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Non vendere nei momenti di crollo in Borsa, cosa ci ha insegnato la crisi dei dazi

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Costanza con il crollo in Borsa

Nell'occhio del ciclone, ci sono stati investitori che hanno deciso di non muovere un dito, e proprio questa scelta ha fatto la differenza.

Restare fermi o vendere nel panico? L'annuncio da parte dell'allora presidente Trump di nuovi dazi generalizzati ha innescato un'ondata ribassista senza precedenti, con gli indici azionari che hanno perso in pochi giorni quanto accumulato nei mesi precedenti. Il Dow Jones ha ceduto oltre 4.000 punti in due sedute, e l'indice Nasdaq è entrato in territorio di mercato orso con il timore di una recessione imminente.

Durante queste ore convulse - come fa notare Imani Moise e Hannah Erin Lang (Wall Street Journal) - molti operatori hanno agito spinti più dall'istinto che dalla razionalità. Alcuni hanno cercato di anticipare il fondo del ribasso, entrando e uscendo dal mercato con movimenti frenetici. Altri spaventati dal quadro macroeconomico, hanno liquidato le proprie posizioni a prezzi depressi. La lezione di queste settimane è chiara: tentare di prevedere i tempi del mercato è un gioco pericoloso e spesso perdente.

L'errore più grave, in questi frangenti, non è tanto vendere per timore, ma credere che un'azione tattica possa sostituire una strategia. La crisi dei dazi ha mostrato come il panico, più della notizia in sé, sia in grado di alimentare le perdite. Ma ha anche evidenziato come gli investitori più disciplinati, coloro che hanno resistito alla tentazione di vendere, siano stati ricompensati nel giro di poche settimane. I dati dimostrano infatti che, nonostante l'intensità del crollo, i principali indici sono risaliti non appena sono emerse le prime aperture negoziali tra i due Paesi.

  • Costanza e sangue freddo con il crollo in Borsa
  • Limiti del passato, rischi del presente, illusioni del futuro

Costanza e sangue freddo con il crollo in Borsa

Nell'occhio del ciclone, ci sono stati investitori che hanno deciso di non muovere un dito, e proprio questa scelta ha fatto la differenza. Andrew Skillman, 60 anni, residente in New Mexico, ha continuato a seguire il suo piano di asset allocation senza fare modifiche, fedele alla filosofia di lungo termine promossa da John Bogle. Non ha venduto, non ha acquistato, semplicemente ha atteso. È stato solo quando i mercati hanno cominciato a risalire che ha aperto nuovamente la sua piattaforma per controllare il portafoglio, scoprendo con sollievo che quasi tutte le perdite erano già state riassorbite.

Per Skillman e per tanti altri risparmiatori come lui, la chiave è stata la coerenza del comportamento. Resistere alla tentazione di vendere durante i crolli è una prova di maturità finanziaria che si costruisce nel tempo, imparando dagli errori e interiorizzando il principio secondo cui le fasi di ribasso sono parte integrante dei cicli di mercato. Anche Aaron Heisler, 51 anni, ha dichiarato che negli anni precedenti aveva spesso modificato il portafoglio in modo impulsivo durante le fasi di stress. Nel 2025, per la prima volta, ha deciso di restare fermo. Il risultato? Meno stress emotivo e una performance migliore.

Il concetto di non intervento non va confuso con l'indifferenza. Mantenere le proprie posizioni durante un crollo significa avere fiducia nella strategia costruita a monte, consapevoli che i mercati sono volatili ma orientati alla crescita. E mentre gli investitori impulsivi inseguivano notizie e previsioni, chi ha rispettato il proprio piano ha avuto il tempo dalla sua parte. I portafogli diversificati, strutturati per resistere agli urti, hanno mostrato come l'attesa possa essere più redditizia dell'azione istintiva.

Limiti del passato, rischi del presente, illusioni del futuro

Nonostante l'apparente conferma del principio stay the course ossia restare investiti anche durante i momenti peggiori, la crisi dei dazi del 2025 offre anche un monito importante: il passato non è una garanzia di rendimento futuro. Se è vero che dopo ogni discesa i mercati, finora, hanno sempre risalito la china, è altrettanto vero che ogni crisi presenta elementi unici. Le tensioni commerciali, per esempio, potrebbero evolversi in modo strutturale, modificando i flussi globali e riducendo la marginalità di interi settori industriali per lunghi periodi. Allo stesso tempo non tutti i settori reagiscono allo stesso modo e un'analisi attenta è la prima azione da fare.

Affidarsi alla memoria storica dei mercati può risultare pericoloso per chi ha orizzonti temporali più brevi, come i pensionati o chi si avvicina al momento del disinvestimento. Charlie Kinsella, 69 anni, ha deciso di ridurre l'esposizione azionaria per proteggere il capitale -racconta il giornalista - spostando il grosso del portafoglio in liquidità e fondi monetari. In contesti di volatilità estrema, la gestione del rischio deve sempre tenere conto della fase di vita dell'investitore: mantenere una posizione passiva non è sempre la scelta più prudente.

Allo stesso tempo, anche i giovani investitori come Luke Padgett hanno compreso che l'approccio buy and hold richiede resilienza e umiltà. Non basta sapere che il mercato tenderà a risalire: bisogna essere psicologicamente pronti ad affrontare mesi, talvolta anni, di rendimenti negativi. Padgett ha imparato questa lezione a sue spese, bruciando mille dollari in un solo giorno operando in opzioni durante l'università. Oggi il suo portafoglio è in gran parte investito in Etf globali a basso costo, con un'ottica di lungo periodo.

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