Dal 2006 il tuo sito imparziale su Lavoro, Fisco, Investimenti, Pensioni, Aziende ed Auto

Conviene laurearsi in Italia? No, o almeno poco secondo i dati più recenti

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Laurearsi in Italia

L’Italia si trova di fronte a una questione complessa: migliorare la qualità dell’istruzione e la sua capacità di fornire competenze utili per il mercato del lavoro.

L’istruzione dovrebbe essere la chiave per lo sviluppo delle competenze fondamentali, come la lettura e il calcolo, ma in Italia emerge una realtà complessa. Secondo i dati Ocse del 2024, le competenze degli adulti italiani laureati risultano inferiori rispetto alla media dei Paesi Ocse, con un distacco di 11 punti nella capacità di lettura e di 17 punti nel calcolo. Per i titoli inferiori, l’Italia si avvicina o supera la media internazionale. Si tratta di una situazione solleva interrogativi sulle lacune strutturali del sistema educativo italiano. Vediamo quindi:

  • Laurearsi in Italia, aumento limitato delle competenze
  • Il mercato del lavoro e la valorizzazione delle competenze

Laurearsi in Italia, aumento limitato delle competenze

Analizzando il rapporto tra il livello di istruzione e le competenze, emerge che in Italia il passaggio dalla scuola secondaria all’università produce miglioramenti troppo limitati. In altri Paesi Ocse, le competenze dei laureati superano quelle degli individui con basso livello di istruzione, mentre in Italia questo incremento è il più modesto tra tutte le nazioni analizzate. Questo fenomeno può essere attribuito a diversi fattori, tra cui un orientamento universitario poco allineato con le esigenze del mercato del lavoro e un approccio didattico talvolta inadeguato.

Il sistema educativo italiano è caratterizzato da elevati tassi di abbandono scolastico e da un ridotto numero di laureati rispetto alla media europea. Nel nostro Paese, solo il 53% degli immatricolati consegue una laurea triennale, contro percentuali superiori in Francia, Regno Unito e Spagna. Gli studenti italiani impiegano più tempo per completare il percorso universitario: mentre in Europa il 50% dei laureati ottiene il titolo entro i 25 anni, in Italia questa percentuale scende al 37%.

Un altro problema riguarda il basso tasso di iscrizione all’università. Solo il 50% dei diplomati italiani sceglie di proseguire gli studi, contro una media Ocse del 65%. Questo limite è aggravato da una percezione diffusa che il titolo accademico non garantisca migliori opportunità lavorative o retributive.

Il mercato del lavoro e la valorizzazione delle competenze

In Italia, il titolo di studio non sembra essere un prerequisito per accedere a posizioni di vertice. Solo il 27% dei dirigenti italiani è laureato, contro l’84% della Finlandia o il 77% della Francia. Questo scenario suggerisce che il mercato del lavoro italiano non premia le competenze accademiche, preferendo spesso esperienze pratiche o contesti familiari.

La relazione tra competenze e retribuzione evidenzia un altro limite del sistema italiano. Nel nostro Paese, la retribuzione mediana lorda oraria è di 19 dollari, contro i 23 della media Ocse. Il divario diventa più evidente per i livelli di competenza elevati: mentre nei Paesi Ocse le persone con competenze avanzate ottengono aumento retributivi, in Italia questi incrementi sono limitati.

La bassa valorizzazione delle competenze si traduce in un disincentivo a investire in istruzione. In Italia, alcuni settori, come quello artistico e sportivo, premiano retribuzioni elevate anche senza titoli accademici, con guadagni che in alcuni casi superano quelli dei laureati.