Nonostante l'aumento delle risorse per la sanità, i problemi strutturali come carenza di personale, liste d'attesa, diseguaglianze e mancanza di una visione di rilancio continuano a incidere.
Le manovre finanziarie hanno previsto incrementi dei fondi per il Servizio Sanitario Nazionale con interventi destinati ad affrontare le sfide di un sistema sotto pressione per via dell'invecchiamento della popolazione e delle esigenze di innovazione. Tuttavia, a fronte di maggiori risorse, permangono criticità strutturali che incidono direttamente sulle prestazioni offerte ai cittadini.
Le stime più recenti dimostrano che, sebbene il Fondo Sanitario Nazionale abbia registrato aumenti sia nominali sia percentuali, si assiste a una tendenza discendente della quota sanitaria rispetto al Prodotto Interno Lordo. Il crescente fabbisogno di cure, accentuato anche dal progressivo innalzamento dell'età media e dalla diffusione delle patologie croniche, continua a superare la capacità di risposta dell'attuale assetto organizzativo.
Il dibattito attorno all'efficacia di questi finanziamenti mette in evidenza la carenza di una strategia integrata e l'assenza di un vero rilancio del SSN. L'attuale modello fatica ad evolvere verso una pianificazione di lungo periodo che favorisca una programmazione capace di rispondere in modo coordinato e sostenibile alle esigenze della società. Persino i maggiori investimenti risultano distribuiti tra una molteplicità di micro-misure, lasciando emergere la questione di fondo: senza una visione complessiva, le risorse rischiano di essere un palliativo e non una risposta duratura alle criticità sanitarie.
Nel panorama normativo attuale, la Legge di Bilancio per il 2026 rappresenta un'occasione significativa dal punto di vista delle risorse stanziate: il Fondo Sanitario Nazionale toccherà quota 143,1 miliardi di euro nel 2026, con un ulteriore incremento previsto fino a 145 miliardi entro il 2028. Gli annunci istituzionali, sostenuti anche dalle parole del ministro della Salute, insistono su un cambiamento di passo rispetto agli anni precedenti, in cui la sanità aveva subito una progressiva riduzione di fondi.
Tuttavia, se si analizza la distribuzione effettiva delle somme, emerge un quadro complesso. Gran parte dello stanziamento risulta assorbito da voci vincolate: tra queste, spiccano l'assistenza domiciliare, la prevenzione, l'innovazione territoriale e le soluzioni tecnologiche richieste dal PNRR. Il finanziamento diretto al personale sanitario si attesta su cifre che, secondo professionisti e organizzazioni di categoria, sono insufficienti per garantire stabilità e attrattività nel lungo periodo.
La tabella sottostante sintetizza i principali numeri della Manovra finanziaria:
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Anno |
Fondo Sanitario Nazionale (€) |
Quota su PIL (%) |
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2025 |
136,5 miliardi |
6,1 |
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2026 |
143,1 miliardi |
6,0 |
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2027 |
144,1 miliardi |
5,9 |
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2028 |
145,0 miliardi |
5,9 |
Le promesse, dunque, vanno rapportate alla reale disponibilità di bilancio, che registra una riduzione della quota sanitaria rispetto al PIL nei prossimi anni. Parallelamente, si riscontra una frammentazione delle misure, caratterizzata da provvedimenti orientati più a tamponare singole emergenze che a creare una cornice di sviluppo del sistema pubblico. Tra le criticità più evidenti, si segnalano la mancanza di fondi strutturali per le assunzioni e la scarsa incidenza dei nuovi finanziamenti sull'aumento degli stipendi di base. Persistono inoltre disparità tra le Regioni, sia in termini di accesso ai servizi sia di effettiva capacità di utilizzo delle risorse assegnate.
Dal confronto tra Governo, professionisti sanitari e rappresentanti delle parti sociali emerge con forza l'urgenza di superare la logica dei ritocchi annuali per intraprendere un percorso di rifondazione del sistema, capace di mettere la “salute” al centro delle politiche di sviluppo e coesione sociale.
La questione della disponibilità di risorse umane è una delle maggiori fragilità dell'attuale SSN. Nonostante gli annunci di nuove assunzioni e di interventi economici orientati ad alleggerire i carichi di lavoro, la situazione fotografata oggi evidenzia alcune cause strutturali di difficile risoluzione. In primis, il rapporto tra personale sanitario e popolazione rimane tra i più bassi dell'area OCSE, specialmente per quanto riguarda la presenza infermieristica.
Le misure introdotte dalla manovra per il triennio 2026-2028 hanno destinato parte delle risorse, circa 500 milioni, a incentivi per attività aggiuntive e straordinari, più che a incrementi salariali stabili o all'assunzione di nuove figure professionali. Questa soluzione, elaborata per fronteggiare le emergenze di personale, è stata accolta con preoccupazione dalle associazioni di categoria, che vedono nella mancanza di un piano strutturale il principale ostacolo al superamento del problema.
Le principali criticità individuate dai professionisti possono essere riassunte in:
I finanziamenti aggiuntivi non sono stati sufficienti a risolvere problematiche radicate da anni. In particolare, la questione delle liste d'attesa rappresenta uno dei nodi più complessi. Nonostante l'introduzione di una legge dedicata e di sistemi di monitoraggio avanzati, l'accesso alle prestazioni rimane problematico: i cittadini affrontano tempi lunghi sia per le visite specialistiche sia per gli esami diagnostici, a discapito dell'equità di accesso.
Sul piano dell'innovazione, i fondi sono spesso vincolati a progetti specifici, come la digitalizzazione degli archivi clinici, l'informatizzazione delle agende e la promozione di nuove tecnologie diagnostiche. Pur essendo interventi importanti, la loro efficacia risulta limitata quando non si accompagna a una riorganizzazione dei percorsi assistenziali e a investimenti sulle risorse umane. Il PNRR, in particolare, ha accelerato la creazione di infrastrutture, ma lascia ancora aperta la questione della funzionalità operativa nel contesto di carenze di personale.
Le diseguaglianze territoriali restano elevate, con forti divari tra Nord e Sud in termini di accesso ai servizi, livelli di innovazione e qualità dell'assistenza. Nel 2024, è stato calcolato che oltre 5,8 milioni di cittadini hanno rinunciato a prestazioni sanitarie per motivi economici, mentre la spesa privata ha superato i 41 miliardi di euro. La seguente tabella riassume alcuni dati chiave del fenomeno:
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Indicatore |
Valore |
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Cittadini che hanno rinunciato a cure (2024) |
5,8 milioni |
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Spesa sanitaria privata (2024) |
41 miliardi di euro |
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Aumento mammografie (2024, primo semestre) |
+40% |
L'effetto combinato di tempi di attesa prolungati, diffusione disomogenea dell'innovazione e disparità socio-economiche, continua a minare il principio universalistico del SSN, richiedendo scelte politiche coraggiose e una governance più integrata.
Sebbene le più recenti manovre finanziarie abbiano marcato un cambio di tendenza rispetto al lungo periodo di sottofinanziamento, resta evidente l'assenza di una vera progettualità di rilancio del SSN. Gran parte degli interventi appare orientata a rispondere a emergenze contingenti piuttosto che a costruire un modello sanitario in grado di affrontare i grandi cambiamenti demografici, tecnologici e sociali del prossimo decennio.
La mancanza di una strategia nazionale condivisa comporta una frammentazione degli interventi, con il rischio concreto di discontinuità nelle azioni e difficoltà nel coordinare gli sforzi su scala territoriale. Le principali aree di criticità riscontrate sono: