse, il piano di Class Action Italia costruisce un quadro concreto delle conseguenze di queste restrizioni normative e della perdita di strumenti di tutela per chi, pur avendo maturato i requisiti anagrafici e contributivi, si vede negare l’accesso dalla mancanza dei tre criteri soggettivi previsti dalla legge attuale.
La recente disciplina regolata dalla L. 213/2023 ha introdotto tre condizioni soggettive fondamentali per accedere al pensionamento anticipato sotto il regime di Opzione Donna:
L’atto depositato dall’Associazione Class Action Italia evidenzia una problematica interpretativa culturale e normativa, individuata nella Circolare INPS n. 59/2024. Secondo l’Associazione, con questa circolare si è compiuta una “inversione logico-linguistica” della volontà legislativa, legando in modo automatico e indissolubile lo status di lavoratrice licenziata all’esistenza di procedimenti di crisi aziendale aperti presso il Ministero. Tale restrizione non trova rispondenza nella ratio ispiratrice della legge, né nel dato letterale, come riconosciuto anche dalla recente giurisprudenza.
La sentenza della Corte d’Appello di Ancona n. 205/2025 ha definito “del tutto irragionevole” questa interpretazione restrittiva, evidenziando come tale lettura finisca per negare l’accesso all’istituto ad ampie fasce di aventi diritto. L’esclusione operata dall’INPS viene perciò contestata sia sul piano tecnico-normativo sia su quello degli effetti concreti, rafforzando la posizione delle associazioni che richiedono una revisione interpretativa e normativa in autotutela.
Il piano formalmente depositato dall’Associazione Class Action Italia presenta richieste articolate, dirette a rimuovere le disparità create dalla normativa e dalle sue interpretazioni applicative. Si tratta di una strategia che punta sia a soluzioni immediate che a interventi di riforma a medio termine. Sono state avanzate le seguenti richieste: