Nel panorama degli investimenti moderni, la sfida tra fondi attivi e ETF è cruciale: differenze gestionali, vantaggi, costi e dati storici delineano nuovi trend, privilegiando spesso gli ETF obbligazionari secondo Morningstar.
Nell'attuale contesto finanziario, il confronto tra fondi di investimento attivi e ETF rappresenta uno snodo centrale per chi desidera allocare in modo consapevole i propri risparmi. Negli ultimi anni, la crescente diffusione degli ETF ha modificato in modo significativo la struttura dei portafogli, anche grazie a una maggiore attenzione verso la trasparenza, l'efficienza dei costi e la facilità di accesso ai mercati globali. Parallelamente, la gestione professionale tipica dei fondi attivi continua ad avere sostenitori, soprattutto quando si tratta di operare su nicchie di mercato meno efficienti o titoli complessi.
Nel valutare l'opportunità di utilizzare strumenti a gestione attiva o passiva, è essenziale comprendere le peculiarità strutturali, le dinamiche di costo, i rischi impliciti e i risultati storici emersi dalle principali fonti indipendenti come Morningstar e SPIVA. Quest'analisi dettagliata consente agli investitori di evitare scelte basate su percezioni superficiali, focalizzandosi invece su dati concreti e su una logica di costruzione del portafoglio che risponda agli obiettivi personali e al proprio profilo di rischio.
I fondi di investimento attivi e gli ETF rappresentano due modalità differenti di partecipazione ai mercati finanziari. I primi sono gestiti da professionisti che selezionano attivamente i titoli, ricercando una performance superiore a un indice di riferimento. Questi strumenti si articolano su una struttura che prevede la raccolta di capitale dagli investitori, la gestione centralizzata e, generalmente, soglie minime di accesso. Di contro, gli ETF sono strumenti quotati sul mercato, acquistabili come titoli azionari durante tutto il corso della seduta e, per la maggior parte, replicano passivamente la composizione di un indice.
Dal punto di vista operativo, gli ETF sono aperti e consentono il continuo ingresso e uscita di capitale, assicurando elevata liquidità e trasparenza sul valore di mercato. I fondi tradizionali valorizzano le quote una volta al giorno, mentre gli ETF presentano una valorizzazione continua con spread ridotti. Per semplicità di accesso e flessibilità, gli ETF risultano particolarmente adatti anche a piccoli investimenti, a differenza dei fondi attivi che spesso richiedono importi iniziali più elevati.
La gestione attiva si fonda sull'analisi fondamentale e tecnica dei mercati da parte di gestori specializzati. Il tentativo dichiarato è quello di ottenere un rendimento superiore, selezionando titoli con maggior potenziale o riducendo l'esposizione nei momenti di incertezza. Tuttavia, questa strategia implica commissioni di gestione più elevate e una maggiore opacità sulle scelte effettuate. Al contrario, la gestione passiva punta alla replica fedele di un indice di riferimento tramite la composizione automatica del portafoglio: la selezione dei titoli segue regole predeterminate, riducendo l'intervento umano e minimizzando i costi. Nei portafogli passivi, il rischio di selezione e management error diminuisce, ma si è pienamente esposti alle oscillazioni dell'intero mercato sottostante. L'impatto delle commissioni rappresenta uno dei fattori chiave: costi annui medi dell'1,7% per i fondi attivi contro lo 0,4% degli ETF, con evidenti conseguenze sulla performance netta nel lungo periodo.
Gli ETF passivi sono apprezzati per la trasparenza e la semplicità: la composizione è pubblica e facilmente verificabile, mentre i costi rimangono contenuti. Viceversa, gli ETF attivi stanno emergendo come strumenti ibridi, che combinano la logica della negoziazione in borsa con un approccio di selezione dinamica delle componenti del portafoglio. Questo amplia la gamma di strategie disponibili e offre possibilità di sovraperformance rispetto al semplice benchmark, pur con una struttura di costo generalmente maggiore. L'accesso a segmenti di mercato inefficaci o complessi può risultare favorito dall'intervento attivo, ma la differenziazione effettiva rispetto ai fondi gestiti resta soggetta ai risultati e alla qualità delle strategie adottate.
I vantaggi degli ETF rispetto ai fondi attivi risultano evidenti sotto diversi profili. In primo luogo, la riduzione dei costi di gestione genera un impatto positivo sui rendimenti netti su orizzonti temporali medio-lunghi. Gli ETF garantiscono elevata trasparenza: la composizione del portafoglio può essere monitorata in tempo reale, consentendo una valutazione costante dell'esposizione ai rischi di mercato.
Inoltre, la liquidità rilascia all'investitore massimo controllo sulle tempistiche di acquisto e vendita, agevolando strategie di ribilanciamento e risposta rapida agli eventi di mercato. Tuttavia, la struttura passiva degli ETF comporta la totale adesione all'andamento del mercato di riferimento: nei momenti di volatilità o forte ribasso non è prevista una gestione attiva del rischio. Va inoltre considerato il rischio di tracking error, ossia la differenza tra l'andamento dell'ETF e dell'indice replicato, spesso minima ma rilevante su strumenti complessi o meno liquidi.
Provando a mettere in confronto costi, trasparenza e liquidità, emerge che:
L'analisi dei dati storici evidenzia la persistenza di un gap tra le performance dei fondi attivi e quelle degli ETF, soprattutto nelle categorie azionarie. Secondo fonti indipendenti come SPIVA e Morningstar, sul lungo periodo meno del 15% dei fondi attivi azionari riesce a sovraperformare il benchmark, mentre la maggioranza vede il proprio rendimento eroso dai costi di gestione.
La situazione si differenzia nel comparto obbligazionario, dove l'accesso a mercati meno liquidi o inefficienti può ancora dare spazio ai fondi attivi di dimostrare valore aggiunto. Nei segmenti di grandi indici, tuttavia, la convenienza resta spesso a favore degli ETF, che offrono pari diversificazione a condizioni economiche più favorevoli. La volatilità delle performance nei fondi gestiti evidenzia inoltre una minore persistenza dei risultati nel tempo rispetto alle strategie passive replicanti.
Diversi report pubblicati da Morningstar e SPIVA forniscono dati oggettivi riguardo alla capacità dei fondi attivi di sovraperformare il mercato. Negli ultimi dieci anni, oltre l'85% dei fondi azionari globali attivi non ha superato il relativo indice di riferimento (SPIVA Scorecard, 2024). Le analisi Morningstar evidenziano un rendimento annuo netto superiore di +1,2% a favore degli ETF globali rispetto ai fondi attivi analoghi. La selezione ex ante dei fondi vincitori nel lungo periodo si conferma estremamente complessa anche per operatori professionali.
Il comparto obbligazionario rivela alcune specificità. Gli ETF in questa area offrono accesso a panieri ampi con elevata trasparenza e gestione del rischio duration ottimizzata. Nei mercati liquidi come il governativo, i costi minori e la replica di indici ampi permettono una maggiore efficienza rispetto ai fondi attivi. Dove emergono inefficienze, ad esempio nei bond high-yield o nei Paesi emergenti, la gestione attiva può avere margini per incidere positivamente; tuttavia, l'esperienza mostra che, in media, anche nel segmento obbligazionario la struttura dei costi e la trasparenza degli ETF tendono a renderli più convenienti, specialmente per i portafogli retail.
Negli ultimi anni, la crescita degli ETF attivi ha assunto rilevanza, soprattutto nei mercati statunitense ed europeo. La quota di mercato pur rimanendo limitata (meno del 10% del totale degli ETF gestiti), mostra tassi di sviluppo superiori rispetto ai prodotti passivi. Tale dinamica si spiega con il crescente interesse verso strategie alternative, segmenti di mercato specialistici o l'adozione di logiche di gestione del rischio evolute che possono essere veicolate in modo efficiente tramite ETF attivi. Le ultime rilevazioni (Morningstar 2024) segnalano afflussi record su questa tipologia di prodotti, con particolare attenzione verso tematiche ESG, income e protezione del capitale.
L'innovazione nel settore ETF attivi è trainata dall'introduzione di prodotti dynamic allocation, covered call (derivative-income) e buffer. Gli ETF derivative-income puntano a generare reddito da panieri azionari tramite strategie su opzioni, offrendo un'alternativa alle obbligazioni tradizionali. I buffer ETF impiegano opzioni per delimitare i rischi di ribasso, accettando limiti alle potenzialità di crescita in cambio di maggiore stabilità. Tali strumenti, già molto diffusi negli Stati Uniti e in rapida espansione in Europa, integrano soluzioni sofisticate e trasparenti, ampliando il ventaglio di strategie disponibili.
L'evoluzione regolamentare, con particolare riferimento alle direttive europee MIFID II e alle norme ESMA, concentra l'attenzione sulla maggiore trasparenza dei costi e delle caratteristiche dei prodotti. L'obiettivo è rendere confrontabili strumenti a gestione attiva e passiva, limitando potenziali conflitti di interesse all'interno del sistema distributivo. L'end-user beneficia così di un flusso informativo più chiaro, agevolando scelte secondo logiche di efficienza e reale soddisfazione delle proprie aspettative.
La scelta tra ETF e fondi attivi non può essere ridotta a una semplice comparazione dei rendimenti medi: è necessario valutare il processo di costruzione del portafoglio alla luce degli obiettivi individuali, dell'orizzonte temporale e della tolleranza al rischio. Errori comuni come l'overconfidence, il recency bias e l'illusione di controllo possono condurre a decisioni sbagliate, come cambiamenti troppo frequenti di strategia o inseguimento delle mode del momento.
Il consulente qualificato ha il compito di supportare l'investitore nell'educazione finanziaria, nella riduzione dell'impatto delle emozioni e nell'ottimizzazione della diversificazione, affiancando strumenti passivi e attivi secondo criteri oggettivi e non solo sulla base di pressioni commerciali o costi occulti.