Il nuovo AI Act europeo classifica le applicazioni dell'intelligenza artificiale in base al rischio. E la normativa italiana?
L'intelligenza artificiale è entrata con forza anche nelle attività quotidiane di freelance, consulenti e microimprese individuali. Chi lavora con partita Iva in Italia ha oggi a disposizione strumenti per la gestione contabile, la scrittura automatizzata, la progettazione visiva, l'elaborazione di dati e persino l'interazione con i clienti. Dai software gestionali potenziati con moduli di machine learning alle piattaforme di customer service che integrano chatbot intelligenti, l'ecosistema tecnologico è in espansione. Ma se da un lato la tecnologia promette di velocizzare processi, ottimizzare tempi e ridurre i costi, dall'altro la sua applicazione non è priva di limiti giuridici e obblighi di trasparenza.
Secondo quanto stabilito dal disegno di legge italiano 1146 del 2024, approvato in Senato come parte della strategia nazionale per la gestione responsabile dell'IA, l'uso dell'intelligenza artificiale da parte dei professionisti è sì consentito, ma deve avvenire a supporto e non in sostituzione dell'attività intellettuale o specialistica. Il legislatore italiano ha chiarito che il lavoro del consulente, dell'ingegnere, del medico o dell'avvocato non può essere delegato integralmente a un algoritmo. L'IA può quindi assistere, generare bozze, produrre analisi, ma non può emettere pareri vincolanti, redigere contratti senza controllo umano o gestire in autonomia la relazione con il cliente. Questo significa che chi esercita un'attività professionale è obbligato a mantenere il controllo umano sulle decisioni finali, anche se decide di avvalersi di tecnologie predittive o generative. Capiamo meglio:
A livello italiano, i professionisti devono informare in modo chiaro e comprensibile i clienti dell'impiego dell'IA nel proprio lavoro, specificando se l'intervento dell'intelligenza artificiale è limitato a compiti preparatori, redazionali o organizzativi. In secondo luogo, qualsiasi contenuto generato o modificato da un sistema automatizzato deve essere dichiarato tale. A completare il quadro, la legge italiana prevede pene fino a cinque anni per chi diffonde contenuti generati da IA che violano la dignità delle persone o sono manipolati a fini lesivi, soprattutto in assenza di consenso esplicito da parte del soggetto rappresentato.
Nel concreto, un architetto può oggi utilizzare l'intelligenza artificiale per generare rendering tridimensionali di edifici, simulazioni di illuminazione e ottimizzazione energetica. Un avvocato può avvalersi di software che sintetizzano sentenze e suggeriscono strategie difensive, ma non può sostituire l'elaborazione giuridica del caso con l'output del sistema.
Un consulente del lavoro può far uso di strumenti che automatizzano il calcolo contributivo o che simulano scenari previdenziali, ma è chiamato a validare ogni risultato con la propria firma e responsabilità professionale. Anche i commercialisti e i fiscalisti stanno integrando sistemi intelligenti per l'analisi dei bilanci o la previsione del carico fiscale, ma la dichiarazione finale resta un atto imputabile esclusivamente alla persona fisica.
Per i freelance che operano nei settori digitali, della comunicazione, del design o della formazione, l'IA può essere un moltiplicatore di produttività e creatività.