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Reinserimento dopo malattia: illegali le interviste ai dipendenti secondo il Garante

di Marcello Tansini pubblicato il
Reinserimento dopo malattia Garante

E’ vietato intervistare il dipendente che rientra dalla malattia per il suo reinserimento lavorativo: a stabilirlo č stato il Garante della Privacy. Cosa prevede il nuovo provvedimento

La gestione del rientro dei lavoratori dopo periodi di assenza per malattia e le cosiddette “interviste di rientro” sono questioni complesse su cui sono intervenuti diversi pronunciamenti. Il Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) ha rafforzato i principi di liceità, trasparenza e proporzionalità che devono guidare i datori di lavoro, vietando trattamenti indebiti di informazioni sulla salute e imponendo limiti rigorosi anche nelle fasi di reinserimento lavorativo, mentre recentemente l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha evidenziato come la compilazione di moduli ad hoc e la raccolta di dati in occasione del rientro da malattia possano risultare non conformi alla normativa europea e nazionale.  psicofisico dei dipendenti sia il rigoroso rispetto dei diritti alla riservatezza.

Il provvedimento del Garante: divieto di interviste per il reinserimento lavorativo

Con il provvedimento n. 390/2025 del 10 luglio, il Garante ha stabilito il divieto di effettuare interviste e raccolta dati tramite moduli alla ripresa del lavoro dopo assenze per motivi di salute

Il Garante ha, dunque, vietato di intervistare il dipendente che rientra a lavoro dalla malattia a per capire se ci sono delle difficoltà nel suo reinserimento lavorativo, sanzionando anche un’azienda metalmeccanica. 

Dal 2020, tale azienda aveva messo in pratica una prassi gestionale che prevedeva, al rientro da malattia, infortunio o ricovero, un colloquio tra dipendente e responsabile, accompagnato dalla compilazione di un modulo cartaceo, denominato Return to work interview, poi trasmesso all’ufficio risorse umane, per favorire il reinserimento del dipendente, individuando eventuali difficoltà organizzative o relazionali. 

Il Garante ha, però, riscontrato numerose criticità sotto il profilo della protezione dei dati personali, come:

  • La raccolta sistematica e strutturata di dati, anche tramite commenti liberi nei moduli cartacei, rischiava di portare alla conoscibilità di informazioni idonee a rivelare lo stato di salute.
  • Le informazioni richieste spesso risultavano ridondanti e duplicative rispetto a dati già in possesso degli uffici amministrativi, non essendo giustificata la necessità di un’ulteriore raccolta a fini organizzativi.
  • Il trattamento era carente di copertura legale: né l’obbligo di tutela, né il consenso del lavoratore, né il legittimo interesse del datore sono risultati idonei a giustificare la procedura.
  • Mancanza di una informativa chiara e trasparente: Le informazioni fornite ai dipendenti erano generiche e insufficienti e tale a carenza impediva una piena comprensione delle modalità e finalità del trattamento.
  • Conservazione eccessiva dei dati: Le policy prevedevano l’archiviazione dei moduli per dieci anni, un termine sproporzionato.

Chi può accertare le condizioni di salute dopo la malattia: ruoli e limiti

Alla luce della normativa vigente, solo alcuni soggetti sono autorizzati a raccogliere e trattare dati relativi alla salute dei lavoratori in fase di reintegro dopo la malattia:
Soggetto Competenze e limiti
Medico Competente Unica figura abilitata a esprimere giudizi sull’idoneità alla mansione dopo assenze per malattia, secondo art. 41 D.Lgs. 81/2008. Può raccogliere informazioni sanitarie esclusivamente per finalità di sorveglianza sanitaria.
INPS (visite fiscali) Attraverso i medici fiscali, accerta la sussistenza dello stato di malattia durante le fasce di reperibilità previste per legge.
Datore di lavoro e responsabile HR Non possono svolgere colloqui o raccogliere informazioni che rivelino, direttamente o indirettamente, lo stato di salute del dipendente. Il coinvolgimento in procedure dedicate (ad esempio "return to work interview") risulta in contrasto con il quadro normativo.

È importante sottolineare che la raccolta di dati sanitari da parte di soggetti diversi dal medico competente si configura come trattamento illecito di dati appartenenti a categorie particolari.

Le conseguenze per i datori di lavoro: sanzioni e obblighi di cancellazione dei dati

Il mancato rispetto delle disposizioni del GDPR e della normativa italiana sulla privacy comporta per i datori di lavoro diverse sanzioni. Nel caso oggetto del provvedimento, l’azienda ha subito:

  • Imposizione di una sanzione pecuniaria di 50.000 euro: comminata per la gravità delle violazioni, la loro durata nel tempo e il coinvolgimento di un elevato numero di dipendenti.
  • Ordine di cancellazione dei dati: l’Autorità ha imposto l’eliminazione, entro 60 giorni, di tutte le informazioni personali raccolte tramite moduli e interviste, con contestuale divieto di ulteriore utilizzo.
  • Divieto di proseguire il trattamento dei dati sanitari raccolti: la società non potrà più basarsi su tali procedure per future gestioni del rientro da malattia.
Le sanzioni amministrative possono essere aggravate dalla reiterazione delle pratiche, dall’assenza di misure di cancellazione automatica e dall’eventuale mancato adeguamento alle misure correttive imposte dall’autorità.