Nel 2025, l'export italiano mostra una crescita sorprendente malgrado i dazi: dati e analisi rivelano i settori più dinamici, le aree geografiche di successo e le sfide imposte dalle nuove dinamiche dei mercati internazionali.
L’analisi delle vendite internazionali delle imprese italiane nei primi nove mesi del 2025 disegna uno scenario inaspettatamente positivo per il comparto export, evidenziando come l’Italia abbia saputo reagire con determinazione sia agli ostacoli imposti dai dazi doganali sia alle tensioni geopolitiche che hanno interessato il commercio globale. Secondo l’Ufficio studi della CGIA, il valore delle esportazioni italiane ha registrato una crescita del 3,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, segnando un incremento di circa 16,6 miliardi di euro e posizionando il Paese al quarto posto tra i principali esportatori del G20, con quasi 190 miliardi di dollari di merce movimentata oltre confine.
Questa progressione positivo dell’export assume particolare rilevanza considerando la contrazione vissuta nel corso del 2024, quando le esportazioni erano diminuite dello 0,5%. Il 2025, invece, ha visto una pronta ripresa, portando il settore a superare persino economie storicamente forti come il Giappone.
Dinamiche di domanda e risposta sui mercati internazionali, strategie di posizionamento e la valorizzazione delle eccellenze produttive sono tra i fattori chiave che hanno alimentato questa nuova stagione di crescita, in un contesto di restrizioni commerciali e volatilità dei mercati internazionali.
L’avanzata delle esportazioni nel 2025 non è stata uniforme ma è stata trainata da specifiche filiere produttive e territori. Analizzando i primi 50 gruppi merceologici che rappresentano la quasi totalità delle esportazioni nazionali, emergono alcune eccellenze capaci di sostenere incrementi ben superiori alla media.
I settori con la crescita più marcata sono stati:
A livello territoriale, le statistiche ufficiali sottolineano incrementi straordinari nelle province meridionali e insulari:
La crescita verso gli Stati Uniti è stata guidata soprattutto da Trieste, che ha visto un incremento delle esportazioni da 107 milioni dei primi nove mesi 2024 a quasi 1,3 miliardi nello stesso periodo del 2025 (+1.080%). In provincia di Enna (+582,4%) e di Vibo Valentia (+434,5%), l’export è stato alimentato principalmente dall’agroalimentare, evidenziando la capacità di questi territori di rispondere in modo competitivo alle esigenze dei mercati mondiali.
La provincia più orientata sul mercato statunitense è Firenze, con esportazioni per 5,7 miliardi di euro e un aumento del 30%, trainate soprattutto dai prodotti farmaceutici.
Si riporta, a titolo esemplificativo, una tabella riepilogativa degli incrementi percentuali più significativi:
| Provincia | Incremento Export 2025 |
| Palermo | +160,6% |
| Vibo Valentia | +151,2% |
| Sud Sardegna | +129,5% |
| Trieste | +118,7% |
| Enna (verso USA) | +582,4% |
| Vibo Valentia (verso USA) | +434,5% |
| Trieste (verso USA) | +1.080% |
| Firenze (totale vs USA) | +30% |
Le differenziazioni territoriali e settoriali confermano l’importanza della specializzazione produttiva e delle reti di impresa nel rendere competitivo il brand italiano anche oltre i confini europei.
Contrariamente alle previsioni più prudenziali di inizio anno, le misure protezionistiche introdotte negli ultimi mesi, in particolare quelle decise dall’amministrazione statunitense, non hanno provocato un calo sensibile delle esportazioni italiane. Secondo gli analisti dell’Ufficio studi della CGIA, l’effetto di rialzo dei dazi non ha inciso negativamente sulla performance generale dell’export, neppure verso quei mercati ritenuti più “a rischio” come quello statunitense.
Nel confronto tra i primi nove mesi del 2025 e lo stesso periodo dell’anno precedente, infatti, le esportazioni verso gli USA sono cresciute di 4,3 miliardi di euro (+9%), passando da 48,1 a 52,4 miliardi. Una simile dinamica ha riguardato anche le relazioni con altre economie avanzate, consolidate dalla solida reputazione dei prodotti italiani e dalla capacità degli operatori nazionali di pianificare strategie di anticipo rispetto alle modifiche tariffarie.
Gli analisti attribuiscono questo fenomeno principalmente a una forte richiesta dei consumatori americani che, prevedendo l’aumento dei costi dovuto alle nuove tariffe, hanno anticipato gli acquisti di beni “made in Italy” prima dell’effettiva entrata in vigore dei nuovi dazi nell’estate 2025. Tuttavia, le statistiche del periodo successivo hanno smentito l’ipotesi di un immediato calo post-tariffe: ad agosto si è registrata una flessione del 21,6% rispetto allo stesso mese del 2024, ma già a settembre il trend è tornato fortemente positivo (+34,7% su base annua), dimostrando resilienza e capacità di adattamento da parte sia delle imprese che dei distributori.
Le dinamiche dei mercati internazionali nel 2025 sono state inoltre influenzate dalle incertezze geopolitiche e dalle revisioni dei trattati multilaterali. L’Italia ha saputo valorizzare la propria affidabilità come partner economico, sostenuta da regolamentazioni rigorose e dal continuo dialogo con le istituzioni europee e World Trade Organization (WTO). Gli operatori italiani hanno applicato in modo scrupoloso le normative di origine, ottenendo così agevolazioni e quote tariffarie preferenziali dove disponibili.
Va sottolineato come la strateghia della diversificazione geografica sia risultata determinante: la riduzione della dipendenza dai soli mercati tradizionali consente di gestire meglio rischi connessi a politiche restrittive, volatilità dei cambi e modifiche regolatorie improvvise. Un ruolo di primo piano l’hanno avuto anche le reti di export digitale, che permettono di gestire in tempo reale la logistica e l’adeguamento alle nuove barriere commerciali.
Gli andamenti contrastanti osservati nei mesi estivi e autunnali del 2025 confermano che, sebbene i dazi possano modificare temporaneamente la dinamica dei flussi, le scelte di consumo, la reputazione del prodotto italiano di qualità e la capacità di innovazione industriale rappresentano fattori capaci di sostenere la competitività nazionale anche negli scenari più complessi.
L’osservazione empirica durante il 2025 mostra dunque come il sistema manifatturiero e agroalimentare italiano abbia risposto alle sfide non solo con iniziative tattiche di breve periodo, ma anche attraverso investimenti in internazionalizzazione e sviluppo dell’offerta certificata e sostenibile, consolidando la leadership del “made in Italy” sui mercati mondiali, anche in condizioni avverse come quelle determinate dall’incremento delle barriere tariffarie.