La diffamazione online si configura ogniqualvolta, tramite un mezzo potenzialmente accessibile a una moltitudine di soggetti.
Esprimere una recensione negativa è consentito, ma entro i margini stabiliti dalla legge e dalla giurisprudenza. La libertà di manifestazione del pensiero, tutelata dall'articolo 21 della Costituzione italiana, non è un diritto assoluto. Quando questa libertà collide con altri diritti fondamentali - come la dignità personale e la reputazione professionale - entrano in gioco i principi di equilibrio e proporzione. È dunque possibile criticare un prodotto, un servizio o un professionista, ma la critica deve restare entro i confini della verità, della pertinenza e della continenza espressiva. Se una recensione appare come una vendetta verbale, una provocazione gratuita o una denigrazione personale, si rischia di travalicare nel campo del reato di diffamazione, disciplinato dall'articolo 595 del codice penale. Ma capiamo meglio:
Un utente che definisce un ristoratore ladro senza basi concrete, o che invita alla chiusura di un'attività con insulti personali, non esercita più un diritto di opinione, ma commette un illecito. Non conta che il commento venga pubblicato sotto pseudonimo o da un account apparentemente anonimo: grazie alle informazioni fornite dai provider la tracciabilità è sempre possibile. È per questo che pubblicare una recensione falsa, esagerata o offensiva può diventare molto più di uno sfogo impulsivo: può aprire la porta a una denuncia, a una querela o a un'azione risarcitoria.
Un aspetto da considerare è che, anche in caso di archiviazione penale, la persona offesa può agire autonomamente in sede civile per il riconoscimento dei danni subiti. In molti casi sono stati riconosciuti risarcimenti economici anche consistenti, specie se l'attività commerciale ha dimostrato un calo documentato del fatturato in seguito alla pubblicazione di recensioni lesive.
Chi vuole lasciare una recensione online ha tutto il diritto di esprimere disappunto, criticare un servizio o raccontare un'esperienza negativa, a patto che rispetti le tre condizioni fondamentali. Il primo requisito è la verità del fatto o la sua verosimiglianza: non è necessario avere prove documentali, ma è indispensabile che ciò che si racconta sia realmente accaduto o quantomeno plausibile. Il secondo requisito è la pertinenza, cioè il nesso diretto tra ciò che si dice e l'esperienza vissuta. Il terzo e forse più importante è la continenza espressiva: bisogna utilizzare un linguaggio educato, privo di offese personali, insulti o insinuazioni moralmente gravi.
Scrivere che “il servizio è stato lento, i camerieri poco attenti, e il prezzo non è proporzionato alla qualità” è un giudizio soggettivo legittimo. Affermazioni come “il gestore è un incompetente totale e dovrebbe chiudere” o “ladri e truffatori, vergognatevi” sono invece dichiarazioni a forte contenuto lesivo, che possono dar luogo a reazioni legali. Se si riceve una diffida formale da un legale, è sempre meglio non rispondere autonomamente, ma consultare un avvocato. Nella maggior parte dei casi, è possibile difendersi dimostrando che la recensione era scritta in buona fede, fondata su fatti e motivata da interesse pubblico (ad esempio per tutelare altri consumatori).
Le piattaforme come Google, TripAdvisor o Trustpilot permettono di segnalare recensioni sospette o offensive, ma difficilmente rimuovono i contenuti senza l'intervento di un'autorità. In casi gravi, la persona offesa può rivolgersi al giudice per richiedere la rimozione immediata del contenuto e ottenere anche, in casi di urgenza, un provvedimento d'urgenza.