Dal 2026 l'Iperammortamento Industria 4.0 approvato ufficialmente offre nuove agevolazioni per le imprese: normativa aggiornata, beneficiari, beni ammessi, importi maggiorati, procedure digitali, vincoli del testo definitivo
La recente riformulazione delle misure di incentivo fiscale destinate alle imprese segna una nuova fase per l’innovazione industriale in Italia. Nelle ultime disposizioni legislative, l’iperammortamento viene riproposto come strumento chiave per favorire la trasformazione digitale e il rinnovamento tecnologico, superando così il meccanismo dei crediti d’imposta introdotti negli anni precedenti. L’agevolazione interessa aziende di ogni dimensione che investono in beni strumentali innovativi, in particolare nell’automazione, nella digitalizzazione e nella sostenibilità produttiva. Dal 2026 al 2028, un ampio ventaglio di tecnologie avanzate e soluzioni software, in linea con i paradigmi di Industria 4.0, potrà beneficiare di maggiorazioni fiscali specifiche, orientando la competitività del tessuto produttivo nazionale verso scenari evoluti di efficienza, resilienza e valore aggiunto.
L’iperammortamento è una misura fiscale che, dopo anni di credito d’imposta, viene reintrodotta per sostenere la modernizzazione dei processi industriali. Il suo impianto normativo trova fondamento nell’articolo 1, commi 427-436 della Legge di Bilancio 2026: la legge prevede che il costo d’acquisto dei beni strumentali nuovi sia maggiorato, determinando così quote di ammortamento più elevate deducibili ai fini fiscali. Rispetto ai programmi precedenti, la nuova disciplina è caratterizzata da un’allungamento della finestra temporale di riferimento (dal 1° gennaio 2026 al 30 settembre 2028) e da una struttura più articolata degli investimenti ammissibili, che ora si rifanno agli allegati IV e V – aggiornati rispetto agli storici allegati A e B della L. 232/2016.
L’incentivo nasce in un contesto di ridefinizione delle politiche industriali: il piano Transizione 5.0 ha visto un utilizzo limitato, complice la scarsità di fondi e l’elevata complessità normativa, mentre le agevolazioni precedenti risultavano ormai poco efficaci per molti operatori. La nuova versione si pone dunque l’obiettivo di rispondere sia alle esigenze di automazione che alle attese legate alla sostenibilità e alla produzione energetica autonoma, abbracciando, però, criteri più stringenti sull’origine europea dei beni e eliminando alcune maggiorazioni specifiche per investimenti green rispetto alle bozze iniziali.
L’agevolazione è destinata a imprese – di ogni dimensione e settore – che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi, purché dotate di sede operativa sul territorio italiano. Sono escluse le aziende soggette a procedure concorsuali (ad esempio: fallimento, liquidazione, concordato senza continuità) o con sanzioni interdittive ai sensi del d.lgs. 231/2001. Per accedere, risulta essenziale:
Gli investimenti che possono godere del regime di iperammortamento devono rispondere a precisi requisiti e rientrare nelle categorie dettagliate negli Allegati IV e V della Legge di Bilancio 2026. In particolare:
L’allegato IV individua quattro macro-categorie di beni materiali:
L’allegato V comprende una vasta gamma di soluzioni digitali destinate a favorire la digitalizzazione industriale:
La nuova disciplina introduce soglie di maggiorazione differenziate per scaglioni d’investimento:
| Quota investimento | Maggiorazione applicata |
| Fino a 2,5 milioni € | +180% |
| Oltre 2,5 e fino a 10 milioni € | +100% |
| Oltre 10 e fino a 20 milioni € | +50% |
Ciò comporta che, a fronte di un investimento agevolabile, la base fiscale su cui calcolare l’ammortamento risulta maggiorata secondo la fascia di pertinenza. Di conseguenza, le imprese vedranno aumentare la quota di costo deducibile, traducendo tale beneficio in una riduzione dell’IRES progressiva negli anni di vita del cespite. Non sono state confermate dal testo finale le maggiorazioni rafforzate di stampo green o energetico, eliminate in sede di approvazione definitiva.
L’incentivo copre gli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2026 al 30 settembre 2028. Il diritto al beneficio è legato al momento di “effettuazione” dell’investimento secondo quanto previsto dall’art. 109 TUIR (cioè al collaudo, consegna o messa in funzione del bene, non alla data dell’ordine o dell’acconto). Per gli investimenti complessi e nel caso di leasing, rilevano collaudo o accettazioni finali, mentre per impianti rinnovabili si applicano regole specifiche in linea con la normativa di settore. La finestra estesa, rispetto agli incentivi precedenti, offre alle imprese più tempo per pianificare con attenzione le decisioni di acquisto e adattare gli investimenti alle reali esigenze di sviluppo e crescita.
La presentazione delle richieste avviene tramite una piattaforma telematica appositamente predisposta dal GSE (Gestore dei Servizi Energetici), in accordo con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Le comunicazioni e le certificazioni richieste seguono modelli standardizzati, definiti dai decreti attuativi che disciplinano:
La misura fiscale può essere cumulata con altri incentivi finanziati da risorse nazionali o UE, a patto che il sostegno complessivo non ecceda il costo effettivo e che le medesime quote del progetto non vengano agevolate più volte. È esclusa la contemporanea fruizione di benefici 4.0 per lo stesso bene.
In caso di cessione o sostituzione anticipata del bene agevolato, il vantaggio fiscale può persistere solo se, nello stesso periodo d’imposta, l’impresa provvede alla sostituzione con un cespite avente caratteristiche tecnologiche almeno pari. Diversamente, il beneficio decade per le quote residue associate al bene originario.
Diversi sono i benefici pratici collegati al nuovo sistema: maggiore deducibilità delle spese di investimento, incentivo alla digitalizzazione, rafforzamento della capacità competitiva e aumento della programmabilità degli investimenti per via del respiro triennale.