Dal 2026, il quadro normativo che disciplina dehors e tavolini all’aperto subisce un’evoluzione significativa, incidendo sensibilmente sulle modalità gestionali da parte di bar, ristoranti e altre attività ricettive. La nuova riforma 2026 che riguarda i dehors e tavolini all'aperto di bar e ristoranti pone al centro il principio dell’autonomia amministrativa delle amministrazioni locali, snellendo le pratiche e riducendo i vincoli burocratici in molte situazioni.
Le modifiche introdotte emergono come risposta ad anni di confronto tra operatori del settore, amministrazioni comunali e Ministero dei Beni culturali. Da un lato, si riconosce il ruolo di ristoranti, bar e locali nell’animare i centri storici; dall’altro, si introducono nuovi criteri e cautele per proteggere in modo puntuale i beni di valore identitario eccezionale diffusi sul territorio.
Autorizzazioni della Sovrintendenza: nuove regole e limiti
In base alle norme in discussione, l’autorizzazione paesaggistica da parte della Sovrintendenza non costituirebbe più una regola generale ma diviene un’eccezione, applicabile solo in casistiche ben definite. La ratio alla base della legge delega, attuata tramite decreto legislativo, è orientata a semplificare l’iter burocratico e ad alleggerire il carico amministrativo sulle imprese di pubblici esercizi.
Le nuove regole prevedono che la Sovrintendenza si pronunci solo nel caso in cui la richiesta di installazione di dehors sia strettamente prospiciente a beni culturali di eccezionale valore identitario e rappresentatività. Il criterio di "stretta prospicienza" impone un rapporto visivo diretto e una contiguità spaziale immediata tra struttura e bene tutelato, escludendo così gran parte delle vie e delle piazze urbane da questo vincolo. In tali contesti sarà sufficiente seguire le procedure ordinarie previste dal Regolamento comunale e dal pagamento del canone di occupazione del suolo pubblico, per cui sono definiti:
- Ambito di applicazione delle nuove regole: i controlli speciali riguardano solo porzioni limitate di territorio, ovvero quelle a diretto contatto con monumenti o edifici di straordinaria rilevanza storica.
- Liberazione da passaggi burocratici: esercenti e uffici comunali beneficiano di una forte riduzione delle pratiche amministrative, salvo nelle eccezioni sopradescritte.
- Tempi e modi: nel resto dei casi, la richiesta sarà valutata dal Comune secondo competenza, rendendo la disciplina più comprensibile e accessibile agli operatori.
I criteri di selezione dei monumenti tutelati e la pubblicazione degli elenchi
Uno degli aspetti più innovativi della nuova disciplina riguarda
le modalità di identificazione dei monumenti e dei beni oggetto di tutela rafforzata. Il
Ministero dei Beni culturali è investito del compito di stilare elenchi dettagliati delle aree che richiedono particolari cautele, secondo criteri oggettivi e trasparenti. Questo processo deve concludersi
entro 60 giorni dall’entrata in vigore della normativa, garantendo tempi certi agli operatori.
Tra i criteri di riferimento vengono individuati:
- Diretto rapporto visivo: solo le aree pubbliche che si trovano letteralmente a ridosso di monumenti, chiese o immobili d’interesse culturale saranno soggette alla protezione speciale.
- Immediata contiguità spaziale: il vincolo riguarda solo porzioni ristrettissime delle città, escludendo intere vie o piazze da regimi eccessivamente rigidi.
- Valore identitario eccezionale: la selezione sarà guidata da requisiti di unicità storica e culturale, al fine di non estendere arbitrariamente le restrizioni previste.
Al termine di questa verifica, i comuni pubblicheranno sul proprio sito istituzionale gli elenchi dei beni protetti, assicurando la
trasparenza e la
certezza del diritto per gli esercenti. L’obbligo di pubblicazione offre agli operatori la possibilità di conoscere con largo anticipo le aree soggette a vincoli aggiuntivi, orientando così le scelte di investimento e pianificazione.
Ruolo dei Comuni e semplificazione delle procedure per dehors e tavolini
Una delle novità di maggiore impatto pratico riguarda la ridefinizione dei compiti attribuiti ai Comuni, che acquisiscono la titolarità esclusiva nella gestione degli spazi pubblici, salvo rare eccezioni legate ai valori culturali eccezionali. La nuova riforma 2026 per dehors e tavolini all'aperto valorizza la dimensione locale e riconosce agli enti la possibilità di adottare regolamentazioni flessibili e adeguate alle specificità territoriali.
I punti chiave delle nuove procedure sono:
- Autonomia normativa rafforzata: i Comuni possono approvare regolamenti o delibere che contemplano criteri e prescrizioni per materiali, colori, dimensioni e posizionamento dei dehors.
- Semplificazione effettiva: le attività che rispettano i criteri comunali ottengono l’autorizzazione automaticamente, senza passaggi accessori o l’intervento della Sovrintendenza.
- Accordi quadro: possibilità per i Comuni di definire “linee guida” congiunte con gli uffici territoriali del Ministero, fornendo così un riferimento stabile per tutte le future richieste.
Applicazione delle nuove normative: chi riguarda e criticità aperte
L'applicazione della nuova disciplina si concentra prevalentemente sui pubblici esercizi: bar, ristoranti, pizzerie e locali assimilabili rappresentano, secondo la riforma, gli unici destinatari delle procedure semplificate. Questa impostazione, se da un lato risponde alle esigenze delle attività più coinvolte nella somministrazione di alimenti e bevande, solleva dubbi interpretativi e questioni aperte per numerose altre realtà economiche e commerciali che vivono il centro urbano.
Tra le principali criticità si evidenziano:
- Disparità di trattamento: attività come gelaterie, fiorai e piccoli esercizi commerciali potrebbero restare escluse dalla semplificazione, pur trovandosi nelle stesse identiche condizioni degli esercizi della ristorazione.
- Rischio di concorrenza sleale: in assenza di un’estensione della disciplina, alcuni operatori si troverebbero a dover seguire procedure più complesse e costose solo per la diversa qualificazione dell’attività svolta.
- Ambiguità nel perimetro applicativo: la normativa utilizza la categoria dei “pubblici esercizi” in senso stretto, lasciando fuori soggetti che, pur animando e decorando aree pubbliche, rischiano di perdere competitività rispetto ai destinatari della norma.