Credit Agricole rafforza la sua presenza in Italia con un nuovo piano industriale al 2028 e valuta la fusione con Banco BPM. Analisi di strategie, scenari, reazioni e possibili impatti per clienti e dipendenti.
Nell’attuale scenario bancario europeo, il gruppo Crédit Agricole ha progressivamente assunto una posizione di rilievo nel mercato italiano. La presenza del colosso francese non si limita a un investimento finanziario, ma si traduce in una strategia orientata a un coinvolgimento diretto nelle dinamiche economiche locali. Le recenti evoluzioni, con l’apertura a ipotesi di integrazione con Banco BPM, hanno alimentato un acceso dibattito nell’ambiente finanziario nazionale, delineando nuove prospettive sia per i clienti che per i dipendenti. L’Italia è oggi centrale per le strategie di crescita del gruppo francese, grazie a un tessuto industriale solido e a partnership già consolidate, in particolare nel credito al consumo e nella gestione del risparmio.
La nuova direttrice di sviluppo varata da Crédit Agricole, ribattezzata “Act 2028”, rappresenta una svolta ambiziosa orientata a rafforzare la dimensione internazionale e a rendere ancora più strategico il contributo italiano alla redditività del gruppo. Il piano, presentato nell’autunno 2025 dal CEO Olivier Gavalda, fissa obiettivi quantitativi chiari e pragmatici:
Negli ultimi mesi è emersa con forza l’ipotesi di fusione tra le attività italiane di Crédit Agricole e Banco BPM, terza banca italiana per dimensioni. Tale scenario scaturisce da una fase di dialogo intenso tra il vertice francese e quello di Piazza Meda, rafforzata dal recente aumento della partecipazione degli azionisti d’oltralpe sopra il 20%.
Le motivazioni a favore di una possibile integrazione sono molteplici: consolidamento del sistema bancario nazionale, maggiore efficienza nella gestione del risparmio e nella bancassurance, rafforzamento competitivo nel credito al consumo e nel settore corporate. Per i francesi, questa operazione permetterebbe di mantenere una posizione di leadership senza vendere la rete tricolore in cambio di liquidità; al contempo, Banco BPM avrebbe la possibilità di valorizzare le proprie attività e rafforzare la sua presenza su mercati chiave.
L’attuale scenario, tuttavia, presenta diversi ostacoli. Sul piano industriale, bisogna valutare il rischio di duplicazioni o conflitti nella governance, il futuro assetto del board e il mantenimento dei rapporti con le fondazioni bancarie e gli altri azionisti storici. Dal punto di vista regolamentare, la normativa italiana sulla "golden power" autorizza il governo a intervenire se ravvisa rischi per l’interesse nazionale, in particolare quando il controllo o una quota significativa di una primaria banca passa a capitale straniero. Inoltre, la presenza politica è accentuata dalla prossima scadenza del Consiglio di Amministrazione (primavera 2026): la definizione dei nuovi equilibri rappresenta una condizione essenziale per qualsiasi operazione di aggregazione.
Infine, non mancano incertezze operative legate alla valutazione degli asset (tra cui partecipazioni come Anima Holding e Agos Ducato) e all’allineamento tra le strategie industriali dei due gruppi, che potrebbero avere approcci diversi soprattutto su digitale, distribuzione e gestione delle partnership commerciali.
Una possibile integrazione tra le attività italiane dei due gruppi attiverebbe sinergie industriali rilevanti. Le aree con le maggiori potenzialità riguardano:
Tuttavia, non mancano rischi e incertezze:
| Vantaggi attesi | Rischi potenziali |
| Sinergie industriali, economie di scala, rafforzamento patrimoniale, efficienza gestionale | Conflitti governance, attriti con minoranze azionarie, rischi regolamentari e politici |
Nel complesso, la valutazione finale dipenderà dalla capacità dei due gruppi di trovare un punto di equilibrio tra esigenze di consolidamento e la tutela degli stakeholder italiani.
Il dibattito sui possibili scenari futuri vede coinvolti sia i vertici delle due banche che il governo italiano e gli investitori istituzionali. Il CEO di Crédit Agricole, Gavalda, ha ribadito l’intenzione di considerare con attenzione ogni proposta di fusione avanzata da BPM, precisando che “nessuno scenario deve prevedere la vendita della rete italiana in cambio di liquidità” e sottolineando la volontà di mantenere un approccio prudente e di lungo periodo.
Dal lato italiano, il CEO di BPM Castagna tiene aperte tutte le opzioni, valutando sia l’ipotesi dell’integrazione con il gruppo francese sia l’eventualità di accordi alternativi, come una collaborazione rafforzata con Mps. Lo stesso Castagna ha più volte dichiarato: “guardiamo a partnership che rappresentino un’opportunità per tutta l’economia, senza accelerazioni eccessive”.
Sul fronte della governance, la riforma del TUF e la prevista presentazione della lista del board sono questioni centrali. In caso di accordo, si potrebbe prevedere una lista unica tra i principali azionisti italiani e Crédit Agricole, destinando le principali cariche in modo bilanciato (CEO all’italiana, presidenza al partner francese). Questa soluzione favorirebbe stabilità ai vertici e incontri con il favore delle istituzioni. Tuttavia, permangono dubbi sulla possibilità che le fondazioni e le casse previdenziali desiderino riequilibrare il peso dei capitali stranieri, anche in relazione alle posizioni assunte in passato dalla politica con il ricorso al "golden power".
Nel contesto attuale, il clima di confronto è definito “costruttivo” dai principali advisor e si attendono i prossimi mesi per la definizione di una visione condivisa, con la primavera 2026 come prima tappa critica per le possibili evoluzioni della governance.
Un’eventuale integrazione tra le due realtà porterebbe impatti tangibili sia per la clientela sia per chi lavora nell’organizzazione. Dal punto di vista dei clienti, la creazione di un operatore più ampio e dotato di risorse potrebbe tradursi in maggiore offerta di prodotti fintech, condizioni più competitive sui servizi bancari e un accesso facilitato a soluzioni di risparmio e credito evolute. La ridefinizione della rete territoriale, anche attraverso la digitalizzazione, dovrebbe permettere una copertura più efficace delle esigenze locali.
Per i dipendenti, l’integrazione potrebbe rappresentare un percorso di crescita e di opportunità di sviluppo professionale, legato sia all’ampliamento delle responsabilità che alla partecipazione a progetti innovativi in ambito tecnologico e commerciale. Non sono però da escludere dubbi relativi al processo di integrazione delle strutture, alla gestione delle duplicazioni di ruoli e all’implementazione di eventuali piani di efficientamento.
In sintesi, i principali impatti attesi sono: