Phishing bancario: quando le banche devono risarcire i clienti truffati secondo le sentenze più recenti. Diritti e tutele
La Corte di Cassazione ha stabilito che i clienti bancari che subiscono danni finanziari a causa di truffe informatiche, come il phishing, hanno diritto a un risarcimento a carico delle istituzioni finanziarie coinvolte, che possono essere le banche, le Poste o altri istituti che offrono servizi simili al conto corrente.
Questa decisione segue una serie di pronunce emesse da organi di arbitrato finanziario che hanno riconosciuto i reclami delle vittime di truffa, costringendo le istituzioni di credito a compensare i danni subiti dai clienti. Approfondiamo quali sono i casi e le condizioni in cui le banche sono obbligate a risarcire i clienti vittime di queste frodi digitali.
Il phishing, erroneamente categorizzato come un attacco informatico diretto, rappresenta in realtà una forma sofisticata di ingegneria sociale. In questa strategia fraudolenta, il malintenzionato non viola alcun sistema informatico attraverso vulnerabilità tecniche, ma sfrutta comunicazioni come email, SMS o telefonate per manipolare psicologicamente le vittime e ottenere le loro credenziali di accesso ad account, profili online o conti correnti.
Le comunicazioni fraudolente vengono realizzate con particolare attenzione per imitare sia il linguaggio che l'aspetto grafico delle comunicazioni ufficiali, spesso utilizzando anche indirizzi email o numeri telefonici che appaiono legittimi. Questi messaggi contengono generalmente:
La sentenza 3780 della Corte di Cassazione stabilisce un principio fondamentale: le istituzioni bancarie sono tenute ad adottare misure idonee e adeguate per prevenire o limitare l'uso fraudolento dei sistemi di pagamento elettronico. In caso contrario, potrebbero essere obbligate a risarcire i propri clienti che sono stati vittime di truffe attraverso il phishing.
Nel caso esaminato, la Corte Suprema ha respinto il ricorso presentato da Poste Italiane contro un individuo che era stato truffato tramite una email fraudolenta. Poste è stata quindi condannata, come stabilito dalla sentenza d'appello, al rimborso di 2.900 euro che erano stati sottratti dalla vittima da parte di alcuni hacker.
La sentenza non attribuisce una colpa automatica all'istituto bancario, in questo caso Poste, ma evidenzia una specifica negligenza. Secondo la Corte, la banca non avrebbe adottato tutte le misure necessarie per prevenire l'accaduto, sia in termini di informazione preventiva ai clienti che di implementazione di adeguati sistemi di sicurezza informatica.
In future controversie, solo quando la difesa della banca sarà in grado di dimostrare la colpa grave dell'utente nell'attuare la truffa, l'istituto potrà essere esonerato dall'obbligo di restituire i fondi sottratti tramite phishing dal conto corrente del cliente.
Per evitare responsabilità in caso di frodi, gli istituti bancari devono implementare diverse misure di sicurezza, in linea con quanto previsto dalla normativa europea e italiana:
La direttiva PSD2 (Payment Services Directive 2), recepita in Italia con il D.Lgs. 218/2017, impone agli istituti di credito l'adozione di sistemi di autenticazione forte del cliente (Strong Customer Authentication - SCA), che prevede la verifica dell'identità dell'utente attraverso almeno due dei seguenti elementi:
Oltre alla sentenza 3780 della Cassazione, numerose altre pronunce hanno delineato i contorni della responsabilità bancaria nei casi di phishing:
Il Tribunale di Ragusa, con sentenza n. 420 del 7 marzo 2024, ha affermato la responsabilità della banca che, pur essendo a conoscenza dell'illegittima sottrazione di credenziali e password ai danni del cliente, non abbia cautelativamente e immediatamente provveduto al blocco del conto corrente.
La Cassazione, con sentenza n. 7214 del 13 marzo 2023, ha invece esonerato la banca da responsabilità in un caso in cui il cliente aveva agito con grave negligenza, fornendo volontariamente le proprie credenziali attraverso un sito palesemente ingannevole.
L'Arbitro Bancario Finanziario (ABF), nelle sue decisioni, ha stabilito che:
La Cassazione ha stabilito che la responsabilità della banca viene esclusa in presenza di una colpa grave dell'utente. Questa può manifestarsi in diverse forme:
Tuttavia, l'onere della prova della colpa grave del cliente resta sempre a carico della banca, che deve dimostrare non solo l'esistenza di tali comportamenti, ma anche il nesso causale con l'operazione fraudolenta.