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Perchè l'economia italiana non è cresciuta nel terzo trimestre 2025 e disoccupazione aumentata? E quali sono le previsioni?

di Marcello Tansini pubblicato il
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Nel terzo trimestre 2025 l'economia italiana ha registrato uno stallo, con il Pil fermo e un aumento della disoccupazione. Facciamo, dunque una analisi sulla cause, fragilità strutturali, confronti europei e scenari futuri.

L’estate 2025 si è conclusa restituendo uno scenario di stagnazione per la crescita nazionale. Le più recenti stime di istituti autorevoli, come l’Istat e l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, confermano che l’attività produttiva si è bloccata, con un prodotto interno lordo rimasto invariato rispetto ai mesi precedenti. A fare da sfondo, una domanda interna debole e un contesto internazionale instabile hanno alimentato il clima di incertezza.

n questo quadro, domande sul perché il terzo trimestre 2025 è stato caratterizzato da performance fiacche e su quali scenari si prospettino per i prossimi mesi diventano più che mai attuali per operatori, famiglie e imprese.

I dati del Pil: cause della stagnazione e confronto con il passato recente

Le rilevazioni dell’Istat per il terzo trimestre 2025 evidenziano una crescita nulla su base congiunturale, mentre il dato tendenziale mostra un modesto incremento dello 0,4%. Questa situazione, fotografata anche dall’Unione Nazionale Consumatori e dall’Ufficio Studi di Confcommercio, rappresenta la sintesi di una lunga fase di indebolimento.

  • Nel I trimestre 2023 il Pil segnava +0,7% congiunturale (+2,2% annuo)
  • Nel II trimestre 2023 vi fu una lieve flessione (-0,1%), seguita da progressivi rallentamenti fino allo 0,0% attuale
  • Il Pil acquisito per il 2025 si attesta a +0,5%, ben lontano dai ritmi di ripresa post-pandemici
Questa tendenza riflette un insieme di cause strutturali di lungo corso e fattori contingenti. La sola componente che garantisce un minimo sostegno rimane l’export, mentre i settori trainanti per tradizione – industria e servizi – hanno visto un raffreddamento della dinamica produttiva. Più in dettaglio, il valore aggiunto ha registrato una contrazione nell’industria, stazionarietà nei servizi e un modesto aumento nell’agricoltura.

Lo scenario si inserisce in un contesto europeo caratterizzato a sua volta da una bassa vivacità. I principali comparabili dell’Italia si trovano ad affrontare sfide simili, rendendo più complesso ogni tentativo di rilancio.

Consumi interni, investimenti e domanda estera: i motori inceppati della crescita

Una delle questioni principali emerse nelle recenti analisi riguarda la debolezza della domanda nazionale. L’ultimo Indicatore dei Consumi Confcommercio rileva solo un lieve miglioramento a settembre (+0,3% annuo), con un andamento fermo dei beni e una crescita più marcata nei servizi (+0,8%). Tra gennaio e settembre i consumi hanno conosciuto una riduzione dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti, segnalando la diffusa cautela delle famiglie.

Gli investimenti, pur sostenuti da condizioni di credito ancora moderatamente favorevoli, non bastano a invertire la tendenza. Le imprese, infatti, rimangono prudenti di fronte alle tensioni geopolitiche e a un clima di fiducia fragile. L’unica componente dinamica resta l’export, che tuttavia fatica a mantenere il proprio contributo positivo nell’attuale scenario internazionale. Secondo l’UpB, le esportazioni sono in calo, in particolare verso gli Stati Uniti, e l’indebolimento del commercio globale penalizza particolarmente le economie manifatturiere.

Motore Variazione 2025
Consumi interni -0,2% (gen-set)
Investimenti Sostenuti solo su strumentali
Export In marcata flessione

Mercato del lavoro, disoccupazione e dinamiche salariali

Il terzo trimestre del 2025 riflette una situazione contraddittoria nel mondo del lavoro. Dopo una lieve contrazione nel secondo trimestre, segnalata da Eurostat e Istat, si evidenziano segnali misti: su base mensile l’occupazione sale leggermente, mentre il tasso di disoccupazione rimane stabile intorno al 6%, inferiore rispetto agli anni precedenti, ma il dato trimestrale mostra un andamento in rallentamento.

Nel dettaglio, la crescita occupazionale resta inferiore alla media OCSE, con un tasso di occupazione circa al 62,9%. La debolezza si riflette anche nelle retribuzioni. Nel periodo gennaio-settembre 2025, secondo i dati sui contratti collettivi nazionali:

  • La retribuzione oraria media è aumentata del 3,3%
  • La crescita delle retribuzioni contrattuali ha rallentato rispetto ai trimestri precedenti
  • A settembre 2025, il tempo medio di attesa per il rinnovo dei contratti raggiunge quasi 28 mesi per i lavoratori interessati
  • Le retribuzioni reali restano al di sotto dei livelli di gennaio 2021 (-8,8%)
La mancanza di una crescita sostenuta dei salari, in un quadro di stagnazione produttiva e di incremento della disoccupazione nei periodi meno favorevoli, contribuisce a frenare la domanda e, di conseguenza, la ripresa complessiva.

Le cause strutturali della debolezza economica italiana

Le difficoltà che emergono nel 2025 sono solo in parte effetti della congiuntura internazionale. La debolezza della domanda interna e la difficoltà di agganciare una crescita robusta hanno cause profonde.

  • Produttività stagnante: L’Italia registra una delle crescite più lente tra i paesi avanzati quando si guarda alle performance del lavoro e all’efficienza del sistema produttivo. Secondo analisi di organismi come OCSE e UpB, il gap rispetto agli altri Paesi europei resta significativo.
  • Debolezza degli investimenti strutturali: Gli sforzi in ricerca e sviluppo sono ancora modesti, mentre il capitale umano fatica a mantenere il passo con le nuove sfide globali. Il tessuto imprenditoriale, frammentato e dominato da PMI, risulta meno reattivo nei confronti dei cambiamenti tecnologici.
  • Rigidità istituzionali e burocratiche: Procedure lente e instabilità normativa creano sfiducia negli operatori economici e limitano l’attrattività per investitori esteri.
  • Squilibri territoriali: Persistono forti divari tra aree del Paese, che accentuano la fragilità complessiva.
La combinazione di questi fattori rende difficoltoso innestare un circolo virtuoso tra domanda, produzione e occupazione di qualità.

Italia, Germania e Francia a confronto: crescita, deficit e modelli a rischio

Lo scenario europeo del terzo trimestre mette in evidenza differenze marcate tra i principali Paesi. Se Italia e Germania registrano una crescita zero, la Francia sorprende con un’espansione dello 0,5% su base trimestrale, trainata da esportazioni e investimenti netti, anche grazie a una politica di spesa pubblica espansiva.

Paese PIL Q3 2025 Deficit/PIL stimato 2025
Francia +0,5% 4,7% - 5,0%
Italia 0,0% 3,0%
Germania 0,0% 2,5%

La divergenza tra i modelli non è solo nei dati, ma anche nelle scelte di politica economica. Mentre Parigi punta sullo stimolo fiscale, Roma e Berlino sono vincolate dalla necessità di rientrare nei parametri europei, sacrificando in parte la crescita su pressioni di bilancio. Queste dinamiche possono accentuare le vulnerabilità e spostare equilibri in Europa su competitività e sostenibilità del debito.

Previsioni per il futuro tra opportunità e rischi

Le proiezioni sul breve termine restano improntate alla prudenza. Secondo diverse fonti, l’obiettivo del Pil 2025 fissato a +0,5% appare raggiungibile, ma il rischio di una crescita ancora più bassa non è trascurabile. Le principali minacce individuate sono:

  • Possibili nuove tensioni internazionali e commerciali che pesano sull’export
  • Debolezza endemica dei consumi privati e investimenti delle imprese ancora incerti
  • Vincoli di bilancio stringenti, che riducono lo spazio di manovra per la politica fiscale
Esistono tuttavia elementi positivi da valorizzare. Il mantenimento dell’inflazione sotto controllo, alcune dinamiche occupazionali resilienti e le iniziative indirizzate alla formazione, all’innovazione e alla produttività possono rappresentare leve importanti. La capacità delle istituzioni e del sistema produttivo di trasformare le debolezze strutturali in punti di forza determinerà la traiettoria futura.