Analisi delle differenze tra gestione attiva e passiva, confronto delle performance storiche, settori dove la gestione attiva eccelle, valutazione dei costi, criteri di scelta dei fondi e prospettive per il 2025 secondo gli esperti.
Nel panorama degli investimenti, la questione se valga la pena continuare a sostenere i costi della gestione attiva nei fondi rimane centrale per numerosi risparmiatori. L'esplosione della popolarità degli ETF e la crescente attenzione ai costi ha posto sotto la lente l'efficacia dei fondi gestiti attivamente, soprattutto quando l'obiettivo è massimizzare i rendimenti al netto delle spese.
Comprendere dove – e soprattutto quando – la selezione attiva può aggiungere valore è di particolare interesse in un contesto di mercati sempre più competitivi e trasparenti, in cui ogni punto percentuale di extra profitto può fare la differenza nel lungo periodo. L'analisi delle caratteristiche dei prodotti e delle condizioni di mercato permette di affinare l'approccio nella valutazione della convenienza della gestione attiva.
I fondi a gestione attiva si distinguono per la presenza di gestori che prendono decisioni discrezionali su quali titoli includere e con che peso. L'obiettivo di questi fondi è sovraperformare un parametro di riferimento (benchmark), attraverso strategie di selezione di titoli (stock picking) o settori. Contrapposti a questi strumenti sono i fondi a gestione passiva, prevalentemente ETF, che replicano fedelmente un indice di mercato. La gestione passiva si basa sull'efficienza dei mercati finanziari, secondo cui è difficile generare sistematicamente rendimenti superiori al benchmark dopo i costi. Il differenziale principale tra i due approcci risiede sia nel meccanismo decisionale sia nell'impatto che hanno i costi di gestione sui rendimenti finali.
La gestione attiva comporta commissioni più elevate (in media tra 1% e 2,5% annuo) e un turnover maggiore del portafoglio. I fondi passivi, invece, applicano costi notevolmente inferiori (TER spesso sotto lo 0,3%), grazie alla semplicità della replica dell'indice. In pratica:
Fondi attivi |
Strategia discrezionale, obiettivo: battere il mercato, costi più elevati |
Fondi passivi (ETF) |
Replica un benchmark predefinito, costi bassi, rendimenti allineati al mercato |
Il fattore costo pesa sensibilmente sull'accumulazione di rendimento nel tempo: piccoli differenziali di spesa annuale possono tradursi in differenze significative di patrimonio dopo 10 o 20 anni. L'evidenza storica mostra che, a parità di categoria, la maggior parte dei gestori attivi non riesce a battere sistematicamente i fondi passivi sul lungo termine, proprio a causa dell'erosione delle commissioni e della difficoltà di prevedere l'andamento dei mercati.
L'analisi dei risultati storici mostra come la gestione attiva abbia registrato tassi di successo piuttosto limitati rispetto agli indici replicati dagli ETF. Secondo studi aggregati – tra cui il barometro Morningstar attivo/passivo – soltanto circa il 29% dei fondi azionari attivi europei è riuscito a sovraperformare il mercato in un arco temporale di 12 mesi tra 2024 e 2025. Allungando l'orizzonte temporale a dieci anni, il successo dei comparti attivi crolla mediamente al 13-16%, con valori ancora più critici su segmenti di mercato molto seguiti, come le large cap americane.
La differenza si fa più marcata in termini di performance aggiustate per il rischio e net of fees. I costi elevati dei fondi a gestione attiva costituiscono un ostacolo rilevante, difficilmente superabile con sola abilità di selezione. Tuttavia, l'analisi di lungo periodo rivela alcune eccezioni: in particolari contesti – come in alcuni mercati emergenti o settori meno efficienti – la gestione attiva ha avuto un maggiore tasso di successo, superando in alcune finestre temporali anche il 40-50% dei casi, soprattutto nei comparti obbligazionari e tra i fondi focalizzati su nicchie di mercato. Per essere più chiari:
Mentre sui mercati azionari ampi e liquidi (come quelli USA o Europa large cap) la gestione passiva domina per rendimento netto e costi, la gestione attiva trova spazi di relativa convenienza in alcune aree e contesti specifici:
Uno degli elementi più incisivi su cui si concentra l'analisi della convenienza di pagare la gestione attiva riguarda i costi. Il Total Expense Ratio (TER) dei fondi attivi azionari si attesta spesso tra l'1,5% e il 2,5% annuo, mentre i fondi passivi viaggiano su medie tra 0,05% e 0,5%. Questo differenziale erode progressivamente i rendimenti anche nei casi di gestione brillante.
I costi includono non solo le commissioni di gestione, ma anche costi di transazione, di performance e talvolta commissioni di ingresso/uscita. L'impatto dei costi è amplificato su archi temporali pluriennali, portando in alcuni casi a una perdita accumulata del 40-50% del capitale potenziale rispetto alla gestione passiva. Banche e reti distributive spesso privilegiano i fondi attivi per beneficio retrocessione sulle commissioni, a danno dell'allineamento di interessi col risparmiatore.
Diversi studi sottolineano che i fondi attivi con spese più basse hanno percentuali di successo maggiori sia sul breve che su archi decennali. Quindi, se si opta per la gestione attiva, è essenziale confrontare in modo critico i livelli di costo, valutando il bilancio tra extra rendimento effettivo e spese ricorrenti. Nei casi in cui il gestore non aggiunge reale “alf a” rispetto al benchmark di riferimento, i costi elevati rendono sconveniente la permanenza nel prodotto.
La selezione accurata resta la chiave per intercettare fondi a gestione attiva che mostrano potenziale di sovraperformance nonostante le spese associate. Occorre adottare una strategia rigorosa per individuare comparti o gestori ancora in grado di offrire valore reale:
Le prospettive per il 2025 vedono, secondo gli analisti, alcune tipologie di fondi attivi in equilibrio tra rischio e rendimento attesi. Sono individuati comparti diversi in relazione al profilo dell'investitore e ai possibili scenari macro:
Fondi monetari e liquidità |
BlackRock Institutional Cash Series, UBS Select Money Market, Fidelity Institutional Liquidity |
Fondi indicizzati efficienti |
Amundi FTSE EPRA NAREIT Global, iShares US Index Flexible Acc, Amundi S&P 500 ESG Index |
Multi-asset e Absolute Return |
UBAM Absolute Return Fixed Income, BNP Paribas Target Risk Balanced, Alkimis Capital UCITS |