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Legge sull'oblio oncologico approvata ma mai entrata in vigore: problemi per 1 mln di italiani per lavoro, mutui e polizze

di Marcello Tansini pubblicato il
Lavoro, mutui e polizze

La legge sull'oblio oncologico, pur approvata, resta inapplicata lasciando oltre un milione di italiani guariti dal cancro senza tutela nell'accesso a lavoro, mutui e polizze.

Il diritto all'oblio oncologico rappresenta una misura che mira a tutelare la dignità e le opportunità delle persone guarite da tumori, intervenendo contro forme di discriminazione che penalizzano chi ha superato la malattia. Dal gennaio 2024, la normativa italiana riconosce il diritto a non dichiarare una pregressa patologia oncologica in una serie di ambiti chiave, quali lavoro, credito e assicurazioni.

Tuttavia, a distanza di due anni dall'approvazione della legge n. 193/2023, il percorso verso una reale applicazione resta parzialmente incompleto: ad oggi, mancano ancora un decreto attuativo e le indispensabili delibere del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (Cicr) e dell'IVASS, lasciando senza risposta le esigenze di oltre un milione di ex pazienti oncologici in Italia. La carenza di strumenti pienamente operativi rende urgente riflettere sull'effettiva tutela dei diritti e sui principali ostacoli ancora da superare.

Cosa prevede la legge sull'oblio oncologico: tempi, soggetti e ambiti di applicazione

La legge n. 193/2023 ha introdotto una serie di disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni a danno di chi è stato affetto da tumori. Il testo normativo definisce tempi precisi:

  • Dieci anni di attesa senza recidive dalla fine delle cure per gli adulti;
  • Cinque anni per coloro che hanno ricevuto la diagnosi prima dei 21 anni;
  • Termini ulteriormente ridotti per alcuni tipi di neoplasie a basso rischio, aggiornati annualmente dal Ministero della Salute.
Superati questi termini, nessun ente pubblico o privato, banca, compagnia assicurativa o datore di lavoro può richiedere o utilizzare informazioni riguardanti pregressi oncologici per limitare l'accesso a servizi finanziari, assicurativi, procedure concorsuali, adozioni o percorsi lavorativi.

Il campo di applicazione della norma è particolarmente ampio: oltre ai servizi finanziari e assicurativi, la tutela si estende a procedure di selezione pubblica e privata, alla partecipazione a bandi e concorsi, alle pratiche di adozione e a tutte le domande o richieste che possano pregiudicare la persona in ragione della sua storia oncologica. Il rispetto di tali principi è garantito dal Garante per la protezione dei dati personali e da future integrazioni normative. Restano inoltre esclusi tutti gli accertamenti e le richieste indirette che potrebbero comunque rivelare lo storico oncologico del cittadino.

I benefici attesi: lavoro, mutui, polizze e opportunità negate a un milione di italiani

L'introduzione del diritto all'oblio oncologico è destinata ad avere un impatto per circa un milione di italiani che possono considerarsi guariti secondo i criteri clinici e giuridici riconosciuti:

  • Mutui e finanziamenti: la legge impedisce agli istituti di credito di chiedere cartelle cliniche, referti o sottoporre a questionari sanitari i richiedenti che rientrano nelle nuove tutele.
  • Assicurazioni: le compagnie non possono negare l'accesso o imporre condizioni svantaggiose a chi ha avuto un tumore, escludendo l'utilizzo di dati sanitari oramai non più rilevanti.
  • Lavoro e concorsi pubblici: i datori di lavoro e le commissioni non sono più autorizzati a sollevare domande relative al passato oncologico, tutelando l'uguaglianza e la privacy dei candidati.
  • Adozioni: anche chi desidera adottare un minore può, se trascorsi i termini previsti dalla legge, evitare di presentare attestazioni sanitarie sulla patologia superata.
Prima dell'avvento della nuova normativa, molte persone si sono viste negare l'accesso a prestiti, assicurazioni o aspirazioni professionali, subendo una doppia penalizzazione anche dopo la guarigione. L'obiettivo della legge, se pienamente applicata, è superare questa condizione di stigma e “condanna sociale invisibile”, riconoscendo ad ogni ex paziente il diritto a ricominciare senza etichette.

Se il diritto dei cittadini resta inapplicato

A quasi due anni dall'approvazione della legge sull'oblio oncologico, il diritto dei cittadini guariti dal tumore a non dover dichiarare la propria malattia pregressa resta in larga parte inapplicato. Nonostante la norma riconosca alle persone guarite la possibilità di non fornire informazioni sanitarie né subire indagini sul passato clinico, oltre un milione di italiani continuano a essere potenzialmente discriminati sul lavoro, nelle assicurazioni e nell'accesso a mutui e prestiti.

Il problema nasce dal ritardo dei provvedimenti attuativi che avrebbero dovuto completare il quadro normativo già entro l'estate del 2024. Mancano all'appello tre decreti fondamentali: uno del Ministero del Lavoro, volto a garantire pari opportunità e politiche attive per i guariti e per chi convive con una patologia oncologica; uno del Cicr, per regolare i contratti bancari e finanziari; e uno dell'Ivass, incaricato di aggiornare i moduli assicurativi e formare il personale sul diritto all'oblio.

Finora, solo tre decreti - firmati dal Ministero della Salute - sono stati adottati, riguardanti il certificato di oblio oncologico, l'elenco delle patologie con termini ridotti (rispetto ai 10 anni standard o ai 5 per chi ha ricevuto la diagnosi prima dei 21 anni) e le adozioni. Gli altri provvedimenti, invece, non sono ancora operativi.

Poi c'è il decreto Ivass, su cui le associazioni dei malati chiedono modifiche ai regolamenti e ai formulari per escludere ogni riferimento a patologie oncologiche passate, garantendo trasparenza, informazione e formazione per operatori e broker.

In Italia vivono quasi 4 milioni di persone con una diagnosi di tumore, e circa un milione sono considerate guarite definitivamente. Per loro, la legge sull'oblio oncologico non è un privilegio, ma un diritto civile. E la sua piena applicazione - ancora oggi bloccata da ritardi burocratici - rappresenta una questione di giustizia sociale e dignità umana.

I meccanismi di richiesta: come funziona il certificato di oblio oncologico e chi lo rilascia

La dimostrazione del diritto può, in determinati casi, avvenire tramite il certificato di oblio oncologico, uno strumento pensato per consentire la rinegoziazione di vecchi contratti o fornire prova dell'avvenuta guarigione. Non è sempre necessario, poiché la normativa riconosce il diritto all'oblio per il solo decorso dei termini previsti:

  • La richiesta del certificato si effettua tramite un modulo apposito, allegando la documentazione clinica che attesti il termine delle cure e l'assenza di recidive.
  • Possono rilasciare il documento: una struttura sanitaria accreditata, un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), oppure il proprio medico di medicina generale.
  • Il rilascio avviene entro 30 giorni dalla richiesta e senza costi a carico dell'interessato.
  • Nella procedura di adozione è comunque richiesto il certificato al tribunale, come previsto dal decreto attuativo dedicato.
Nel certificato vengono riportati solo i dati essenziali, senza fornire dettagli sulla patologia o sulle terapie subite, in rispetto della privacy garantita dalla legge.

Voci e testimonianze: esperienze, dubbi e aspettative dei guariti dal cancro

Le associazioni dei pazienti, i consulenti legali e i data-journalist hanno raccolto negli ultimi mesi numerose testimonianze di chi, pur avendo ufficialmente superato la malattia, continua a confrontarsi con ostacoli burocratici o forme di esclusione:

  • Molti evidenziano come dieci anni possano rappresentare un tempo ancora eccessivo, soprattutto per alcuni tumori a prognosi favorevole.
  • Non mancano voci che sottolineano il valore culturale della norma: tornare a progettare una casa, una famiglia o una carriera potrebbe finalmente diventare un diritto effettivo, non più condizionato dal passato clinico.
  • C'è però chi lamenta persistenti criticità: moduli di banche e assicurazioni non aggiornati, richieste di documentazione clinica nonostante la legge, disparità territoriali nell'accesso al certificato.
  • Alcune categorie, come chi convive con patologie croniche e non è ancora considerato “guarito”, segnalano che la normativa attuale rappresenta solo una tappa, non una soluzione definitiva.
L'ascolto delle esperienze pratiche rivela dunque una situazione dai contorni ancora irrisolti, ma anche una diffusa domanda di equità e riconoscimento della propria rinascita sociale e lavorativa.