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Come stanno i Millennial in Italia? Male con stipendi miseri, senza casa o in affitto e una sola prospettiva

di Marcello Tansini pubblicato il
Stipendi miseri, senza casa

I Millennial italiani affrontano salari modesti, precarietà lavorativa e ostacoli. Tra crisi economiche, nuovi equilibri tra vita e lavoro e l'ipotesi di espatrio, la loro realtà è complessa e sfaccettata.

I Millennial rappresentano la generazione nata tra il 1981 e il 1996, oggi compresa tra i 28 e i 43 anni. In Italia, questi giovani adulti si sono formati nella convinzione di poter seguire un percorso lineare verso il successo, seguendo i tradizionali indicatori di benessere quali l'occupazione stabile, la casa di proprietà e la costituzione di una famiglia. Tuttavia, la realtà si è rapidamente dimostrata ben diversa: la crisi economica del 2008 e i cambiamenti strutturali del mercato del lavoro hanno gettato questa generazione nell'incertezza.

Le principali sfide che i Millennial italiani devono affrontare sono caratterizzate da precarietà lavorativa, redditi insufficienti, difficoltà di accesso alla casa e una ridefinizione forzata delle aspettative tradizionali legate all'età adulta. L'adattamento a queste nuove condizioni ha indotto molti giovani adulti a mettere in discussione i paradigmi ereditati dalle generazioni precedenti e a esplorare soluzioni alternative, come l'espatrio o l'abbandono dei grandi centri urbani. L'analisi della situazione dei Millennial nel nostro Paese offre un quadro dettagliato di come cambiamenti sociali ed economici abbiano influenzato aspettative, scelte di vita e progettualità di una generazione.

L'impatto della crisi economica del 2008 e la precarietà lavorativa

L'ingresso dei Millennial italiani nel mondo del lavoro ha coinciso con la più grave crisi finanziaria del nuovo secolo. Il crollo dei mercati internazionali nel 2008 ha provocato una sterzata netta nelle dinamiche occupazionali, innescando una spirale di instabilità che ancora oggi segna profondamente questa coorte. Nel contesto europeo, la perdita di certezze storicamente associate al lavoro - come il posto fisso, la progressione retributiva e le tutele contrattuali - è stata particolarmente evidente in Italia.

Per molti giovani, il primo impatto con il mercato del lavoro si è tradotto in contratti temporanei, stagionali o di apprendistato con salari distanti dai livelli di sicurezza economica raggiunti dalle generazioni precedenti. La grande recessione ha prodotto un mutamento radicale nell'approccio individuale: l'enfasi sulla flessibilità, spesso imposta, ha spostato l'obiettivo dalla realizzazione professionale all'adattamento alle condizioni offerte. Questo fenomeno, definito anche “cultura del sacrificio”, si è manifestato attraverso accettazione di orari prolungati, straordinari non remunerati e una generale diminuzione del potere contrattuale dei lavoratori più giovani.

La riduzione dei diritti e l'erosione delle garanzie attorno all'occupazione hanno acuito il senso di precarietà diffuso tra i Millennial. Tutto ciò ha avuto un impatto su larga scala, culminando in fenomeni come il ritardo nella formazione di nuove famiglie e una crescente sfiducia nei confronti del sistema sociale. In particolare, le donne della generazione sono state spesso costrette a dimostrare una doppia disponibilità nell'ambiente di lavoro, in ragione dei pregiudizi ancora diffusi sulla conciliazione tra maternità e impiego.

Di fronte a queste difficoltà, è emersa negli ultimi anni una reazione: un crescente rifiuto della retorica che confonde sacrificio con valore. Oggi i Millennial cercano un rapporto più equilibrato con l'impegno professionale, ridefinendo il senso del lavoro nella propria esistenza individuale e collettiva.

Stipendi bassi e la difficile conquista dell'indipendenza economica

Sebbene il tasso di occupazione giovanile in Italia sia leggermente migliorato negli ultimi anni, il problema centrale rimane la retribuzione modesta. Secondo il Rapporto Inps, il reddito medio annuo dei Millennial italiani si attesta poco sopra i 14 mila euro. Una cifra che rende ardua la conquista dell'autonomia da parte della famiglia d'origine e che condiziona pesantemente la possibilità di investire in progetti di vita stabile.

L'indipendenza economica appare quindi come una vera e propria missione quasi impossibile per molti giovani adulti. Solo una minoranza riesce ad acquistare una casa senza il costante sostegno della famiglia: infatti, secondo recenti indagini, più di un milione di under 40 non dispone delle risorse necessarie per l'acquisto dell'abitazione, mentre il 60% vive ancora in affitto o con i genitori. Il fenomeno è aggravato dall'aumento costante del costo della vita, nonché dall'incapacità dei salari di tenere il passo con l'inflazione e la rivalutazione degli immobili.

I principali ostacoli all'indipendenza economica possono essere riassunti nei seguenti punti:

  • bassa crescita salariale rispetto al costo della vita;
  • precarietà dei contratti lavorativi;
  • difficoltà di accesso a forme di credito dedicate ai giovani;
  • assenza di un sistema strutturato di welfare per la fascia 25-40 anni.
Tutto ciò rende i giovani adulti italiani meno reattivi alle crisi e poco orientati al rischio, aumentando la dipendenza dalle famiglie di origine e riducendo la mobilità sociale. Il confronto europeo mostra un divario importante: in altri Paesi, sistemi di incentivazione all'assunzione e politiche abitative mirate supportano maggiormente le giovani generazioni nel percorso verso l'indipendenza.

Accesso all'abitazione tra affitto e proprietà: ostacoli e dati attuali

L'accesso alla casa rappresenta una delle principali criticità per i Millennial. Mentre le generazioni precedenti hanno spesso potuto contare su condizioni lavorative più stabili e su prezzi immobiliari accessibili, i trentenni e quarantenni di oggi si trovano a dover fare i conti con valori di mercato fuori scala e requisiti bancari stringenti. Secondo i dati Facile.it-mUp Research del 2025, solo il 40% dei Millennial possiede oggi una casa di proprietà; di questi, una quota significativa ha potuto acquistare soltanto grazie all'aiuto diretto dei genitori.

Il reddito medio annuale basso e l'aumento delle esigenze delle banche in merito a garanzie e anticipi rendono sempre più complesso l'ottenimento di un mutuo. Nel dettaglio, le richieste di finanziamento da parte degli under 36 prevedono, in media, importi intorno ai 146.000 euro, con rate mensili di circa 650 euro e una copertura del mutuo sull'81% del valore dell'immobile. Il 19% restante viene molto spesso coperto dai risparmi familiari.

Le principali barriere all'accesso all'abitazione possono essere così schematizzate:

  • esigenza di forti garanzie economiche;
  • compresenza di lavoro precario e stipendi contenuti;
  • crescita dei prezzi degli immobili nelle aree urbanizzate;
  • scarso accesso a strumenti pubblici di supporto abitativo destinati ai giovani.
Il risultato più evidente è l'alto tasso di giovani che rimandano il momento dell'acquisto, optando per un'affittanza sempre più lunga e spesso condivisa oppure per il prolungamento della convivenza con i genitori.

Il controesodo urbano: costi, sicurezza e qualità della vita nelle città italiane

Negli ultimi anni si manifesta con intensità crescente un fenomeno di controesodo urbano: molti giovani adulti scelgono di abbandonare le metropoli a causa dei costi proibitivi e di una qualità della vita percepita come insoddisfacente. Le città italiane più attrattive sotto il profilo lavorativo – come Milano, Firenze, Bologna e Roma – vedono una progressiva riduzione della fascia di popolazione compresa tra i 25 e i 40 anni.

Questa tendenza, documentata da ricerche come il Deloitte Millennial Survey e dati di Immobiliare.it, deriva da diverse cause convergenti:

  • Prezzi degli immobili in crescita costante: a Milano il costo medio supera i 5.500 euro/mq, Firenze 4.500, Bologna 3.600, Roma 3.500 e Torino 2.500 euro/mq.
  • Percezione di insicurezza: secondo l'indagine Il Sole 24 Ore sulla sicurezza urbana, il 30% dei reati avviene nelle grandi città, gravando ulteriormente sulla qualità della vita.
  • Crescente desiderio di benessere psico-fisico: la pandemia ha favorito una rivalutazione degli stili di vita meno stressanti e più a misura d'uomo, con una preferenza per centri minori collegati con la città.
Questi fattori stanno ridisegnando la geografia abitativa italiana, rafforzando la dicotomia tra grandi centri e aree di provincia e promuovendo una nuova mobilità interna alla ricerca di condizioni economiche e sociali più sostenibili.

La ridefinizione del concetto di successo e l'equilibrio tra vita privata e lavoro

I cambiamenti degli ultimi decenni hanno imposto ai Millennial italiani una profonda riflessione sul significato di “successo”. La cultura precedente, imperniata su carriera lineare, accumulo di beni materiali e status sociale, lascia il posto a un sistema di valori più sfaccettato. Per molti, la vera conquista non risiede più nell'avanzamento professionale a ogni costo, ma nella possibilità di mantenere un equilibrio ragionevole tra lavoro e vita privata, benessere mentale e realizzazione personale.

A questa ristrutturazione valoriale hanno contribuito vari elementi:

  • l'esposizione costante a crisi economiche, sanitarie e ambientali che hanno accresciuto il senso di impermanenza;
  • l'emergere di una maggiore attenzione verso la salute mentale, con la normalizzazione della terapia e la promozione delle vulnerabilità relazionali e personali;
  • la crescente insoddisfazione nei confronti di modelli di successo irraggiungibili e poco aderenti alla realtà attuale;
  • lo sviluppo di nuove narrazioni individuali fondate su esperienze diversificate, soft skills e percorsi professionali “discontinui”.
La generazione dei Millennial emerge dunque come la più abituata a convivere con l'incertezza, ricercando forme di sicurezza “alternative” fondate sui legami sociali e su un benessere non esclusivamente economico.

In un contesto segnato da precarietà e difficoltà strutturali, il trasferimento all'estero continua a rappresentare per molti giovani italiani un'opportunità di emancipazione sociale ed economica. Il fenomeno dell'espatrio giovanile, ormai consolidato da anni, coinvolge sia profili altamente qualificati sia lavoratori della gig economy, accomunati dalla ricerca di migliori condizioni di vita, stipendi più elevati e maggiori possibilità di crescita lavorativa.

Tuttavia, questa scelta comporta anche rischi e ripensamenti. Se da un lato la mobilità internazionale può offrire salari competitivi, sistemi di welfare più robusti e percorsi professionali più dinamici, dall'altro la mancanza di reti familiari e sociali e la necessità di adattarsi a contesti culturali differenti possono risultare penalizzanti. Per molti, espatriare rappresenta dunque una vera opportunità di riscatto; per altri, è vissuto come scelta obbligata di fronte all'impossibilità di costruire un progetto di vita soddisfacente in Italia.

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