Il mercato immobiliare italiano vive una fase complessa: i prezzi delle case restano elevati, ma meno rispetto ad altri Paesi europei. Analisi, cause e prospettive future delineano un quadro in continua evoluzione per famiglie e investitori.
Negli ultimi anni, il settore immobiliare italiano si è confrontato con tendenze che hanno interessato tutta l’Europa, ma con esiti sensibilmente diversi tra Paesi. Mentre le grandi città europee registrano rincari spesso percepiti come insostenibili per le famiglie di fascia media, in Italia l’andamento, pur in crescita, sta mostrando segnali di rallentamento. Le abitudini abitative, la quota di proprietari di casa già elevata, il peso delle dinamiche speculative e la struttura del nostro territorio offrono un quadro peculiare. Raffrontare le tendenze italiane con quelle dei principali partner europei significa interrogarsi non solo sul livello dei prezzi ma anche sulle dinamiche demografiche, le scelte urbanistiche e le politiche di sostegno all’abitazione. In questo contesto si delinea il tema centrale della sostenibilità dell’accesso alla casa.
I dati degli ultimi trimestri fotografano una crescita dei valori degli immobili residenziali: secondo l’ultimo aggiornamento Istat, l’indice dei prezzi delle abitazioni (Ipab) è cresciuto del 2,7% nel secondo trimestre dell’anno rispetto al periodo precedente, portando l’incremento medio annuo al 3,9%. Pur trattandosi di valori ancora significativi, si segnala una decelerazione rispetto all’anno passato, quando la crescita aveva raggiunto il 4,4%. Sia le case nuove sia quelle esistenti partecipano a questo rialzo: rispettivamente +1,1% e +4,5% su base annua, con quest’ultima categoria che evidenzia un aumento superiore, spinto dalla forte domanda di immobili già pronti all’uso. La maggioranza delle compravendite coinvolge ancora l’abitazione principale, mentre il segmento degli investimenti e delle seconde case si mostra più contenuto, con una quota del 6,6%. L’evoluzione degli acquisti mostra un volume per il 2025 in area 770.000-759.000 unità, sfiorando i massimi storici pre-crisi e attestandosi su livelli nettamente maggiori rispetto agli anni precedenti la pandemia, in linea con le previsioni fornite da analisti come Nomisma e Scenari Immobiliari.
Un altro fattore rilevante riguarda l’andamento dei tassi di interesse: dopo i rialzi degli ultimi anni, si osserva una graduale riduzione dei costi dei mutui, con un tasso medio sceso al 3,61% nel luglio 2025 (fonte: Banca d’Italia). Questo ha favorito una ripresa dei finanziamenti (+21,3% nei primi sei mesi dell’anno), con la preferenza netta per il tasso fisso. Da segnalare anche la dinamica della domanda: il 40,6% delle richieste riguarda il trilocale, seguito dal bilocale e dal quadrilocale, a riprova della ricerca di soluzioni adatte a nuclei familiari di diverse dimensioni.
La crescita dei prezzi, tuttavia, è risultata inferiore rispetto ad altri mercati europei dove la pressione demografica e l’offerta limitata hanno avuto effetti più marcati. In particolare, il mercato italiano mostra una certa resilienza, ma senza eccessi particolarmente accentuati, confermando la sensazione di una salita più controllata rispetto ad alcuni partner UE.
La struttura geografica italiana emerge chiaramente nelle differenze sia nei livelli sia nella crescita dei prezzi immobiliari. Nel Nord, e in particolare nel Nord-Est, la variazione tendenziale raggiunge il 5,4%, spinta sia dalle grandi città che dai mercati provinciali più dinamici. Il Centro Italia mostra una crescita media del 3,8%, mentre il Sud e le isole si attestano poco sotto (+3,6%). Tuttavia, sono le realtà urbane di maggiori dimensioni, come Milano, Roma e Bologna, a esprimere la massima vivacità.
Sul fronte delle determinanti, diversi elementi convergono nell’alimentare la crescita delle quotazioni. I principali fattori individuati dagli osservatori del settore sono:
Uno dei nodi più significativi per il settore resta la cronica carenza di case nuove. Secondo fonti del settore, solo il 5,5% delle compravendite riguarda immobili di nuova realizzazione, a fronte di una preferenza del 34% delle famiglie per unità abitative appena costruite. Le cause sono molteplici:
I dati ufficiali mostrano che oltre il 72% delle famiglie italiane vive in case di proprietà, mentre un ulteriore 9% beneficia di usufrutto gratuito. Secondo l’ultimo Rapporto Immobiliare, il 70% delle famiglie sarebbe in grado di sostenere l’acquisto di un’abitazione. Tuttavia, la realtà sperimentata da molte fasce di popolazione racconta una storia diversa: giovani, studenti e famiglie con bambini faticano a trovare soluzioni economicamente sostenibili, specialmente nei poli attrattivi dove redditi e prezzi non si bilanciano.
Le statistiche a livello nazionale rischiano così di occultare gap generazionali e locali: un giovane che vive ancora nella casa di proprietà dei genitori rientra nelle fasce statisticamente «risolte», ma rimane soggetto a dinamiche di insoddisfazione abitativa reale. Le disuguaglianze territoriali giocano un peso rilevante, con aree interne caratterizzate da case accessibili ma prive di opportunità lavorative e grandi città dove invece l’offerta non soddisfa una domanda crescente, aggravando i fenomeni di pressione sugli affitti e sulle compravendite.
Nonostante alcune previste novità legislative, come il Piano Casa varato con la Legge di Bilancio 2025, le risorse stanziate risultano inferiori alle reali necessità, lasciando previste solo risposte parziali nel medio-lungo periodo.
Le dinamiche del mercato delle locazioni contribuiscono in modo significativo alla composizione dei prezzi residenziali, specialmente nelle aree urbane e nelle città a forte vocazione turistica. Nel 2025 i canoni degli affitti nelle grandi città sono cresciuti mediamente tra il 2,9% e il 3,2%, con punte ancora più alte in alcune metropoli del Sud e nelle città d’arte. Milano ha toccato il più alto livello degli ultimi anni, tanto che i canoni non sono più aumentati per limiti di sostenibilità.
Le proiezioni elaborate dai centri studi indicano un quadro in crescita, seppur con toni più moderati rispetto ai picchi raggiunti negli ultimi esercizi. Le transazioni immobiliari dovrebbero continuare a salire, passando dalle circa 759.000 dell’anno in corso a circa 782.000 entro il 2028, pur con incrementi progressivamente più attenuati (+0,9% nel 2026, +0,7% nel 2027, +1,4% nel 2028).
| Anno | Compravendite | Variazione % annua |
| 2025 | 759.000 | +5,5% |
| 2026 | 766.000 | +0,9% |
| 2027 | 771.000 | +0,7% |
| 2028 | 782.000 | +1,4% |
L’apprezzamento dei prezzi si prevede più contenuto: tra le principali città si stimano incrementi tra lo 0,7% e il 1,4% all’anno, con qualche rara eccezione (Firenze, Verona e Catania tra le più vivaci). A livello nazionale, l’incremento stimato per le quotazioni nel 2026 è attorno al 3,1%, mentre la crescita rischia di essere più accentuata nelle aree dove l’offerta è particolarmente scarsa e la domanda di qualità elevata.
Anche il mercato degli affitti continuerà a incidere nel 2026, con i canoni nelle città come Bari e Torino previsti in aumento del 9,3% e dell’8,5% rispettivamente, contribuendo al mantenimento della pressione rialzista sulle quotazioni residenziali, soprattutto nei centri turistici e universitari.