La ricostruzione della Striscia di Gaza si profila come una sfida globale dalle enormi implicazioni economiche, politiche e umanitarie: dagli interessi delle grandi potenze al ruolo di Italia, istituzioni e multinazionali.
Le devastazioni dell'ultimo conflitto hanno reso essenziale un intervento di portata globale per la ricostruzione della Striscia di Gaza, mobilitando risorse, aziende e governi per un valore stimato che ha già oltrepassato gli 80 miliardi di dollari.
L'attenzione si concentra su chi guiderà i lavori, quali Paesi potranno accedere alle commesse e sul potenziale impatto economico per le società coinvolte. Le istituzioni internazionali, insieme agli attori pubblici e privati, si contendono una posizione in prima linea nella ridefinizione economica e sociale di uno dei territori più fragili e strategici del Mediterraneo.
Con il primo cessate il fuoco sono già partite diverse gare pubbliche internazionali, promosse da organizzazioni come Undp-Papp (Programma delle Nazioni Unite per l'assistenza al popolo palestinese) e l'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il focus iniziale riguarda soluzioni rapide, tra cui la fornitura e installazione di unità prefabbricate per servizi essenziali, la cui scadenza è fissata al 20 ottobre 2025. Parallelamente, la fornitura di apparecchiature medicali destinate agli ospedali palestinesi è in corso con bandi che si chiuderanno a metà ottobre:
Gli interventi prioritari individuati dalle agenzie multilaterali e dalla comunità donatrice dopo la pace tra Israele e Palestina riguardano i servizi sanitari, energetici e la digitalizzazione. In particolare, il piano di riforma del sistema sanitario comprende 27 bandi per infrastrutture, sistemi informativi, forniture di apparecchiature e programmi di formazione tecnica. Sono previsti fondi specifici per la riabilitazione di tre principali ospedali e l'aggiornamento delle tecnologie mediche:
Tra i progetti più discussi compare quello immobiliare, promosso in modo visibile dagli Stati Uniti e sostenuto da Israele. Donald Trump e il suo entourage, in particolare Jared Kushner, hanno teorizzato la conversione della costa di Gaza in una "Riviera" mediorientale con grattacieli, resort di lusso e altre infrastrutture di alto profilo. Questo progetto, oggetto di forti controversie internazionali, presume la disponibilità a investire miliardi di dollari nella riprogettazione urbana della regione.
Una tabella sintetizza i principali interessi e le stime economiche:
Attore |
Interesse dichiarato |
Stimato investimento |
USA (Trump, Kushner) |
Piano immobiliare di lunga durata, hotel e resort |
Fino a 40-80 miliardi $ |
Israele |
Sicurezza, presenza tecnologica e controllo dei confini |
Quote variabili di gestione appalti |
UE e agenzie ONU |
Stabilizzazione, aiuti umanitari, cofinanziamento infrastrutture |
Oltre 1,6 miliardi € + fondi World Bank |
Il coinvolgimento di Tel Aviv non si limita all'aspetto securitario: documenti e dichiarazioni ufficiali rivelano un approccio attivo nella definizione dei business plan relativi a immobili e infrastrutture nella Striscia, spesso in partnership - oppure in concorrenza - con le iniziative americane. Tuttavia, la pianificazione incontra resistenze legate alla perdita di sovranità palestinese e alle tensioni con i principali Paesi arabi.
La governance della ricostruzione vede emergere figure come Tony Blair, già incaricato dagli Stati Uniti nel contesto iracheno, e Jared Kushner, architetto degli Accordi di Abramo. Il piano prevede la creazione di un Consiglio internazionale - noto come "Consiglio della Pace" - cui spetterà amministrare l'enorme flusso di capitali e supervisionare la rinascita del territorio:
L'Italia si posiziona come protagonista di nuove opportunità economiche e industriali in fase di ricostruzione. Il Ministero degli Esteri ha ribadito la partecipazione attiva delle imprese italiane, puntando sulle competenze acquisite in progetti internazionali di grandi dimensioni. I nomi di società come Buzzi, Cementir, Webuild, Saipem, Maire e Ansaldo Energia risultano già tra i possibili beneficiari delle prime gare indette da organismi multilaterali:
Le monarchie del Golfo - in particolare Arabia Saudita, Emirati e Qatar - si profilano tra i principali finanziatori della futura Gaza, indirizzando consistenti flussi di capitale privato verso il rilancio immobiliare e industriale della regione. Questa mobilitazione serve anche ad assicurare una maggiore influenza geopolitica e a normalizzare i rapporti con Israele nell'ambito degli Accordi di Abramo.
L'attrazione di multinazionali è incentivata dall'enorme valore atteso degli investimenti e dalla possibilità di mettere a frutto brevetti tecnologici e competenze ingegneristiche. Tuttavia, la presenza di interessi divergenti tra Paesi arabi rischia di innescare rivalità nella distribuzione dei profitti economici, costringendo a negoziati serrati e concessioni geopolitiche tra Egitto, Turchia, Qatar e Arabia Saudita.