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Airbag difettosi Citroen e DS, nuovi diritti e risarcimenti grazie sentenza tribunale 27 maggio 2025

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Una crisi di sicurezza sottovalutata

La decisione del tribunale ha aperto le porte a una azione collettiva promossa dalle principali associazioni dei consumatori.

Si apre una nuova pagina con la sentenza della Corte d'Appello di Torino del 27 maggio 2025 che ha confermato la responsabilità del gruppo PSA Italia - oggi parte di Stellantis - per i ritardi nella sostituzione degli airbag difettosi Takata. Un provvedimento che offre una possibilità di risarcimento ai proprietari di Citroen C3 e DS3 prodotte tra il 2009 e il 2019. La vicenda coinvolge quasi 180.000 veicoli in Italia, con implicazioni pesanti per la casa madre e diritti nuovi per migliaia di automobilisti che fino a ieri erano rimasti inascoltati. Facciamo il punto della situazione:

  • Una crisi di sicurezza sottovalutata
  • Chi ha diritto al risarcimento e come aderire
  • Il precedente che fa scuola

Una crisi di sicurezza sottovalutata

La questione degli airbag Takata è ben nota da anni. Già nel 2013, negli Stati Uniti, erano emersi i primi casi di incidenti mortali causati da malfunzionamenti del dispositivo di gonfiaggio che, invece di proteggere il guidatore, esplodeva lanciando frammenti metallici nell'abitacolo. Il difetto era stato collegato all'utilizzo di un composto chimico instabile all'interno dell'airbag, pericoloso in condizioni di forte umidità o variazioni termiche.

La campagna di richiamo ha coinvolto oltre 100 milioni di veicoli nel mondo. In Europa le reazioni sono state più lente e spesso frammentarie. In Italia, PSA ha avviato i richiami ufficiali nel 2021. Secondo quanto accertato dalla Corte d'Appello, migliaia di proprietari non sarebbero mai stati informati del rischio né invitati a sostituire gratuitamente il componente.

I giudici torinesi hanno stigmatizzato il comportamento dell'azienda e sottolineato come l'utilizzo esclusivo del PRA per l'invio delle comunicazioni non possa ritenersi sufficiente. Le case automobilistiche, hanno affermato, sono tenute a usare ogni strumento a disposizione per rintracciare i clienti, inclusa la consultazione degli archivi anagrafici e l'invio di raccomandate, SMS o e-mail. Il principio enunciato è chiaro: quando si tratta di sicurezza, non basta rispettare la forma, bisogna dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare un danno.

Chi ha diritto al risarcimento e come aderire

La decisione del tribunale ha aperto le porte a una azione collettiva promossa dalle principali associazioni dei consumatori, tra cui Codacons, Adusbef e Assourt. La class action è rivolta a tutti i proprietari di Citroën C3 e DS3 immatricolate tra il 2009 e il 2019, anche se nel frattempo il veicolo è stato rivenduto, demolito o il proprietario ha cambiato residenza. Il criterio è semplice: chiunque abbia subito un danno, un disagio o un rischio collegato al difetto dell'airbag, può partecipare.

La sentenza ha riconosciuto un diritto al risarcimento sia per chi non ha ricevuto alcuna comunicazione di richiamo, sia per chi ha dovuto attendere tempi lunghissimi per l'intervento. Il tribunale ha stabilito una penale di 20.000 euro per ogni giorno di ritardo oltre la scadenza del 31 gennaio 2025, da versare alle associazioni che rappresentano i consumatori. La retroattività della misura consente anche a coloro che hanno già sostenuto spese per la riparazione o che hanno subito una svalutazione del proprio veicolo di chiedere un indennizzo economico.

Il precedente che fa scuola

Questa vicenda, benché legata a un numero circoscritto di modelli e a un difetto specifico, ha un valore che va ben oltre il singolo caso. La pronuncia del tribunale di Torino ha stabilito un precedente giurisprudenziale molto forte ovvero il principio secondo cui la sicurezza dell'automobilista viene prima della burocrazia aziendale. Per il settore automotive, significa che d'ora in avanti le case costruttrici dovranno adottare standard molto più alti di trasparenza e diligenza nella gestione dei richiami, pena sanzioni e danni reputazionali.

L'altro aspetto che merita attenzione è il ruolo della giustizia civile nel bilanciare il rapporto tra consumatore e costruttore. Se prima era impensabile immaginare un'azione collettiva in ambito automobilistico in Italia, oggi le associazioni dei consumatori sono più attrezzate, i tribunali più sensibili e il cittadino è meno rassegnato.

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