Prima di impegnare risorse è utile che l'investitore si ponga alcune questioni: qual è l'orizzonte minimo dell'investimento? Quanto dell'importo è rischio liquido? Qual è il meccanismo di uscita?
Negli ultimi anni il mondo dei mercati non quotati, indicato come private market, ha conosciuto uno sviluppo, passando da ambito riservato agli investitori istituzionali a oggetto di offerta anche al piccolo risparmiatore. Questo segmento comprende veicoli come i fondi di private equity, il private debt, le infrastrutture, l'immobiliare non quotato. Secondo alcune stime, il volume complessivo gestito in questi ambiti si aggira attorno ai 13.000 miliardi di dollari.
La ragione dell'entrata del retail in questi comparti va ricercata in più fattori: la pressione sui rendimenti delle attività tradizionali, l'abbondanza di liquidità, tassi d'interesse bassi (almeno fino a poco tempo fa), e la ricerca di diversificazione. Questa apertura avviene proprio mentre fanno capolino una serie di segnali d'allarme da parte delle autorità di vigilanza finanziaria.
In un mercato regolamentato, come una Borsa azionaria o un mercato obbligazionario ad alta capitalizzazione, il prezzo è visibile, gli scambi sono continui, la liquidità è elevata: un investitore può comprare o vendere entro tempi brevi. Al contrario, negli asset illiquidi le transazioni sono meno frequenti, le valutazioni possono essere intermittenti e non esiste necessariamente un mercato secondario pronto a riassorbire rapidamente le vendite.
Significa che chi investe dovrebbe essere preparato a mantenere l'investimento per un orizzonte lungo, magari pluriennale, con l'accettazione della possibilità che l'uscita non sia facile o che avvenga in condizioni sfavorevoli.
Da una parte la promessa di rendimenti superiori - ovvero il cosiddetto premio per illiquidità - appare affascinante: se un investimento deve restare bloccato nel tempo, perché non ottenere un rendimento extra come compenso? Dall'altra parte, l'industria finanziaria ha presentato questi veicoli come un'opportunità riservata a pochi, ora democratica, magari presentandoli come portali alternativi o privati accessibili. Lo stesso fascino dell'esclusività - in questo club prima entravano solo i grandi - può indurre decisioni rapide. Ma è proprio in questa transizione che risiede il potenziale pericolo.
Uno dei rischi meno evidenti ma più insidiosi riguarda il mismatch tra liquidità dell'investitore e liquidità dell'attivo. Quando un veicolo promette una certa facilità di uscita o meccanismi di rimborso regolari, ma al suo interno detiene attività che non possono essere vendute velocemente o senza sconto, si crea una situazione di vulnerabilità. In caso di tensione, il gestore può trovarsi costretto a vendere in condizioni sfavorevoli oppure a sospendere i rimborsi. Questo meccanismo è stato più volte segnalato come fonte potenziale di instabilità sistemica.
Quando l'investitore privato non dispone di un orizzonte di lungo termine o quando ha bisogno di accedere ai propri risparmi per ragioni familiari, personali o imprevisti, la rigidità temporale dell'investimento può diventare un vincolo pesante. La promessa di rendimento extra deve essere valutata con attenzione.
Un ulteriore rischio ha a che fare con la trasparenza delle valutazioni degli asset illiquidi. In assenza di un mercato attivo, i valori sono stimati, spesso su base trimestrale o anche meno frequente, e possono riflettere più le aspettative che la realtà. Le agenzie di rating che operano su questi strumenti possono avere metodologie meno consolidate rispetto a quelle usate per strumenti standardizzati. In alcuni casi sono emersi dubbi sul fatto che alcuni rating attribuiti ad attività di private debt fossero eccessivamente ottimistici.
Le distribuzioni degli utili o dei rimborsi promossi da certe gestioni possono quindi dare l'impressione di rendimenti regolari e sicuri, ma se dietro c'è una valorizzazione di asset stagnanti o vendite rinviate, l'investitore potrebbe scoprire che parte del rendimento dipende dal differimento dell'uscita o dalla liquidità attesa che non arriva.
Il fatto che il comparto del private credit e più in generale dei mercati privati stia crescendo con rapidità - per esempio, secondo alcuni report la dimensione globale del mercato del private credit sta aumentando da 1.5 trilioni a potenzialmente oltre 3 trilioni in pochi anni.
Questo slancio appare positivo, ma pone alcuni interrogativi: se l'offerta cresce troppo, se gli investitori diventano meno selettivi, se i rendimenti attesi calano e la leva (o la complessità delle strutture) sale, allora il margine di sicurezza si assottiglia. Le autorità di vigilanza - come la Bank of England nel Regno Unito - hanno richiamato l'attenzione su queste tematiche mettendo in guardia che i mercati privati non sono stati ancora testati in una vera recessione.
Il piccolo risparmiatore si trova spesso in una posizione svantaggiata rispetto agli operatori professionali. Non sempre dispone degli strumenti per verificare a fondo l'origine dei rendimenti, la composizione del portafoglio, la qualità delle controparti o la granularità delle garanzie collaterali. Le operazioni di private debt, ad esempio, possono includere crediti garantiti da inventari, contratti di factoring, veicoli societari separati, il cui rischio operativo e legale non è immediato da comprendere. In questo contesto, la scelta dell'investimento richiede non solo fiducia nel gestore, ma anche una capacità di analisi che il risparmiatore medio difficilmente possiede.
La compressione di gare, la concorrenza per gli asset top e la domanda crescente da parte dei gestori verso il pubblico retail possono determinare una diminuzione degli standard di underwriting, come segnalato da alcune analisi sull'ingresso del retail nei veicoli di credito privato.
Quando un investimento richiede anni per maturare, per uscire o per realizzare un guadagno, il risparmiatore deve essere in grado di assorbire l'immobilizzo del capitale. Se invece l'investitore dovesse avere necessità di liquidità anticipata - per un acquisto immobiliare, per un'emergenza, per un cambio professionale - potrebbe trovarsi ingabbiato. Asset illiquidi non sono pensati per essere parcheggi rapidi ma impegni durevoli. Entrare in questi strumenti con aspettative errate può generare stress finanziario o costringere a vendere in condizioni svantaggiose.
I veicoli che offrono accesso ai private market spesso hanno commissioni elevate, spese di ingresso o di uscita, periodi di lock-up, finestra di rimborso qualificate e una comunicazione meno frequente e dettagliata rispetto ai fondi aperti liquidi. Un piccolo investitore potrebbe non percepire appieno tali elementi al momento della sottoscrizione, oppure sottovalutarli. Le promesse di rendimenti superiori possono quindi risultare fuorvianti se non bilanciate da una comprensione della struttura dei costi, della governance del veicolo e della compatibilità con la propria situazione finanziaria.
Uno dei segnali che meritano attenzione è il calo delle cosiddette exit nei fondi di private equity e mercati non quotati. Secondo report recenti, nel secondo trimestre del 2025 si è registrato uno dei cali più marcati del numero di aziende cedute dai fondi rispetto agli ultimi anni. Quando le uscite tardano, il capitale resta vincolato più a lungo del previsto e il rendimento atteso fisiologicamente peggiora. Per un investitore che conta su una certa finestra temporale, questa è una lente di ingrandimento su un rischio che può trasformarsi in perdita.
Sebbene spesso presentati come diversificanti, gli asset illiquidi possono in realtà essere molto più correlati ai mercati globali di quanto si creda. Alcuni studi indicano che il comparto del private credit si sta intrecciando sempre di più con le banche, con le istituzioni finanziarie e con il sistema dei capitali, diventando potenzialmente fonte di rischio sistemico. In caso di shock economico o di stretta creditizia, una classe d'investimento illiquida potrebbe reagire con maggiore ritardo, ma con effetti di amplificazione, esattamente come avvenne nei momenti precedenti la crisi del 2008 per altri strumenti meno regolamentati.
Prima di impegnare risorse, è utile che l'investitore privato si ponga alcune questioni: qual è l'orizzonte minimo dell'investimento? Quanto dell'importo è rischio liquido? Qual è il meccanismo di uscita? Che tipo di costi si applicano se si esce anticipatamente (se è permesso)? Quanto spesso e in che modalità viene comunicato il valore degli asset sottostanti? Qual è la governance del veicolo, chi sono i gestori, che track record hanno? Se il veicolo promette di essere accessibile e liquido ma investe in sottostanti illiquidi, si crea un conflitto di compatibilità che merita attenzione.