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Stellantis, la ripresa è incominciata. I dati e previsioni. Ma cresce preoccupazione per lavoratori e fabbriche in Italia

di Marcello Tansini pubblicato il
Fabbriche in Italia

La ripresa di Stellantis si riflette nei dati finanziari e nelle strategie del nuovo CEO, tra opportunità e rischi per stabilimenti italiani, lavoratori e territori come Cassino. Sfide e prospettive tra mercato e occupazione.

Dopo una fase di forte turbolenza, il gruppo Stellantis mostra i primi segnali di ripresa. La società automobilistica, tra i maggiori player europei del comparto, ha avviato il 2025 con risultati più incoraggianti sul fronte delle consegne e della liquidità rispetto all'anno precedente. Questo nuovo slancio, tuttavia, si inserisce in un contesto di mercato ancora fragile, segnato dal rallentamento della domanda di veicoli elettrici e dalla necessità di governare una transizione industriale sempre più complessa.

L'attenzione degli osservatori si concentra sui dati produttivi e sulle decisioni strategiche legate agli stabilimenti italiani, nonché sulle sorti dei lavoratori, oggi chiamati a fronteggiare sfide che vanno oltre quelle puramente industriali.

Strategie e dichiarazioni del nuovo CEO Antonio Filosa

L'arrivo di Antonio Filosa al vertice della società ha segnato un nuovo inizio, con un coinvolgimento diretto nei confronti dei dipendenti. Nel corso della sua prima uscita pubblica, Filosa ha dichiarato che il gruppo sta già rivedendo il proprio piano strategico di lungo periodo.

Tra le linee guida, l'aggiornamento dell'impianto Dare Forward 2030, con maggiore flessibilità nell'offerta di propulsioni: accanto all'elettrico, il lancio di nuove motorizzazioni ibride destinate a conquistare fasce di mercato meno inclini al cambiamento repentino. Il dirigente ha messo in primo piano la centralità delle persone, sottolineando l'obiettivo di far crescere nuovamente le vendite e i profitti, senza trascurare la qualità del lavoro e il rispetto del cliente finale.

Durante le riunioni nei principali stabilimenti italiani, Filosa ha ribadito la volontà di mantenere una presenza industriale significativa nel Paese, ma nello stesso tempo l'azienda ha concluso la cessione dello storico impianto VM Motori. Tale scelta, insieme all'offerta di prepensionamento incentivato e alle pressioni per la mobilità di parte del personale verso stabilimenti esteri come la Serbia, alimenta apprensioni tra i lavoratori sul futuro occupazionale e sulla continuità produttiva in Italia.

Le performance finanziarie 2024-2025 e le prospettive di mercato

Il primo semestre 2025 si chiude con una perdita netta di 2,3 miliardi di euro, principalmente dovuta a oneri straordinari non ricorrenti e al calo delle vendite in Nord America e nel Vecchio Continente. Il fatturato, pari a 74,3 miliardi, segna una flessione del 13% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Nonostante ciò, la società registra segnali di miglioramento rispetto agli ultimi sei mesi del 2024, tra cui:

  • Consegne globali cresciute del 5%
  • Liquidità industriale al 30 giugno 2025 pari a 47,2 miliardi
  • Stock complessivo delle consegne in lieve aumento (+1%)
Il CEO Filosa ha confermato il ripristino degli obiettivi su fatturato, margine operativo lordo e flussi di cassa: la progressiva introduzione di nuovi modelli e il ritorno a una maggiore efficienza dovrebbero riportare l'azienda su un sentiero di crescita redditizia. Il quadro completo rivela che:

Indicatore

1° semestre 2024

1° semestre 2025

Ricavi netti (€ mld)

85,4

74,3

Perdita/utile netto (€ mld)

+5,6

-2,3

Flussi di cassa industriali (€ mld)

--

3,0

Consegne globali (mln unità)

1,188

1,2

L'azienda deve però fronteggiare un impatto dei dazi internazionali stimato in 1,5 miliardi per il 2025, nonostante gli sforzi diplomatici fra Stati Uniti ed Europa. La situazione richiede un'attenzione particolare alla rapidità nell'introdurre prodotti competitivi, anche in versioni ibride, così da consolidare la presenza nei segmenti più remunerativi e rispondere alle esigenze di un mercato sempre più volatile.

Produzione e investimenti negli stabilimenti italiani: tra opportunità e rischi

Gli investimenti pianificati nel Paese ammontano a circa 2 miliardi, con particolare attenzione alla trasformazione digitale e alla riconversione delle linee produttive per accogliere le nuove tecnologie ibride e le architetture elettroniche. La volontà di rilanciare la produzione è stata accompagnata da impegni presi ai tavoli istituzionali affinché non vi siano chiusure di siti produttivi in Italia almeno nel breve periodo. Tuttavia, l'effettiva capacità di riportare i volumi ai livelli passati resta incerta, soprattutto alla luce del continuo calo della domanda.

Nell'ultimo anno, la produzione complessiva delle autovetture in Italia ha registrato un -45,7%, con numeri che ricordano quelli degli anni Cinquanta. Tutti gli stabilimenti del gruppo risultano in negativo, con ricadute dirette sulle aziende dell'indotto. Nel 2025 è previsto il lancio di nuovi modelli nei principali plant, ma la loro effettiva entrata in produzione dipende dai tempi di adattamento alle nuove piattaforme tecnologiche.

Nonostante ciò, Stellantis conferma l'obiettivo di 1 milione di veicoli prodotti in Italia entro il 2030. Rimane centrale la questione occupazionale: le transizioni industriali e la recente cessione di VM Motori pongono in evidenza i rischi legati alla perdita di competenze storiche e alla pressione ad accettare mobilità internazionale, accentuando l'incertezza per molti tra i circa 2.500 lavoratori dei principali siti produttivi.

Le criticità occupazionali: effetti sul lavoro e reazioni sindacali

La preoccupazione tra i dipendenti italiani non è mai stata così elevata negli ultimi decenni. L'aumento degli ammortizzatori sociali, gli incentivi alle uscite anticipate e la perdita di centralità del tessuto manifatturiero stanno ridisegnando il panorama dell'occupazione nel settore. In particolare, negli stabilimenti di Cassino e Piedimonte San Germano, il ricorso alla “solidarietà” e alle chiusure prolungate ha comportato una drastica riduzione dei salari mensili, spesso inferiori del 40-50% rispetto alla retribuzione ordinaria.

Secondo fonti sindacali, nel solo impianto di Piedimonte nel 2025 sono stati oltre 60 i giorni di fermata produttiva. Molti lavoratori sono indotti ad accettare trasferimenti anche all'estero, in Serbia in particolare. La chiusura di VM Motori è un ulteriore segnale di assottigliamento della base industriale italiana.

Le organizzazioni dei lavoratori richiedono con forza l'avvio di tavoli tecnici con le istituzioni, sottolineando che la crisi non è soltanto industriale, ma anche sociale: ciascun giorno di inattività aumenta il rischio di esclusione dal mercato del lavoro per centinaia di famiglie e mina la tenuta stessa dei distretti produttivi locali.

Gli impatti sociali e industriali sui territori: focus su Cassino e Piedimonte San Germano

Il declino della produzione automobilistica ha effetti tangibili non solo sugli operai degli stabilimenti Stellantis, ma sull'intero tessuto socioeconomico dei territori ospitanti. A Cassino, la produzione di veicoli è scesa ai minimi storici, con appena 26.850 unità nel 2024, lontanissima dai livelli raggiunti nel passato. L'impianto, che poteva contare su oltre 2.000 dipendenti in epoche recenti, opera oggi con un solo turno e riduzioni continuative del personale. Analogo scenario si osserva a Piedimonte San Germano, dove le frequenti sospensioni dell'attività hanno dimezzato le retribuzioni e innescato una corsa alle uscite incentivate.

Le aziende dell'indotto sono state fortemente penalizzate, con rischio di chiusura e perdita di ulteriori posti di lavoro. Le comunità locali chiedono misure urgenti e strumenti dedicati, oltre a un coinvolgimento diretto delle amministrazioni regionali. La continuità delle attività nei plant dipende dalla rapidità nell'adattare le linee alla produzione di veicoli ibridi e alle nuove architetture elettroniche.

I progetti per Cassino e Piedimonte prevedono nei prossimi anni l'implementazione di piattaforme avanzate come Stla-Large e l'avvio di veicoli premium a maggiore redditività, ma le tempistiche restano legate all'andamento della domanda e agli sviluppi delle politiche europee in materia di automotive.