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Record chiusure negozi in città nei prossimi anni. I più a rischio, i motivi e soluzioni possibili

di Marcello Tansini pubblicato il
Motivi e soluzioni possibili

Nelle città italiane cresce l'allarme per la chiusura record di negozi: un fenomeno che minaccia il tessuto urbano e sociale, spinto da molteplici cause e che coinvolge in particolare alcuni settori.

Il fenomeno della desertificazione urbana trova oggi nuova attualità nell'ultimo rapporto di Confcommercio, che evidenzia numeri allarmanti: negli ultimi dodici anni, oltre 140mila attività del commercio al dettaglio sono scomparse fra negozi fisici e ambulanti. La situazione appare particolarmente grave nei centri storici e nei piccoli comuni, dove il bilancio negativo delle chiusure continua a sovrastare le nuove aperture.

Questa tendenza sembra destinata a protrarsi, con la previsione di ulteriori 114mila esercizi a rischio entro il 2035: se non si porrà rimedio con efficaci strategie urbanistiche e politiche dedicate, molte aree urbane potranno trasformarsi in vere e proprie "città fantasma". Il rischio non riguarda solo la scomparsa di attività economiche, ma anche la qualità della vita dei cittadini, la sicurezza e il senso di comunità nei quartieri.

Le cause della chiusura dei negozi nelle città italiane

L'analisi di questa evoluzione mette in luce una molteplicità di fattori che hanno concorso al declino del commercio di vicinato. Al centro delle problematiche figura l'avanzata inarrestabile dell'e-commerce, il progressivo cambio nelle abitudini dei consumatori e una crescita debole della domanda interna.

  • Diffusione degli acquisti online: La rapidissima affermazione di piattaforme digitali come Amazon, Temu e Shein ha inciso profondamente sul modello di consumo. Dalla vendita di libri e giocattoli, l'assortimento online si è esteso a settori come abbigliamento, accessori e dispositivi tecnologici, sottraendo clientela ai negozi tradizionali.
  • Squilibrio tra nuove aperture e chiusure: Negli ultimi dodici anni, il numero di nuove iniziative commerciali non ha compensato le serrande abbassate. Il turnover negativo ha reso impossibile per molte realtà storiche rinnovarsi e sopravvivere, anche a causa di costi fissi sostenuti e ridotta affluenza di clienti.
  • Carenza di politiche pubbliche efficaci: Investimenti insufficienti nella rigenerazione di periferie e borghi, insieme a un quadro normativo percepito come poco favorevole dagli operatori, hanno contribuito al deterioramento del tessuto commerciale. Mancano spesso incentivi strutturali per favorire l'apertura di nuovi esercizi o la riconversione dei locali sfitti.
  • Effetti demografici e fenomeni migratori: Spostamenti della popolazione giovane verso metropoli o all'estero e calo dei residenti nei centri più piccoli limitano il bacino di consumatori potenziali, acuendo la crisi delle attività minori. Questi fattori sono aggravati dall'invecchiamento della popolazione e dalla diminuzione della propensione alla spesa.
  • Peso dei grandi centri commerciali e della GDO: La concentrazione dell'offerta nei poli della grande distribuzione e nei discount ha eroso la clientela dei negozi indipendenti, già messi in difficoltà dalla pressione concorrenziale delle piattaforme online.
A tutto ciò si somma la crisi dei flussi turistici tradizionali e una polarizzazione dell'offerta commerciale verso tipologie di servizio diverse, come la ristorazione e le attività ricettive. La conseguenza è una presenza sempre maggiore di minimarket, fast food e B&B, che trasformano il volto delle città e lasciano indietro le tipiche realtà artigianali e commerciali locali.

I settori e le città più colpiti: analisi dei dati e previsioni fino al 2035

I dati più recenti delineano un quadro dettagliato della desertificazione commerciale, con profonde differenze tra tipologie di attività e territori. Le stime Confcommercio documentano che, fra il 2012 e il 2024, i negozi tradizionali in sede fissa sono diminuiti di quasi 118mila unità. A questi si aggiungono oltre 23mila attività ambulanti in meno:

Settore

Variazione % (2012-2024)

Distributori di carburante

-42,2%

Articoli culturali e ricreativi

-34,5%

Commercio non specializzato

-34,2%

Mobili e ferramenta

-26,7%

Abbigliamento e calzature

-25%

Al contrario, il comparto della ristorazione ha segnato una crescita del 17,1%, mentre le nuove strutture ricettive hanno segnato aumenti oltre il 90%. Rimane stabile o in lieve crescita il settore delle farmacie e dei negozi di elettronica di consumo.

Dal punto di vista territoriale, le città medio-grandi del Centro-Nord risultano fra le più esposte, con rischi di riduzioni fino al 38% della rete commerciale entro il 2035. Ancona, Trieste e Ravenna sono tra i comuni che potrebbero assistere alla scomparsa di circa un terzo dei negozi di vicinato, mentre Umbria, Piemonte, Veneto e Lombardia emergono anche per l'elevato numero di locali sfitti. In queste regioni, più di un negozio su cinque è oggi vuoto.

La densità commerciale, rilevata dal rapporto tra attività e popolazione residente, mette in risalto criticità anche nelle aree meridionali, dove il calo è generalmente meno marcato ma spesso dovuto alla riduzione demografica o a una minore incidenza dell'e-commerce.

L'impatto sociale ed economico della desertificazione commerciale urbana

Il rischio di avere aree urbane svuotate di attività di vicinato va ben oltre la sfera economica, coinvolgendo aspetti sociali e culturali. La chiusura dei negozi determina una serie di effetti a catena sulla quotidianità degli abitanti e sulla sostenibilità delle comunità locali:

  • Perdita di servizi essenziali e prodotti di prossimità: Le attività commerciali di quartiere garantiscono accesso rapido a beni primari e servizi utili per i residenti, soprattutto per le fasce deboli della popolazione o chi ha mobilità ridotta. La loro scomparsa costringe a spostamenti più lunghi e meno efficaci.
  • Impatto sulla coesione sociale: La presenza di negozi rappresenta spesso un presidio di socialità e sicurezza. Ogni serranda abbassata significa meno occasioni di incontro, meno presidi di legalità e un maggiore rischio di degrado.
  • Diminuzione dell'attrattività urbana: Quartieri privi di attività commerciali sono meno appetibili sia come luogo di residenza sia come meta per turisti e visitatori, con riflessi negativi sul valore immobiliare degli immobili e sulla vivacità degli spazi pubblici.
  • Ampio impatto sul lavoro: L'indebolimento del commercio al dettaglio comporta perdita di posti di lavoro e minore opportunità d'impiego soprattutto per giovani, donne e famiglie che storicamente trovavano occupazione in questi settori. Parallelamente, aumentano le diseguaglianze territoriali e sociali.
  • Dispersione della cultura locale: La progressiva scomparsa di botteghe storiche, mercerie, negozi artigianali o di quartiere mette a rischio anche il patrimonio immateriale e le tradizioni di interi territori.
L'accumulo di negozi sfitti determina inoltre un effetto domino sulla vivibilità urbana complessiva, incrementando fenomeni di abbandono e insicurezza che possono risultare difficili da invertire.

Soluzioni e progetti per il rilancio del commercio urbano: il ruolo del progetto Cities e le proposte Confcommercio

Per invertire il percorso occorrono strategie coordinate su più livelli istituzionali e capacità di innovare nelle pratiche urbane. Confcommercio propone una piattaforma di interventi integrati per affrontare la desertificazione commerciale, articolata in cinque direttive:

  • Agenda Urbana Nazionale condivisa: Creazione di un piano di azione tra Governo, Regioni e Comuni per rigenerare i centri urbani e armonizzare le politiche urbane per il commercio di prossimità.
  • Rafforzamento dei Distretti Urbani dello Sviluppo Economico: Sviluppo di reti locali tra amministrazioni e operatori con regole omogenee e obiettivi minimi comuni, stimolando investimenti e innovazione nelle aree più fragili.
  • Patti per la riattivazione degli esercizi sfitti: Promozione di accordi per il riutilizzo dei locali vuoti tramite canoni calmierati e incentivi coordinati, mobiliando risorse pubbliche e private e favorendo la nascita di nuove imprese.
  • Sostegno del welfare territoriale: Implementazione di piattaforme digitali che consentano di spendere crediti locali presso negozi fisici e servizi di prossimità, incentivando la domanda interna.
  • Promozione della logistica urbana sostenibile: Adozione di sistemi integrati e attenzioni all'ambiente nella gestione delle consegne e dell'organizzazione urbana legata ai commerci.
Punto centrale delle strategie avanzate è il progetto Cities di Confcommercio, progettato per agire sulla riqualificazione delle aree in declino, valorizzando la presenza delle attività di prossimità e migliorando la qualità della vita degli abitanti. L'esperienza nei Distretti, in vigore dagli anni '90 e ora al centro di una riflessione nazionale, dimostra che la collaborazione tra enti pubblici e privati può ridare slancio ai quartieri, anche attraverso politiche fiscali più eque, accesso agevolato al credito e incentivi per la transizione economica.