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Stablecoin, la terza rivoluzione delle criptovalute che creerà un nuovo mercato finanziario da 1900 miliardi

di Marcello Tansini pubblicato il
Mercato finanziario da 1900 miliardi

Le stime della stessa Citigroup indicano che anche nel 2030 circa il 90% delle stablecoin sarà ancora ancorato al dollaro

Le stablecoin, concepite come strumenti collaterali al trading di criptovalute, stanno diventando un pilastro dell'infrastruttura finanziaria globale. Non si tratta più di un fenomeno di nicchia, confinato alle piattaforme di scambio decentralizzate, ma di un mezzo destinato a ridefinire il concetto stesso di moneta digitale regolata. Secondo le previsioni di Citigroup, il mercato di questi token ancorati a valute fiat passerà dagli attuali 280 miliardi di dollari a 1.900 miliardi nello scenario base entro il 2030, con punte che potrebbero sfiorare i 4.000 miliardi.

Se la posta elettronica ha trasformato la comunicazione istantanea, le stablecoin stanno facendo lo stesso per i pagamenti internazionali. Velocità, continuità operativa, programmabilità e costi ridotti sono le caratteristiche che distinguono questi strumenti da qualsiasi infrastruttura tradizionale. Muovere denaro in tempo reale, sette giorni su sette, ventiquattro ore al giorno, non è più un'aspirazione futuristica ma una possibilità concreta, resa disponibile da una tecnologia che integra blockchain e riserve in asset tradizionali.

La novità va cercata nel fatto che le stablecoin non sono pensate come asset per l'accumulazione di capitale speculativo, bensì come infrastrutture di pagamento. In questo senso, sono la terza rivoluzione delle criptovalute: dopo Bitcoin e la sua funzione di riserva digitale, e dopo le numerose alternative che hanno preso forma, come Ethereum con la programmabilità degli smart contract, ora entra in scena un sistema capace di garantire stabilità e al tempo stesso efficienza operativa, aprendo spazi a usi industriali, commerciali e istituzionali.

La geopolitica della moneta digitale

Dietro l'apparente corsa tecnologica si cela una sfida geopolitica. Le stime della stessa Citigroup indicano che anche nel 2030 circa il 90% delle stablecoin sarà ancora ancorato al dollaro, con effetti potenzialmente esplosivi sulla domanda di Treasury americani. Gli emittenti devono detenere riserve liquide e sicure per garantire la parità, e questo meccanismo si tradurrà in un incremento della richiesta di titoli di Stato statunitensi stimato in oltre mille miliardi di dollari.

Non sorprende che molte aree del mondo stiano correndo ai ripari per non consegnare potere al greenback. Hong Kong ha introdotto un regime di licenze specifico, che ha già attirato i primi operatori; gli Emirati Arabi Uniti hanno sviluppato una cornice regolatoria per i payment tokens; il Giappone è stato tra i primi Paesi a disciplinare in maniera chiara le emissioni ancorate a valute fiat. Nel frattempo la Cina prepara una stablecoin in yuan da affiancare al già esistente e-CNY, mentre l'Europa ha visto nove banche annunciare a sorpresa il lancio di una stablecoin in euro, con sede ad Amsterdam e compliance assicurata dal regolamento MiCA.

Il terreno di scontro non è tecnologico ma riguarda la sovranità monetaria. Se le stablecoin in dollari diventassero la nuova via preferita per regolare i pagamenti digitali globali, molte economie rischierebbero di vedere erosa la propria autonomia finanziaria. Le iniziative regionali puntano quindi a costruire alternative domestiche, non tanto per ragioni di efficienza, quanto per difendere la propria indipendenza strategica in un mondo dove il denaro non scorre più soltanto attraverso i circuiti bancari tradizionali, ma in forma programmabile e borderless.

L'impatto sull'economia reale

Le PMI saranno le principali beneficiarie della diffusione delle stablecoin. Le grandi multinazionali dispongono già di sofisticati strumenti per ottimizzare la gestione dei flussi finanziari, ma per le aziende di dimensioni più ridotte l'adozione di pagamenti istantanei e a basso costo è un salto evolutivo. Potranno ridurre i tempi di incasso, migliorare la gestione del capitale circolante e abbattere i costi di transazione legati ai pagamenti internazionali.

Per le imprese e le istituzioni finanziarie, la diffusione delle stablecoin introduce la possibilità di gestire la liquidità in tempo reale, senza i vincoli delle finestre bancarie o delle camere di compensazione. Questo significa avere un controllo immediato sul working capital, facilitare l'automazione dei processi di pagamento tramite smart contract e aprire la strada a forme di finanza programmabile, come i pagamenti condizionali o le polizze assicurative parametrizzate a eventi esterni.

Accanto alle stablecoin emesse da operatori privati o consorzi bancari, stanno emergendo anche i depositi tokenizzati, strumenti digitali che rappresentano saldi bancari tradizionali su reti blockchain autorizzate. Citigroup ritiene che in termini di volumi potrebbero addirittura superare le stablecoin pubbliche, offrendo alle aziende maggiori garanzie di privacy, integrazione con i sistemi esistenti e una compliance perfettamente allineata ai requisiti normativi.

Le stime divergenti delle grandi banche

Non tutti condividono la visione entusiastica di Citigroup. Alcuni analisti, come quelli di J.P. Morgan, stimano che entro il 2028 la capitalizzazione complessiva delle stablecoin possa non superare i 500 miliardi di dollari, segnalando che l'uso attuale resta in larga parte confinato al settore cripto-nativo e che i pagamenti reali sono ancora limitati. Ma anche nello scenario più conservativo, la crescita appare evidente rispetto ai valori attuali.

Molto dipenderà dalla capacità delle giurisdizioni di elaborare una regolazione coerente e interoperabile. La frammentazione normativa rischia di rallentare l'adozione, così come i fallimenti di operatori poco trasparenti potrebbero minare la fiducia degli utenti. Al contrario, l'approvazione di regole chiare come il Genius Act negli Stati Uniti o l'implementazione del MiCA in Europa rappresentano catalizzatori decisivi per lo sviluppo del settore.

Se il decennio in corso sarà quello della piena affermazione delle stablecoin, è plausibile che assisteremo alla nascita di un nuovo ordine monetario digitale, nel quale coesisteranno monete ufficiali, valute digitali di banca centrale e token privati regolamentati. La posta in gioco non è solo tecnologica o economica, ma riguarda l'assetto stesso della finanza globale, con implicazioni per la stabilità dei mercati, la gestione del debito pubblico e il ruolo delle potenze valutarie sullo scacchiere internazionale.

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