Secondo l'articolo 2109 del Codice civile, la scelta del periodo di ferie spetta al datore di lavoro, ma questa decisione non può essere assunta arbitrariamente.
Cosa accade se un datore di lavoro decide, all'ultimo momento, di cancellare o posticipare le ferie già concesse a un dipendente? La domanda solleva un interrogativo non da poco poiché una decisione del genere può avere ripercussioni considerevoli per il lavoratore, comprese eventuali sanzioni e perdite economiche derivanti dalla modifica delle ferie pianificate.
Da una parte ci sono le necessità organizzative che potrebbero impedire la prosecuzione delle attività aziendali senza interruzioni, rendendo impensabile l'obbligo per un'azienda di fermare la propria produzione. Dall'altra c'è la tutela del lavoratore, la cui programmazione personale e finanziaria potrebbe essere gravemente compromessa da un cambio improvviso dei piani di ferie.
In questo delicato equilibrio tra esigenze aziendali e diritti dei lavoratori interviene la legislazione. Vediamo quindi cosa stabilisce la legge in Italia riguardo la possibilità per un datore di lavoro di revocare le ferie concordate e quali protezioni e compensazioni sono previste per il dipendente in queste circostanze.
La revoca delle ferie, una volta concesse, deve essere giustificata da motivi validi e con un tempo congruo. E non può risultare da un comportamento punitivo o discriminatorio, come nel caso di preferenze ingiustificate tra dipendenti. Una assenza ingiustificata del lavoratore, che decida di andare comunque in vacanza nonostante la revoca, viene considerata illegittima. I contratti collettivi spesso prevedono che il datore di lavoro rimborsi le spese sostenute dal dipendente per le ferie, ma il rimborso si applica solo se il lavoratore non aveva ancora iniziato il periodo di vacanza.
Gli errori nella gestione delle ferie possono portare conseguenze anche per chi è incaricato dell'organizzazione del personale. Ad esempio, un manager che autorizzi le ferie oralmente e poi dimentichi di formalizzare l'accordo, o peggio, alteri i registri per evitare conseguenze negative dal proprio errore, si trova in una posizione delicata.
Un aspetto strettamente legato è la reperibilità durante le ferie: a meno che non sia specificato diversamente da un contratto collettivo o da accordi individuali, il lavoratore in ferie non deve essere disponibile per l'azienda. Eventuali sanzioni per mancato rientro anticipato devono essere valutate dal giudice, considerando il contesto più ampio e le reali implicazioni dell'assenza sul rapporto di lavoro. Solo una violazione grave e dimostrata della fiducia tra le parti può giustificare un licenziamento.
In Italia, la legge garantisce a ogni lavoratore il diritto a un minimo di quattro settimane di ferie retribuite annualmente. Questo beneficio si accumula mese per mese, quindi, su un contratto tipico di 24 giorni di ferie l'anno, si accumulano due giorni al mese. I lavoratori possono, previo accordo con il datore di lavoro, anticipare le ferie non ancora accumulate.
Il diritto alle ferie non si interrompe durante assenze per malattia, maternità, il periodo di prova, o durante la cassa integrazione con orario ridotto. Nei periodi di cassa integrazione a zero ore, il cumulo dei giorni di ferie può essere sospeso, a meno che non sia diversamente specificato dai contratti collettivi di lavoro.
La programmazione delle ferie è delineata dalla legge, dai contratti collettivi e dagli usi aziendali. La scelta del periodo di ferie è un diritto del datore di lavoro, che deve però consultare il lavoratore, come stabilito dall'art. 2109 del Codice Civile. Se non diversamente regolato dalla contrattazione collettiva, le ferie annuali devono essere godute per almeno due settimane consecutive, se richieste dal dipendente, nell'anno di accumulo, e le rimanenti due settimane entro i 18 mesi successivi.
Superare i 18 mesi per il godimento delle ferie residue è generalmente vietato, salvo eccezioni come malattie prolungate o periodi di maternità. La normativa prevede che le ferie più vecchie siano consumate per prime. In alcuni contesti, il datore di lavoro può richiedere ai dipendenti di pianificare le ferie per l'intero anno in anticipo e può stabilire periodi di chiusura collettiva.
È considerato illegittimo negare ripetutamente le ferie senza un motivo valido o distribuirle in modo frammentato, ad esempio concedendo un solo giorno a settimana per più settimane. Queste pratiche possono ledere seriamente il diritto al riposo e alla disconnessione del lavoratore. Solo in questo caso può presentare formale protesta, altrimenti, nel caso di rispetto della normativa, il datore conserva il diritto di organizzare il periodo di ferie.