Dal punto di vista tecnico, i ripartitori sono progettati proprio per rendere difficile la manomissione: hanno sigilli, sistemi di fissaggio e, nei modelli piů recenti, anche funzioni di autodiagnosi.
La normativa italiana, recependo la direttiva europea per l'efficienza energetica, ha imposto che tutti gli edifici serviti da impianti di riscaldamento centralizzato adottino sistemi di contabilizzazione e termoregolazione del calore.
Significa che, laddove possibile, ogni radiatore deve essere dotato di un dispositivo o di un sistema di contabilizzazione diretta che rilevi il consumo effettivo di calore da ogni unità immobiliare. Il meccanismo ha lo scopo di trasformare la spesa per riscaldamento da un criterio basato sui millesimi di proprietà a uno basato sui consumi reali: chi riscalda poco paga poco, chi consuma molto paga di più.
Perché tutto ciò diventi efficace, è indispensabile che l'impianto sia progettato e installato da un tecnico abilitato secondo i parametri della norma tecnica e che tutti i ripartitori siano funzionanti, correttamente sigillati e sottoposti a letture periodiche. Quando queste condizioni non sono rispettate, il sistema perde di efficacia, la ripartizione diventa ingiusta e si aprono spazi per contestazioni e conflitti.
Dal punto di vista tecnico un ripartitore può essere manomesso o staccato. Alcuni modelli possono essere rimossi o alterati da chi decida di intervenire manualmente. Non è un'ipotesi di principio esclusa.
Ma la normativa e le previsioni delle ditte installatrici contrastano con forza queste pratiche. I dispositivi sono concepiti con sigilli di sicurezza, agganci meccanici e sistemi di protezione che dovrebbero impedire interventi non autorizzati.
Nel momento in cui un soggetto rompe il sigillo, rimuove, disattiva o in altro modo altera il ripartitore, esso compromette la funzione stessa di misurazione dei consumi: detta alterazione non è solo un difetto tecnico, diventa un atto illecito, un'azione volta a occultare il reale consumo di energia. Secondo le fonti di settore, in questi casi la manomissione configura il reato di furto di energia termica, punibile come previsto dal codice penale.
Ogni tentativo di risparmio furbo che passa per la disattivazione o la manomissione del contabilizzatore non è una forzatura marginale: rappresenta una violazione grave, potenzialmente contestabile sia in sede civile che penale.
Quando un condomino decide di manomettere o staccare il proprio ripartitore, l'equilibrio dei costi nell'edificio si rompe. Il metodo condiviso di ripartizione viene falsato e, di fatto, gli altri inquilini possono essere chiamati a pagare più della giusta quota.
In assenza di misurazioni corrette, il sistema di contabilizzazione perde ogni efficacia: le quote calcolate a consumo diventano inapplicabili, e il condominio può trovarsi nella condizione di dover procedere con criteri sostitutivi o, nel peggiore dei casi, trovarsi in violazione normativa.
Dal punto di vista contrattuale e di diritto condominiale, una tale condotta può comportare la richiesta di rettifica delle spese, l'attribuzione di una quota maggiore al soggetto scorretto, o la ripartizione dei costi con criteri alternativi stabiliti dall'assemblea, ad esempio una quota fissa per i consumi involontari, oppure un consumo presunto per l'unità rimasta senza contatore.
Se la situazione viene formalizzata e comprovata, l'interessato può essere considerato responsabile del danno economico arrecato al condominio e agli altri condomini, con conseguenze di natura patrimoniale.
Individuare una manomissione richiede osservazione, confronto e documentazione. Innanzitutto è necessario verificare lo stato del sigillo di sicurezza sul contabilizzatore: se risulta rotto, manomesso o mancante, è un segnale evidente. Altra indicazione può essere la non aderenza del ripartitore al radiatore, o evidenti tracce di manomissione meccanica. Fonti tecniche segnalano che le ditte incaricate delle letture devono essere le sole ad avere accesso e codici per sostituire eventuali sigilli.
È inoltre utile analizzare le letture cronologiche: un salto improvviso verso consumi estremamente bassi (o nulli) in un appartamento caratterizzato da normale uso, magari confrontando con i consumi degli anni precedenti o con altri alloggi simili nello stesso condominio. Questo tipo di anomalia può evidenziare una discrepanza ingiustificata.
In caso di sospetto serio, conviene chiedere un sopralluogo tecnico con verbale e fotografie, affidandosi a un tecnico qualificato o alla società che gestisce la contabilizzazione. Quel documento che attesti sigilli rotti, fissaggio alterato, assenza di dispositivi o segni di manomissione costituisce prova concreta in sede civile o penale.
Quando le anomalie sono evidenti e documentate, è possibile che l'assemblea condominiale approvi, su proposta dell'amministratore, una rettifica della ripartizione dei consumi o l'adozione di criteri sostitutivi. Se il danno è consistente, sarà il momento di valutare una richiesta di risarcimento.
Se la manomissione viene dimostrata, l'atto non è solo una violazione condominiale: può assumere rilievo penale come furto di energia termica. In questi casi la persona responsabile rischia sanzioni severe, prevedendo pene che possono andare dalla multa alla reclusione, a seconda della gravità e delle circostanze.
Dal punto di vista civile il condominio, o anche i singoli condomini danneggiati, possono chiedere la restituzione delle somme non versate dalla parte disonesta, il ristoro delle spese sostenute per verifiche e manutenzioni, e il pagamento di eventuali danni patrimoniali causati dal comportamento illecito.
In un contesto documentato, l'assemblea può deliberare la nuova ripartizione dei costi: ciò significa che i consumi degli anni pregressi possono essere ricalcolati, attribuendo al condomino che ha manomesso i dispositivi una quota di spesa adeguata, spesso basata su una stima prudenziale Questo approccio serve a tutelare gli altri residenti che, rispettando le regole, si trovano penalizzati ingiustamente.
Nel caso in cui l'amministratore o l'assemblea non intervengano nonostante la segnalazione formale e la prova, chi ha interesse può rivolgersi a un legale per avviare un'azione civile (o penale) nei confronti del condomino responsabile e, se occorre, anche nei confronti dell'amministratore che non ha agito in tutela dell'interesse comune.
Occorre distinguere chiaramente i casi: non ogni contatore spento o mancante è frutto di volontà dolosa. Può esserci un guasto tecnico, una batteria scarica, un urto accidentale o un difetto di installazione. In questi casi il comportamento corretto consiste nel segnalare immediatamente il problema all'amministratore e alla ditta incaricata della contabilizzazione, chiedendo l'intervento per la riparazione o sostituzione del dispositivo.
Quando non è possibile ricostruire esattamente il consumo la legge prevede che la ripartizione avvenga con criteri sostitutivi ragionevoli. In genere si utilizzano come base di calcolo la media storica dei consumi della stessa unità immobiliare oppure la media dei consumi di unità simili all'interno dello stesso condominio. L'adozione di tali criteri deve essere deliberata dall'assemblea condominiale.
Chi segnala il problema e collabora con trasparenza agevola la corretta ripartizione e tutela la propria posizione, evitando che si possa interpretare la mancanza del contatore come un tentativo di frode.