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Povertà, numeri tragici: quasi il 10% degli italiani è in povertà assoluta e milioni sono vicini ad esserlo anche lavorando

di Marianna Quatraro pubblicato il
Poverta numeri tragici

Quasi il 10% degli italiani è in condizione di povertà assoluta e l’incidenza soprattutto tra i nuclei con tre o più figli minori: gli ultimi dati che fotografano una situazione drammatica nel nostro Paese

L’Italia si trova a dover affrontare una situazione sociale allarmante, caratterizzata da un aumento costante delle persone che rientrano nella definizione di povertà assoluta. Secondo le più recenti analisi statistiche, quasi un decimo dei residenti non ha accesso a un paniere minimo di beni e servizi essenziali, vivendo così una forte deprivazione materiale. Questo fenomeno coinvolge milioni di cittadini e risulta essere amplificato dalla combinazione di crisi economiche, trasformazioni occupazionali e mutamenti demografici che accentuano le disuguaglianze sociali. 

I dati più recenti sulla povertà assoluta

I dati riportati da Istat e Caritas delineano un quadro estremamente preoccupante. Nel 2023, in Italia si sono contate oltre 5,7 milioni di persone in povertà assoluta, corrispondenti al 9,7% dell’intera popolazione, e 2,2 milioni di famiglie in condizione di disagio economico estremo.

Queste famiglie risultano impossibilitate ad accedere a beni e servizi primari, come alimentazione adeguata, abbigliamento, abitazione e cure sanitarie. L’incidenza di questa condizione, inoltre, ha raggiunto i livelli più elevati dalla metà degli anni Duemila, segnando un record storico di minori colpiti: oltre 1,29 milioni di bambini e adolescenti (pari al 13,8%) vivono in contesti di severa privazione. 

Nel 2024, il 23,1% degli italiani si trovava in uno stato di vulnerabilità economica o esclusione sociale, valore in crescita rispetto al 22,8% dell’anno precedente, mentre la quota europea resta mediamente più bassa. 

Oggi, quasi il 10% degli italiani è in condizione di povertà assoluta: secondo i dati emersi da un Documento predisposto dall'alleanza contro la povertà, presentato nei giorni scorsi, l’incidenza della povertà aumenta soprattutto tra i nuclei con tre o più figli minori, raggiungendo il 21,6% rispetto all’8,4% delle famiglie in generale.

Nello stesso documento si legge anche che le famiglie in povertà assoluta in cui sono presenti minori sono quasi 748 mila (il 12,4%), tra le più colpite quelle con 3 o più figli minori (18,8%) e quelle monogenitoriali (14,8%). Rispetto alle famiglie con minori composte da soli italiani, la povertà colpisce 4 volte di più le famiglie dove c’è almeno uno straniero e 5 volte di più quelle dove lo sono tutti (rispettivamente 8,2%, 34,1% e 41,4%). 

Secondo i dati, inoltre, una quota significativa di persone in povertà sono lavoratori, non disoccupati. L’Istat ha rilevato che tra il 2014 e il 2023 l’incidenza di povertà assoluta individuale tra gli occupati ha avuto un incremento del 2,7%, passando dal 4,9% al 7,6%.

Le categorie più colpite: famiglie numerose, minori, stranieri e lavoratori poveri

La povertà assoluta risulta sensibilmente più elevata in alcune categorie sociali. Tra le più esposte emergono:

  • Famiglie numerose e monogenitoriali: la probabilità di cadere in condizioni di privazione cresce con il numero di componenti. Le famiglie con almeno cinque membri fanno registrare un’incidenza del 20,1%, che si accentua fino al 34,8% tra le coppie con tre o più figli. Anche le famiglie formate da un solo genitore evidenziano un tasso superiore alla media nazionale (12,5%).
  • Minori e giovani: i bambini e gli adolescenti sono tra i più vulnerabili, con quasi 1 minore su 8 in povertà assoluta. L’emergenza riguarda anche i giovani tra i 18 e i 34 anni, la cui incidenza sfiora il 12%. La marginalità di queste fasce di età rappresenta una vera emergenza sociale per il futuro del Paese.
  • Cittadini stranieri: più di un terzo delle famiglie formate solo da stranieri, e una su cinque tra quelle miste, vivono in povertà assoluta, con incidenze che toccano punte drammatiche nel Sud e nelle Isole. Il dato raggiunge il 35,1% tra le famiglie di soli cittadini stranieri, rispetto al 6,3% di quelle di soli cittadini italiani.
  • Lavoratori poveri: la crescita delle forme di occupazione precaria, temporanea o a bassa retribuzione ha spinto nel disagio economico quasi il 10,3% degli occupati. Il fenomeno dei cosiddetti working poor riguarda ormai circa 1,2 milioni di lavoratori, in particolare operai, collaboratori e personale con contratti instabili.

Fattori di rischio e cause della povertà in Italia

L’aumento della povertà in Italia deriva da un insieme di elementi strutturali ed episodi contingenti. Le cause possono essere così riassunte:
  • Insufficiente crescita economica e fragilità del mercato del lavoro: la bassa dinamica del Pil e la precarietà delle forme contrattuali hanno inciso pesantemente sui redditi medi e sulla capacità di accumulo delle famiglie.
  • Erosione del potere d’acquisto: tra il 2008 e il 2024 si è registrato un calo del salario reale medio superiore all’8%, a causa dell’inflazione e dell’aumento generalizzato dei prezzi, soprattutto nel biennio pandemico e post-pandemico.
  • Disparità educative: livelli di istruzione bassi espongono maggiore rischio di indigenza, con incidenze che scendono sensibilmente solo tra chi possiede almeno un diploma.
  • Crisi demografiche e familiari: l’innalzamento dell’età media, l’aumento di nuclei monoparentali, la diminuzione dei risparmi accumulati e la fragilità delle reti di sostegno generano maggiore esposizione alla precarietà economica.
  • Flussi migratori e fragilità degli stranieri: le famiglie straniere sono penalizzate da minori reti sociali, spesso bassissima intensità lavorativa e maggiore difficoltà di accesso ai servizi pubblici e alle prestazioni sociali.
  • Degrado abitativo e domanda sanitaria insoddisfatta: quote significative di persone in povertà sono senza casa, in alloggi temporanei, oppure in condizioni di disagio grave; aumentano anche le rinunce alle prestazioni sanitarie necessarie per ragioni economiche.

La povertà lavorativa: quando il lavoro non basta

Uno degli aspetti più inquietanti riguarda la diffusione della cosiddetta povertà lavorativa, che interessa un segmento sempre più ampio della popolazione attiva. Avere un’occupazione non equivale necessariamente a una condizione di benessere: il lavoro povero, spesso caratterizzato da precarietà, salari bassi e mancanza di tutele, coinvolge oggi oltre 1,2 milioni di lavoratori italiani. Nel 2024, il 10,3% degli occupati tra i 18 e i 64 anni si trova in situazione di rischio povertà, percentuale che cresce fino al 16,5% tra gli operai e scende al 2,8% tra dirigenti e impiegati. 


Questa crescita è alimentata soprattutto dai contratti a termine a tempo pieno (in aumento di circa il 20% in dodici mesi) e dalla diffusione di rapporti di lavoro part time non volontario. Le donne risultano particolarmente colpite, così come i giovani e i lavoratori delle regioni meridionali, per cui emergono particolarmente: 

  • Contratti instabili e sottoccupazione: la crescita delle forme atipiche e dei lavori temporanei alimenta l’area del disagio senza portare benefici consistenti nella riduzione dell’indigenza.
  • Fenomeno dei “lavoratori invisibili”: molte persone, pur lavorando, non hanno nemmeno il coraggio di chiedere aiuto, contribuendo a sottostimare le reali dimensioni del problema.