L'indennità di disponibilità nel contratto di somministrazione pone questioni centrali su obblighi normativi, sentenze rilevanti, importi dovuti, rapporti con il CCNL e conseguenze.
L'indennità di disponibilità rappresenta uno degli aspetti più rilevanti sotto il profilo giuridico e sociale, poiché incide direttamente sulle condizioni economiche dei lavoratori impiegati tramite agenzie per il lavoro. Una recente pronuncia del Consiglio di Stato - la sentenza n. 7853/2025 - ha fornito nuovi importanti chiarimenti sull'obbligo legale di erogare questa indennità da parte delle agenzie, rafforzando così le garanzie sottese al rapporto di somministrazione e integrando la cornice di tutela già prevista dal legislatore e dalla contrattazione collettiva.
L'indennità di disponibilità nasce come risposta alla specifica esigenza di offrire sicurezza economica ai lavoratori assunti a tempo indeterminato da un'agenzia per il lavoro, durante i periodi in cui questi non siano impegnati presso alcuna azienda utilizzatrice. La disciplina di riferimento, codificata in particolare nell'art. 34 del D.Lgs. 81/2015, attribuisce a questo emolumento la funzione di garantire un sostegno economico costante, preservando la dignità lavorativa anche nei momenti di inattività.
Rispetto al passato, dove simili forme di lavoro temporaneo erano caratterizzate da rilevante precarietà, la normativa attuale pone al centro il diritto alla continuità retributiva. L'indennità, infatti, è erogata nei casi di assenza temporanea di missione, ossia quando il lavoratore risulta privo di assegnazioni operative ma mantiene lo status di dipendente subordinato dell'agenzia. Essa è riconosciuta come diritto soggettivo del prestatore nei periodi di sospensione involontaria dal servizio, nonché tassativamente regolata dalla legge e dai relativi strumenti collettivi, ineludibile sia per le agenzie aderenti sia per quelle non aderenti al contratto collettivo nazionale di settore.
Il quadro normativo ricava origine anche dalla Parità di Trattamento, un principio sancito dai regolamenti europei e nazionali, che prevede per i lavoratori somministrati condizioni economiche e normative non inferiori a quelle dei lavoratori diretti dell'azienda utilizzatrice. L'indennità di disponibilità risulta così essenziale per assicurare la piena tutela della posizione del lavoratore in somministrazione.
L'obbligo dell'agenzia per il lavoro di corrispondere l'indennità di disponibilità si attiva ogniqualvolta il lavoratore assunto a tempo indeterminato resti temporaneamente privo di missione, senza che la causa sia riconducibile a sue responsabilità. Questo obbligo assume carattere inderogabile e non può essere subordinato a regolamenti aziendali interni né a scelte discrezionali delle agenzie stesse.
La logica sottostante a questa previsione è chiara: il rapporto di lavoro subordinato con l'agenzia permane anche nei periodi di non assegnazione a committenti terzi, imponendo la garanzia di un sostegno economico al lavoratore che, pur disponibile, non viene momentaneamente utilizzato. Secondo giurisprudenza e fonti legislative, questa indennità è un diritto irrinunciabile che risponde sia a principi di equità che di sicurezza sociale, prevenendo periodi di vuoto retributivo e promuovendo la continuità reddituale tra una missione e l'altra.
Inoltre, le sentenze più recenti - tra cui quella in esame - hanno chiarito come l'indennità non debba essere intesa come una concessione facoltativa, ma come obbligo preciso previsto dalla legge, a prescindere dall'adozione di regolamenti interni delle agenzie o dall'applicazione di contratti collettivi. Tale vincolo sussiste fino a quando sussiste la disponibilità del lavoratore e la sua idoneità ad essere impiegato in nuove missioni. Sono considerati irrilevanti eventuali periodi di sospensione dettati da esigenze aziendali non riconducibili a volontà del lavoratore:
Nel caso esaminato, la contestazione verteva sull'adozione, da parte di una società, di una prassi che prevedeva la sospensione del rapporto e il mancato pagamento dell'emolumento per i periodi superiori a un certo limite interno. Il Consiglio ha ritenuto tale prassi illegittima, ribadendo che l'indennità va corrisposta per tutta la durata dell'inattività, senza limiti arbitrari stabiliti dall'agenzia stessa.
La sentenza chiarisce inoltre un aspetto particolarmente significativo: il potere dell'Ispettorato del Lavoro comprende anche la verifica delle violazioni della contrattazione collettiva, in quanto le norme del CCNL concorrono a disciplinare elementi di assoluta rilevanza pubblicistica del rapporto di lavoro. La giurisprudenza amministrativa sottolinea come il compito della contrattazione collettiva sia esclusivamente quello di determinare l'ammontare dell'indennità e non la sua esistenza o la durata dell'obbligo di corresponsione.
La decisione del Consiglio di Stato si allinea a un indirizzo che mira a prevenire il contenzioso giudiziario e a garantire uniformità di trattamento ai lavoratori in somministrazione su tutto il territorio nazionale, affermando che l'indennità di disponibilità è sempre dovuta quando il dipendente assunto a tempo indeterminato si trova senza missione.
L'ammontare dell'indennità di disponibilità è determinato sulla base di quanto previsto dal contratto collettivo applicabile, laddove adottato. Nel caso di mancata adesione da parte dell'agenzia, la quantificazione avviene comunque in ossequio ai minimi fissati dalla legge per la tutela del lavoratore.
Tipicamente, l'importo mensile si situa intorno a 1.000 euro per i lavoratori non in missione e fuori da procedure di ricollocazione, ma può essere oggetto di variazioni legate ad accordi integrativi e aggiornamenti normativi. La durata del diritto alla percezione copre sempre l'intero periodo di inattività, senza interruzioni arbitrarie, fino al rinvio in missione o alla cessazione definitiva del rapporto:
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Voce |
Dettaglio |
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Importo indicativo |
1.000 euro/mese (valore medio) |
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Durata |
Fino a nuova missione o cessazione rapporto |
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Assoggettamento |
Retribuzione imponibile, soggetta a contributi |
Il contratto di somministrazione rappresenta il pilastro normativo della disciplina di settore. Secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 81/2015, il rapporto tra lavoratore e agenzia per il lavoro è regolato dalle stesse tutele dei contratti subordinati, con la sola peculiarità della presenza di un terzo soggetto (l'azienda utilizzatrice).
Il CCNL di settore gioca un ruolo fondamentale in quanto determina, oltre agli aspetti retributivi e normativi specifici durante la missione, anche la misura dell'indennità di disponibilità in assenza di missione. Tuttavia, l'obbligo di pagamento non trae origine dal CCNL, ma dal quadro legislativo primario. Sono irrilevanti eventuali scelte delle agenzie di non applicare il CCNL: il lavoratore mantiene comunque il diritto alla corresponsione dell'indennità per tutta la durata dell'inattività:
Il mancato rispetto dell'obbligo di versare l'indennità comporta rilevanti conseguenze sia sul piano amministrativo che su quello civilistico. In caso di omissione, il lavoratore può agire giudizialmente per il riconoscimento delle somme dovute, con possibilità di richiedere anche il risarcimento di eventuali danni derivanti dalla prolungata inattività economica.
Le autorità ispettive, come l'Ispettorato Nazionale del Lavoro, sono titolate a sanzionare le agenzie tramite: