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Buoni pasto da 8 a 10 euro: una soluzione vincente per lavoratori, aziende e Stato. Perché non si fa subito?

di Marcello Tansini pubblicato il
Lavoratori, aziende e Stato

L'aumento dei buoni pasto a 10 euro apre nuove prospettive per lavoratori, aziende, Stato e ristoratori. Regole attuali, motivazioni, impatti economici, opportunità e criticità dell'iniziativa.

La revisione della soglia di esenzione fiscale dei buoni pasto è oggetto di attenzione nell'ambito della prossima Legge di Bilancio. Oggi l'aumento del valore massimo esente da tassazione è una risposta diretta all'evoluzione dei prezzi nel settore della ristorazione e delle esigenze di lavoratori e imprese. Il dibattito coinvolge ènti politici e associazioni di categoria, che auspicano un adeguamento dei ticket ai livelli dei costi attuali.

Questa misura mira a rafforzare il potere d'acquisto e a sostenere il welfare privato come strumento di redistribuzione della ricchezza. L'attesa si concentra sulla possibilità che l'introduzione di una soglia più alta favorisca tutta la filiera interessata: lavoratori, aziende, esercizi commerciali e finanza pubblica.

Come funzionano oggi i buoni pasto: norme, limiti e differenze tra cartaceo ed elettronico

L'attuale disciplina dei buoni pasto è definita dall'articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). I buoni pasto non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente entro:

  • 4 euro giornalieri per il formato cartaceo
  • 8 euro giornalieri per quello elettronico
Sono strumenti di pagamento accettati presso una vasta rete di esercizi convenzionati, inclusi bar, ristoranti e supermercati. I buoni elettronici, caricati su card o app, permettono una tracciabilità superiore rispetto ai titoli cartacei, semplificando i controlli e la gestione amministrativa. Oltre questa soglia, ogni importo eccedente viene tassato come reddito e soggetto a contributi. Le aziende che emettono buoni pasto, regolamentate dal D.Lgs. 165/2016 e successive modifiche, sono obbligate ad aderire a regole di trasparenza, inclusa la fissazione di un tetto massimo alle commissioni applicate agli esercizi aderenti (5% dal settembre 2025). La distinzione tra buoni cartacei ed elettronici non è solo normativa, ma incide su usabilità, sicurezza e vantaggi fiscali.

Le motivazioni dell'aumento: adeguamento al costo della vita e vantaggi fiscali

L'adeguamento del valore massimo esente dal ticket elettronico si basa su due elementi chiave: l'inflazione registrata negli ultimi anni e la funzione di sostegno dei buoni pasto nel welfare aziendale. Il costo medio di un pasto fuori casa ha superato la soglia degli 8 euro attualmente prevista, posizionandosi tra i 10 e i 12 euro in molte località italiane. In questo contesto, la richiesta di innalzare il valore esente a 10 euro è supportata da numerose analisi, tra cui quelle dell'Osservatorio Welfare Edenred, che evidenziano come il valore delle misure di welfare sia cresciuto del 10% rispetto all'anno precedente.

Dal punto di vista fiscale, mantenere la deducibilità integrale dei buoni pasto fino a 10 euro permette alle imprese di offrire un benefit concreto senza aumento degli oneri contributivi. Da un lato, si risponde alle esigenze dei lavoratori di vedere riconosciuto il reale costo della pausa pranzo; dall'altro, si fornisce un incentivo alle imprese ad investire nel benessere dei propri dipendenti, ottenendo così uno strumento efficace di fidelizzazione e competitività interna. L'evoluzione dei buoni pasto si inserisce anche nell'ottica di modernizzazione del welfare e nell'estensione ad altre forme di sostegno, come i rimborsi affitti per studenti universitari o l'adeguamento dell'indennità di trasferta, previsti nel pacchetto di riforme allo studio del governo.

L'impatto per lavoratori: incremento del potere d'acquisto e benefici concreti

L'aumento della soglia di esenzione è per chi beneficia regolarmente dei ticket un vantaggio immediato. Per un lavoratore che riceve buoni pasto da 10 euro al giorno, la detassazione garantirà ogni mese decine di euro in più spendibili, traducendosi in circa 500 euro netti all'anno rispetto all'attuale soglia.

Tale beneficio assume una valenza particolare durante periodi di pressione inflazionistica: i buoni pasto, infatti, costituiscono una quota aggiuntiva della retribuzione, completamente priva di imposizione fiscale fino al limite fissato per legge:

  • Aumento reale del potere d'acquisto, in linea con i rincari nel settore alimentare;
  • Maggiore facilità nell'accesso a un pasto completo nella pausa lavorativa senza esborso personale;
  • Assenza di complessità amministrative per il lavoratore, poiché il beneficio viene riconosciuto in automatico in busta paga;
  • Possibilità di utilizzare i buoni anche in supermercati, ampliando il raggio d'azione a tutte le famiglie.
Un impatto positivo si riflette soprattutto su fasce di lavoratori con redditi medi o bassi, consentendo un alleggerimento delle spese quotidiane, dal pranzo alle necessità della spesa alimentare domestica, in un quadro che valorizza lo strumento come tecnologia di integrazione reddituale.

Le ricadute per le aziende: deducibilità e strumenti di welfare

Per il mondo imprenditoriale i benefici dei buoni pasto sono molteplici. L'integrale deducibilità della spesa relativa ai ticket fino alla nuova soglia prevista rende l'iniziativa altamente vantaggiosa sotto il profilo fiscale. Le aziende possono così sostenere il benessere del personale senza dover ricorrere a formule retributive meno efficienti o più costose dal punto di vista dei contributi:

  • Riduzione del cuneo fiscale senza appesantire il costo del lavoro;
  • Semplificazione nella gestione delle risorse umane tramite benefit automatici;
  • Miglioramento del clima aziendale e della capacità di attrarre e trattenere talenti;
  • Utilizzo strategico dei ticket come leva di welfare integrativo, specialmente per realtà produttive medie e piccole.
A tale scenario si aggiunge la possibilità di personalizzare la politica premiale, offrendo un ventaglio di benefit non solo efficienti, ma percepiti come equi ed aggiornati ai reali bisogni del personale.

Ristoratori ed esercizi commerciali: nuovi scenari con la soglia a 10 euro

L'espansione della soglia esente dei buoni pasto influisce direttamente sia sulle entrate fiscali che sulla dinamica dei consumi. Secondo le analisi di SDA Bocconi, il settore genera valore pari allo 0,75% del PIL, sostenendo circa 220.000 posti di lavoro e generando, nel solo 2023, oltre 400 milioni di IVA aggiuntiva per lo Stato. L'impatto macroeconomico può essere sintetizzato nei seguenti punti:

Voci

Effetti Stimati

Posti di lavoro sostenuti

circa 220.000

Contributo al PIL

0,75%

IVA generata (2023)

419 milioni di euro

Il provvedimento è destinato a produrre un aumento dei consumi interni grazie a una maggiore liquidità immediata nelle disponibilità dei lavoratori. Se da un lato lo Stato rinuncerebbe a parte del gettito IRPEF, dall'altro il riequilibrio sarebbe garantito da maggiori entrate IVA e da un moltiplicatore economico che mantiene elevata la sostenibilità dell'intervento. Esperienze precedenti, come il passaggio da 5 a 7 euro della soglia, hanno già dimostrato un saldo positivo per le casse pubbliche.

Per gli operatori della ristorazione e gli esercizi commerciali la nuova soglia è un'opportunità di crescita. L'aumento del valore spendibile dei ticket incentiva una quota maggiore di clientela a usufruire dei servizi senza necessità di aggiunte in contanti, portando ad una maggiore frequenza e ad uno scontrino medio superiore.

  • Incremento della platea di esercizi convenzionati, favorito dal tetto alle commissioni fissato per legge;
  • Maggiore certezza nella liquidazione e nei flussi di cassa con una gestione digitale semplificata;
  • Allineamento del valore del buono ai prezzi di mercato, riducendo il rischio di scontento tra utenti e esercenti.