La Commissione europea rivede al ribasso le stime di crescita per l'Italia e l'Eurozona nel 2025-2026. L'analisi approfondisce impatti su deficit, debito, inflazione e fattori macroeconomici, confrontando i principali Paesi UE.
La Commissione europea ha diffuso oggi nuove valutazioni sullo scenario macroeconomico per l’Unione europea e per l’Italia, delineando un quadro caratterizzato da moderazione degli incrementi del Pil, in particolare per il nostro Paese. Le attese per il prossimo biennio segnalano una crescita contenuta, inferiore rispetto alle precedenti previsioni, sia per l’Italia sia per l’intera Eurozona, mettendo in luce elementi di debolezza strutturale e incertezza legati all’evoluzione internazionale.
Nel contesto delineato, le attese di crescita per i prossimi anni restano positive ma sottotono, e il confronto tra Italia e partners europei mostra differenze significative nella capacità di reazione e nelle performance previste, evidenziando la necessità di politiche convergenti e di rafforzamento della competitività.
Le previsioni autunnali della Commissione europea illustrano un ridimensionamento delle stime sia per il Pil italiano che per quello della media europea. Il Pil dell’Italia è atteso in crescita dello 0,4% nel 2025, in diminuzione rispetto allo 0,7% stimato nella primavera, e dello 0,8% nel 2026 (dallo 0,9% precedente). Questa revisione riflette le difficoltà nel recupero del ritmo pre-pandemico, accentuate dalla debolezza della domanda interna e dalle incertezze legate allo scenario internazionale e ai rapporti commerciali globlali.
Nell’Eurozona, dopo una ripresa dei primi tre trimestri del 2025 superiore alle attese (+1,3%), si prevede che il 2026 sarà caratterizzato da un incremento dell’1,2%, leggermente inferiore rispetto alle stime precedenti. Per l’intera Unione europea la crescita dovrebbe attestarsi all’1,4% nel 2026, segnalando quindi una differenza in positivo rispetto al dato italiano.
Il rilievo di queste proiezioni emerge anche nella prospettiva di medio termine: per il 2027 l’Italia si riconferma nella fascia bassa dei Paesi Ue per tasso di crescita, insieme alla Francia e alla Germania, mentre Spagna, Irlanda e Malta guidano il gruppo con performance più dinamiche. Gli investimenti sostenuti dal Recovery Fund e dal Fondo di coesione europea restano elementi centrali a sostegno della crescita, affiancati da misure strutturali e nuove riforme. Tuttavia, l’impatto positivo degli stimoli europei appare attenuato da un quadro di debolezza generale e da fattori esogeni che gravano sulle prospettive del commercio internazionale.
Il confronto tra le stime della Commissione e i dati inseriti nel Documento programmatico di bilancio del Governo evidenzia una tendenza comune al realismo: il governo stima lo 0,7% nel 2026 e lo 0,8% nel 2028, in linea con la visione di Bruxelles. In sintesi, se la zona euro mostra segnali di ripresa moderata, l’Italia si ritrova a fronteggiare sfide aggiuntive nel cammino verso una crescita più sostenuta e omogenea.
Il tema della solidità delle finanze pubbliche rappresenta uno degli snodi principali nelle valutazioni europee. Nel 2025, il rapporto deficit/Pil dell’Italia è atteso al 3%, per scendere al 2,8% nel 2026 e al 2,6% nel 2027. Questi valori si collocano attualmente sotto le soglie di guardia indicate dai trattati europei, rispondendo agli impegni strutturali assunti dal Paese nell’ambito del nuovo Patto di stabilità.
I dati ufficiali delineano inoltre una progressiva diminuzione del disavanzo, confermata sia dal Documento programmatico di bilancio italiano sia dal confronto con altri partner dell’Unione. Per quanto concerne il debito, la Commissione europea prevede per l’Italia un indice in salita: dal 136,4% del Pil nel 2025, al 137,9% nel 2026, con leggera flessione al 137,2% nel 2027.
In una prospettiva comparata:
Numerosi elementi condizionano le prospettive dell’economia europea. La persistente volatilità delle relazioni internazionali rappresenta uno dei fattori più incisivi sul sentiment degli operatori economici. La Commissione europea segnala nella relazione autunnale che la fragilità delle politiche commerciali costituisce un rischio al ribasso per la crescita: dazi, restrizioni e incertezze sulle intese internazionali hanno potenzialità di incidere negativamente sulle esportazioni e sulla domanda aggregata.
In particolare:
Il profilo macroeconomico dell’Unione europea nei prossimi anni sarà caratterizzato da una dinamica inflazionistica in graduale riduzione e da una sostanziale tenuta del mercato del lavoro. L’inflazione media nell’eurozona, secondo le ultime stime Eurostat, scenderà all’1,9% già a metà 2025, per attestarsi sotto il 2% nel 2026; valori simili si prevedono per l’intera Ue. Tra le cause della discesa dei prezzi figurano l’abbassamento dei costi energetici e la parziale normalizzazione degli approvvigionamenti globali.
Per ciò che concerne il lavoro:
Le nuove stime della Commissione e dei principali istituti di ricerca mettono a confronto performance eterogenee nei maggiori Paesi europei. La Germania, principale economia del continente, mostra un profilo di “crescita piatta” nel 2025 (+0,4%) per poi accelerare leggermente (+1,2%) nel 2026, sostenuta dal rilancio degli investimenti infrastrutturali e di iniziative industriali pubbliche e private.
La Francia, invece, secondo Fitch, dovrà affrontare un aggravio del debito e una revisione al ribasso del rating, mentre le prospettive di crescita rimangono contenute nell’ordine dell’1-1,3% tra il 2025 e il 2026. La Spagna si conferma tra i Paesi più dinamici, trainando la media europea con una crescita superiore al 2% nei prossimi due anni, favorita dalla resilienza della domanda interna e da una maggiore diversificazione delle esportazioni.
Il quadro si completa con la performance di Irlanda e Malta, che mostrano i ritmi più elevati in termini di Pil, grazie all’integrazione nei circuiti globali delle economie digitali e dei servizi avanzati. Questi dati sottolineano la necessità per l’Italia di rafforzare l’attrattività per gli investimenti e l’innovazione al fine di recuperare il gap con i partner continentali, soprattutto replicando modelli basati su riforme strutturali e competitività globale.
Nonostante il rallentamento generale, il contesto europeo offre linee di sviluppo promettenti per chi saprà innovare e consolidare la presenza internazionale. Dai report di investitori istituzionali e market analyst europei emerge una convergenza sugli ambiti ritenuti più strategici: