Dal 2006 il tuo sito imparziale su Lavoro, Fisco, Investimenti, Pensioni, Aziende ed Auto

Se vengo pagato in ritardo quando posso dimettermi e ricevere Naspi e indennità secondo CCNL, normative e giurisprudenza

di Marcello Tansini pubblicato il
Naspi e indennità secondo CCNL

Il rapporto di lavoro subordinato si regge su uno scambio chiaro: prestazione di lavoro da una parte, retribuzione dall'altra. Il datore è tenuto a corrispondere la paga in modo regolare e puntuale.

Il lavoratore subordinato si presenta ogni giorno con l'aspettativa di ottenere una paga entro la scadenza pattuita, perché la retribuzione regolare costituisce fulcro dell'obbligazione contrattuale del datore. Dal lato opposto, un ritardo significativo e continuato nel pagamento assume rilievo non soltanto economico ma anche giuridico, ponendo le basi per una possibile giusta causa di recesso da parte del dipendente. I contratti collettivi nazionali richiamano l'obbligo di pagamento entro termini certi e indicano il ritardo o il mancato versamento quali possibili ipotesi che legittimano le dimissioni per giusta causa.

La Naspi è un'indennità di disoccupazione che spetta in presenza del requisito della disoccupazione “involontaria” e del possesso dei requisiti contributivi richiesti dall'INPS. Normalmente, le dimissioni volontarie escludono il diritto alla Naspi ma la normativa prevede che le dimissioni per giusta causa possano consentire l'accesso alla prestazione, perché il mancato versamento della retribuzione configura una forma di cessazione del rapporto non imputabile al lavoratore. In questo senso la mancata o tardiva corresponsione dello stipendio può trasformarsi da semplice irregolarità a causa giustificativa del recesso.

Quando le dimissioni avvengono per giusta causa, il lavoratore può avere diritto non soltanto alla Naspi ma anche all'indennità sostitutiva del preavviso, al TFR, alle mensilità maturate e non corrisposte, e ad ogni trattamento accessorio previsto dal CCNL applicabile. Il contratto collettivo può infatti attribuire valore immediato all'inadempimento del datore e riconoscere che il lavoratore esca dal rapporto “come se” fosse stato licenziato, con tutti i diritti economici correlati.

Quando il ritardo genera giusta causa

Non qualsiasi ritardo nella retribuzione legittima le dimissioni per giusta causa: la giurisprudenza richiede che l'inadempimento del datore sia grave, reiterato e non isolato. Una singola mensilità non pagata o un ritardo appena occasionale difficilmente bastano. Per esempio, la Corte di Cassazione ha chiarito che la mancata corresponsione della retribuzione per un breve periodo non costituisce di per sé giusta causa quando l'azienda si trova in crisi e il lavoratore ha tollerato la situazione.

Perchè le dimissioni siano considerate legittime per giusta causa non basta aver subito il ritardo: il lavoratore deve dimostrare che non ha accettato tacitamente la situazione, che ha contestato il mancato pagamento, e che ha agito tempestivamente. La giurisprudenza rileva che un atteggiamento di tolleranza prolungata o il fatto che il dipendente continui a prestare lavoro nonostante il ritardo può far decadere l'ipotesi di giusta causa. Se un dipendente ha tollerato per mesi o anni il pagamento dello stipendio in ritardo senza mai lamentarsi formalmente, potrebbe vedere la sua posizione indebolita.

Anche se il datore di lavoro è in difficoltà economica, ciò non esclude la giusta causa: ma la crisi aziendale può concorrere a mitigare la responsabilità se il ritardo è temporaneo e giustificato, se ci sono iniziative per regolarizzare la situazione e se il lavoratore è effettivamente a conoscenza del contesto. In tale ipotesi la Corte di Cassazione ha escluso la giusta causa, rilevando che il ritardo non era tale da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto.

Azioni operative, diritti e modalità pratiche

Nel momento in cui il lavoratore decide di recedere dal rapporto per giusta causa dovuta a mancato pagamento dello stipendio, egli deve rispettare la procedura telematica prevista, selezionando la causale adeguata nel portale del Ministero del Lavoro o tramite patronato. È opportuno allegare alla domanda della Naspi documentazione che attesti l'inadempimento del datore, quali estratti conto, buste paga, comunicazioni scritte, diffide. Il termine per presentare la domanda Naspi è di circa 68 giorni dalla data di cessazione del rapporto. L'efficacia della richiesta dipende dalla presenza dei requisiti contributivi e dalla legittimità della causale di cessazione.

Se dimetti per giusta causa a causa di ritardo nella retribuzione e la situazione viene accertata come tale, avrai diritto all'indennità Naspi se rispetti contribuzione e altre condizioni. Avrai inoltre diritto all'indennità sostitutiva del preavviso, alla liquidazione del TFR, alle mensilità e agli accessori maturati, nonché al riconoscimento delle retribuzioni arretrate. Nel caso in cui il CCNL applicabile preveda specifiche clausole aggiuntive, queste si aggiungono ai diritti standard. Il datore, quindi, risulta tenuto non solo a saldare gli arretrati ma anche a riconoscere le conseguenze economiche del recesso.

Il rischio per il lavoratore consiste nel fatto che l'INPS o un giudice possano ritenere che la giusta causa non sussista, qualora il ritardo non sia stato affrontato tempestivamente, o sia stato tollerato, o risulti di breve durata. In tale ipotesi la Naspi può essere negata e potrebbero venir meno alcune indennità legate alla cessazione del rapporto. Inoltre l'azienda può mettere in evidenza che le difficoltà erano note e che il lavoratore ha continuato a prestare attività senza reagire, indebolendo la tesi della “impossibilità di prosecuzione”.