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Fallimento Banca Popolare di Vicenza, chi sono i tanti italiani che non saranno pagati e le possibilità di ricorso

di Marcello Tansini pubblicato il
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Il fallimento della Banca Popolare di Vicenza ha lasciato numerosi creditori senza rimborso. Analizziamo liquidazione, crediti, figure coinvolte, criteri di esclusione e il ruolo di Intesa Sanpaolo e dello Stato, tra azioni legali e prospettive future.

Il dissesto che ha colpito la Banca Popolare di Vicenza nel giugno 2017 ha rappresentato uno dei momenti più delicati e complessi della storia bancaria italiana recente. Migliaia di risparmiatori, investitori e soggetti economici sono stati coinvolti in una crisi che ha scosso profondamente il tessuto produttivo e sociale del territorio. Il percorso di liquidazione amministrativa coatta ha subito portato in primo piano la questione del rimborso dei creditori, stimolando un acceso dibattito tra aspettative e realtà normative.

Oggi, a quasi otto anni dall’inizio della procedura, il quadro che emerge per i soggetti che avevano presentato richiesta di riconoscimento dei crediti appare segnato da incertezza e delusione. Nonostante l’impegno profuso dai commissari liquidatori nella gestione delle istanze, le prospettive per la maggior parte dei creditori risultano purtroppo molto limitate. 

Le procedure di liquidazione e l’ammontare dei crediti riconosciuti

L’apertura della liquidazione coatta amministrativa ha attivato un articolato processo di ricezione, valutazione e classificazione degli importi reclamati dagli aventi diritto. Le istanze di insinuazione al passivo depositate, a livello aggregato per entrambe le banche venete interessate dalla crisi, si sono attestate oltre le 41 mila unità, per un controvalore complessivo di circa 5,6 miliardi di euro.

Analizzando nel dettaglio la situazione della Popolare di Vicenza, sono emerse più di 28 mila richieste per circa 3 miliardi, suddivisi principalmente tra crediti chirografari e privilegiati. Tuttavia, l’esame istruttorio ha comportato l’esclusione di molte pratiche ritenute duplicate, incoerenti o non conformi ai criteri richiesti dalla normativa. Il numero effettivo di creditori riconosciuti si è quindi ridotto a circa 18.770 soggetti, con l’ammissione effettiva di poco più della metà delle istanze.

Nel dettaglio si rileva che:

  • I crediti complessivamente ammessi al passivo sono scesi sotto la soglia dei 2,4 miliardi di euro.
  • Circa 1,2 miliardi riconosciuti come crediti chirografari legati alle pretese degli azionisti (tra richieste in contenzioso e posizioni riservate);
  • 587 milioni provenienti da obbligazionisti subordinati e altre tipologie di strumenti finanziari;
  • 196 milioni considerati come privilegiati, e solo 2 milioni in prededuzione.
La tabella seguente sintetizza l’ammontare delle istanze e dei crediti accettati:
Categoria Numero istanze Importo (mln €)
Richieste totali 28.000+ 3.000
Ammesse al passivo ≈ 15.000 2.000
Obbligazionisti subordinati 12.000+ 587
Altri creditori 845 370

Chi sono i creditori: azionisti, obbligazionisti e altri soggetti coinvolti

All’interno della complessa procedura avviata per la Banca Popolare di Vicenza, la platea dei creditori è risultata estremamente variegata e rappresentativa di una vasta tipologia di soggetti. Le principali categorie emerse sono le seguenti:

  • Azionisti: rappresentano il gruppo più numeroso, soprattutto fra coloro che hanno lamentato violazioni nella vendita dei titoli dell’istituto. Molti hanno perso risparmi accumulati in anni di attività ed hanno presentato richieste di insinuazione in relazione a pratiche considerate scorrette avvenute tra il 2013 e il 2015, inclusi aumenti di capitale e campagne di collocamento.
  • Obbligazionisti subordinati: costituiti da investitori che hanno sottoscritto strumenti finanziari caratterizzati da elevato rischio e postergazione nei pagamenti. Si tratta in buona parte di risparmiatori privati intervenuti in varie emissioni, arrivando a oltre 12 mila istanze per quasi 600 milioni di euro.
  • Altri creditori: tale gruppo include soggetti diversi dalle prime due categorie, come fornitori, dipendenti, consulenti e società di servizi, che hanno vantato diritti per forniture non saldate, emolumenti e varie prestazioni professionali contrattualizzate prima della crisi.
Oltre a queste componenti, un ruolo marginale ma presente riguarda gli intermediari e altri istituti finanziari che si erano resi garanti, beneficiari di protezioni o coinvolti in operazioni complesse. Per alcune categorie, come i titolari di obbligazioni “in bonis” non formalmente insinuate, sono state trasmesse certificazioni di possesso tramite gli intermediari.

L’analisi dettagliata delle richieste mostra tuttavia un denominatore comune: la maggior parte dei soggetti, soprattutto i piccoli risparmiatori, difficilmente vedrà soddisfatta la propria posizione.

Motivi dell’esclusione dei rimborsi e priorità di pagamento

L’attività istruttoria svolta dai commissari liquidatori ha portato a una sostanziale selezione delle domande, tanto sul piano quantitativo quanto qualitativo. I principali motivi di esclusione e il sistema delle priorità si articolano in questo modo:

  • Transazioni tombali firmate nel 2017: determinati soci avevano sottoscritto accordi di chiusura con le due banche, prevedendo la rinuncia a qualsiasi ulteriore pretesa economica. Tali soggetti non sono stati ammessi a nuovi rimborsi.
  • Periodo di acquisto non incluso: crediti relativi a titoli acquisiti fuori dai parametri temporali fissati (1 gennaio 2013 - 31 marzo 2015) non sono stati riconosciuti.
  • Duplicati o errori formali: istanze presentate più volte o non conformi ai requisiti richiesti dal bando.
Sul fronte delle priorità nei pagamenti, la legge prevede che:
  • Si soddisfino anzitutto i crediti privilegiati e in prededuzione, determinando una scala di soddisfacimento inferiore per i crediti chirografari, tipici dei risparmiatori e degli investitori al dettaglio.
  • I crediti garantiti da Intesa Sanpaolo e dallo Stato (relativi a prestiti ponte, contributi alla liquidazione e oneri di ristrutturazione) vengano rimborsati prima di ogni altro soggetto.
Il risultato di tale impostazione è che, come periodicamente chiarito nelle relazioni annuali dei commissari, "non sono ravvisabili concrete prospettive di soddisfacimento dei creditori" diversi dai primi due beneficiari. Così, la quasi totalità dei piccoli investitori resta esclusa dalla possibilità di ottenere somme residue.

Il ruolo di Intesa Sanpaolo e dello Stato nella restituzione dei fondi

La crisi aveva richiesto l’intervento diretto delle istituzioni pubbliche e di Intesa Sanpaolo sotto due principali profili: salvataggio immediato degli sportelli e copertura degli squilibri. Intesa Sanpaolo ha erogato significativi prestiti garantiti dallo Stato per assicurare la continuità operativa nel post-liquidazione, pari a circa 3,2 miliardi per BpVi e 3,1 miliardi per Veneto Banca.

Contemporaneamente, lo Stato italiano ha sostenuto l’onere di ristrutturazione e capitale, riversando cifre nell’ordine di altri 2,4 miliardi e 2,3 miliardi destinati a garantire la stabilità delle procedure e la tutela sistemica del settore creditizio.

Azioni legali, opposizioni e prospettive future per i creditori

Per i soggetti esclusi dalla lista dei beneficiari o per chi ritiene ingiustificato il diniego, la normativa offre la possibilità di presentare opposizione entro 15 giorni dalla comunicazione ufficiale della decisione. Si tratta di una procedura giuridica ordinaria, con tempi e modalità dettati dalla disciplina fallimentare e sottoposta a esame da parte delle sezioni competenti dei tribunali civili.

Parallelamente, rimane aperto il fronte delle azioni legali già avviate in passato. I commissari liquidatori stanno proseguendo le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori e revisori dell’istituto per tutelare le ragioni della massa creditoria residua. Risultano in corso sia giudizi istruttori, sia iniziative atte a preservare l’integrità patrimoniale dei convenuti. Ancora, si segnalano ricorsi pendenti in Cassazione in merito alla dichiarazione di insolvenza della società, che potrebbero ridefinire alcuni profili chiave della vicenda.

Nonostante l’intenso lavoro svolto e la presenza di procedure giudiziarie di vario genere, al momento le prospettive concrete di un ristoro per i creditori, specie tra piccoli risparmiatori e investitori retail, rimangono estremamente ridotte.

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