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Ricostruzione Gaza e della Striscia, un business miliardario. Quali nazioni e aziende parteciperanno (Italia compresa)

di Marcello Tansini pubblicato il
Israele e Palestina

La ricostruzione della Striscia di Gaza si profila come una sfida globale dalle enormi implicazioni economiche, politiche e umanitarie: dagli interessi delle grandi potenze al ruolo di Italia, istituzioni e multinazionali.

Le devastazioni dell'ultimo conflitto hanno reso essenziale un intervento di portata globale per la ricostruzione della Striscia di Gaza, mobilitando risorse, aziende e governi per un valore stimato che ha già oltrepassato gli 80 miliardi di dollari.

L'attenzione si concentra su chi guiderà i lavori, quali Paesi potranno accedere alle commesse e sul potenziale impatto economico per le società coinvolte. Le istituzioni internazionali, insieme agli attori pubblici e privati, si contendono una posizione in prima linea nella ridefinizione economica e sociale di uno dei territori più fragili e strategici del Mediterraneo.

Le prime gare internazionali e gli attori istituzionali coinvolti

Con il primo cessate il fuoco sono già partite diverse gare pubbliche internazionali, promosse da organizzazioni come Undp-Papp (Programma delle Nazioni Unite per l'assistenza al popolo palestinese) e l'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il focus iniziale riguarda soluzioni rapide, tra cui la fornitura e installazione di unità prefabbricate per servizi essenziali, la cui scadenza è fissata al 20 ottobre 2025. Parallelamente, la fornitura di apparecchiature medicali destinate agli ospedali palestinesi è in corso con bandi che si chiuderanno a metà ottobre:

  • Banca Mondiale: ha pubblicato il Procurement Plan 2025-2027 per la riforma del sistema sanitario in Cisgiordania e Gaza, con un valore complessivo di 170 milioni di dollari.
  • Commissione Europea: in via di approvazione la nascita della "Eu Gaza Facility" per coordinare circa 1,6 miliardi di euro provenienti dalla Banca Europea per gli Investimenti e da agenzie nazionali nei settori energia, acqua e gestione dei rifiuti.
  • La World Bank e l'UE gestiscono un trust fund congiunto che rappresenta il primo capitolo del piano di ricostruzione. Si è passati da uno stanziamento di 53 miliardi (febbraio 2025) a una previsione di 80 miliardi di dollari.
Tali iniziative coinvolgono governi e soggetti privati in una rete multilivello, chiamata a gestire tanto le urgenze quanto la pianificazione a lungo termine.

Priorità nei settori sanitari, energetici e digitali: progetti e finanziamenti

Gli interventi prioritari individuati dalle agenzie multilaterali e dalla comunità donatrice dopo la pace tra Israele e Palestina riguardano i servizi sanitari, energetici e la digitalizzazione. In particolare, il piano di riforma del sistema sanitario comprende 27 bandi per infrastrutture, sistemi informativi, forniture di apparecchiature e programmi di formazione tecnica. Sono previsti fondi specifici per la riabilitazione di tre principali ospedali e l'aggiornamento delle tecnologie mediche:

  • Installazione di impianti fotovoltaici e sistemi di back-up energetico, per garantire autonomia e resilienza alle strutture ospedaliere.
  • Realizzazione di piattaforme di telemedicina, digitalizzazione del network sanitario e implementazione dell'Health Information System.
  • Fornitura di dispositivi diagnostici, materiali clinici e strumenti digitali per la gestione e la distribuzione di farmaci e trattamenti.
Il finanziamento di questi settori è assicurato da fondi congiunti UE-Banca Mondiale, che rappresentano la spina dorsale finanziaria delle prime fasi della ricostruzione. L'obiettivo è coordinare investimenti infrastrutturali che rendano stabili i servizi essenziali e aprano il mercato a soggetti specializzati sia pubblici che privati.

Il piano immobiliare e il ruolo delle grandi potenze: dagli Stati Uniti a Israele

Tra i progetti più discussi compare quello immobiliare, promosso in modo visibile dagli Stati Uniti e sostenuto da Israele. Donald Trump e il suo entourage, in particolare Jared Kushner, hanno teorizzato la conversione della costa di Gaza in una "Riviera" mediorientale con grattacieli, resort di lusso e altre infrastrutture di alto profilo. Questo progetto, oggetto di forti controversie internazionali, presume la disponibilità a investire miliardi di dollari nella riprogettazione urbana della regione.

Una tabella sintetizza i principali interessi e le stime economiche:

Attore

Interesse dichiarato

Stimato investimento

USA (Trump, Kushner)

Piano immobiliare di lunga durata, hotel e resort

Fino a 40-80 miliardi $

Israele

Sicurezza, presenza tecnologica e controllo dei confini

Quote variabili di gestione appalti

UE e agenzie ONU

Stabilizzazione, aiuti umanitari, cofinanziamento infrastrutture

Oltre 1,6 miliardi € + fondi World Bank

Il coinvolgimento di Tel Aviv non si limita all'aspetto securitario: documenti e dichiarazioni ufficiali rivelano un approccio attivo nella definizione dei business plan relativi a immobili e infrastrutture nella Striscia, spesso in partnership - oppure in concorrenza - con le iniziative americane. Tuttavia, la pianificazione incontra resistenze legate alla perdita di sovranità palestinese e alle tensioni con i principali Paesi arabi.

Chi guida la ricostruzione: Blair, Kushner e il nuovo Consiglio della Pace

La governance della ricostruzione vede emergere figure come Tony Blair, già incaricato dagli Stati Uniti nel contesto iracheno, e Jared Kushner, architetto degli Accordi di Abramo. Il piano prevede la creazione di un Consiglio internazionale - noto come "Consiglio della Pace" - cui spetterà amministrare l'enorme flusso di capitali e supervisionare la rinascita del territorio:

  • Tony Blair: coordinatore operativo e referente diplomatico per i contatti con società private e istituzioni multilaterali.
  • Jared Kushner: snodo tra governo Trump e investitori internazionali, già protagonista nella normalizzazione dei rapporti tra Israele e diversi Paesi arabi.
  • Altri membri candidati: Aryeh Lightstone, Sigrid Kaag, Marc Rowan e Naguib Sawiris, scelti per la loro esperienza nei settori della finanza, della filantropia e della diplomazia internazionale.
Tale struttura punta a gestire in modo tecnico e politico i flussi finanziari per la gestione diretta dei progetti: dagli appalti immobiliari alle infrastrutture sanitarie e digitali. Tuttavia, permangono interrogativi sulla durata dei poteri del Consiglio e sul reale coinvolgimento palestinese nel futuro assetto amministrativo.

Il coinvolgimento italiano: opportunità per aziende e istituzioni

L'Italia si posiziona come protagonista di nuove opportunità economiche e industriali in fase di ricostruzione. Il Ministero degli Esteri ha ribadito la partecipazione attiva delle imprese italiane, puntando sulle competenze acquisite in progetti internazionali di grandi dimensioni. I nomi di società come Buzzi, Cementir, Webuild, Saipem, Maire e Ansaldo Energia risultano già tra i possibili beneficiari delle prime gare indette da organismi multilaterali:

  • Buzzi: forniture di cemento e materiali da costruzione.
  • Webuild: grandi opere infrastrutturali, ricostruzione di viadotti e ospedali.
  • Saipem e Maire: sviluppo del settore energetico e impiantistico.
Queste occasioni potrebbero comportare un aumento di fatturato per le aziende selezionate, mentre il sistema-Italia auspica ricadute positive anche in termini di occupazione e consolidamento del know-how nel settore delle ricostruzioni post-belliche.

Le monarchie del Golfo - in particolare Arabia Saudita, Emirati e Qatar - si profilano tra i principali finanziatori della futura Gaza, indirizzando consistenti flussi di capitale privato verso il rilancio immobiliare e industriale della regione. Questa mobilitazione serve anche ad assicurare una maggiore influenza geopolitica e a normalizzare i rapporti con Israele nell'ambito degli Accordi di Abramo.

L'attrazione di multinazionali è incentivata dall'enorme valore atteso degli investimenti e dalla possibilità di mettere a frutto brevetti tecnologici e competenze ingegneristiche. Tuttavia, la presenza di interessi divergenti tra Paesi arabi rischia di innescare rivalità nella distribuzione dei profitti economici, costringendo a negoziati serrati e concessioni geopolitiche tra Egitto, Turchia, Qatar e Arabia Saudita.