La gestione dei rapporti bancari condivisi rappresenta una prassi diffusa tra coniugi, conviventi e familiari. Dal punto di vista normativo, un conto corrente cointestato è un contratto bancario in cui più persone sono registrate come titolari, congiuntamente responsabili nei confronti dell'istituto di credito. In ambito giuridico, tuttavia, la cointestazione non implica una vera e propria comunione delle somme, ma determina solo una presunzione detta "di contitolarità".
Questa presunzione attribuisce a ciascun intestatario uguali facoltà di movimentazione del conto, assimilando entrambe le parti sia nella figura di creditore che di debitore solidale verso la banca. La distinzione fondamentale tra potere di disporre e titolarità sostanziale delle somme costituisce il punto di partenza per analizzare, con accuratezza, il reale assetto proprietario delle somme depositate su conti condivisi.
Presunzione del 50%-50%: cosa dice la legge e i limiti giurisprudenziali
Nell'ordinamento italiano, la regola generale prevede che le somme depositate su un conto corrente cointestato si presumano appartenere ai titolari in parti uguali. Tale presunzione trova fondamento nell'articolo 1298, comma 2, del Codice Civile secondo il quale, in assenza di prova contraria, le quote dei partecipanti si presumono identiche. Al livello operativo, questo principio consente a ciascun intestatario di movimentare l'intero saldo. Sul fronte giurisprudenziale, però, la presunzione paritaria è da ritenersi "relativa" e non "assoluta":
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Rapporti esterni: Nel confronto con la banca, i cointestatari agiscono quali debitori e creditori solidali. La banca può agire su ciascun intestatario per l'intero saldo debitorio ed è tenuta a soddisfare ogni richiesta di prelievo, anche eccedente la realità delle rispettive quote.
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Rapporti interni: Nei rapporti tra gli intestatari, in mancanza di specifiche intese, si presume la titolarità al 50% delle somme giacenti.
La Suprema Corte di Cassazione ha sottolineato con costanza che la cointestazione formale non equivale, di per sé, alla proprietà sostanziale dei fondi. Solo dove manchino elementi contrari risulta applicabile la ripartizione paritaria. Eventuali pretese fondate su una diversa appartenenza delle somme richiedono la prova concreta della provenienza delle risorse o di diversi accordi fra le parti. Le sentenze n. 25684/2021 e n. 1643/2025 della Cassazione hanno segnato una svolta, affermando che la comproprietà delle somme può essere superata mediante idonea dimostrazione documentale o presuntiva.
Superare la presunzione: come dimostrare una ripartizione diversa delle somme
Nelle controversie sulla proprietà delle somme presenti su un conto cointestato, l'onere di fornire la prova di una diversa spettanza ricade su chi la rivendica. La giurisprudenza stabilisce che per superare la presunzione di divisione al 50%, è necessario fornire prove gravi, precise e concordanti (articolo 2729 c.c.). Questo comporta la raccolta di elementi che documentano la provenienza esclusiva delle somme alimentanti il deposito. In pratica:
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Prove documentali: Estratti conto che evidenzino accrediti regolari e provenienti da uno solo degli intestatari (ad esempio lo stipendio, la pensione o la vendita di beni personali).
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Atti giustificativi: Bonifici provenienti da conti personali, ricevute di vendita di beni esenti dalla comunione legale, oppure atti di donazione o successione.
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Scritture private: Accordi scritti che definiscano la proporzione di titolarità delle somme rispetto alle effettive contribuzioni.
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Testimonianze: Dichiarazioni di terzi circa la destinazione esclusiva delle somme versate.
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 1643/2025, ribadisce che laddove si dimostri documentalmente che solo uno dei cointestatari ha contribuito ad alimentare il conto, questi è il reale proprietario delle somme e può agire per la restituzione delle medesime, in caso di prelievi non autorizzati.
Analogo principio si applica quando le somme derivano da beni personali, quali donazioni o successioni, che non entrano a far parte della comunione secondo quanto disposto dall'articolo 179 c.c.. La dimostrazione della titolarità esclusiva può comportare, quindi, il superamento integrale della presunzione di quota eguale tra gli intestatari.
Divisione dei fondi in caso di separazione, divorzio o decesso: criteri ed esempi giurisprudenziali
Nelle vicende di crisi familiare o successoria, la problematica della ripartizione delle somme cointestate assume rilievo particolare. In caso di separazione o divorzio, la prassi giudiziaria applica alcune regole di riferimento per tutelare equità e certezza:
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Divisione in mancanza di prove contrarie: Se non vi sono elementi che comprovino l'alimentazione esclusiva del conto da parte di un solo intestatario, la somma si divide paritariamente.
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Prova della titolarità esclusiva: Quando vi è evidenza che le somme derivano da fonti individuali - come accredito di stipendi di un solo coniuge - la ripartizione può avvenire secondo l'effettivo apporto.
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Accordi in separazione consensuale: I coniugi possono disciplinare la sorte dei fondi nel verbale di separazione omologato dal tribunale, stabilendo quote diverse.
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Spese comuni e obblighi di contribuzione: Se le somme prelevate sono state utilizzate per esigenze familiari, secondo l'art. 143 c.c., non è dovuto alcun rimborso all'altro intestatario.
Nel caso di decesso di un intestatario, la giurisprudenza richiede un accertamento sulla provenienza dei fondi. Se non si dimostra l'appartenenza esclusiva al superstite, la quota del deceduto confluisce nella successione ereditaria, aprendo possibili azioni di rivendicazione da parte degli eredi (
Corte di Cassazione, sentenza n. 7862/2021). Per riassumere:
Soggetto
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Ripartizione predefinita
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Deroga tramite prova contraria
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Separazione
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50%-50%
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Secondo versa menti/accordi scritti
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Divorzio
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50%-50%
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Secondo versa menti/accordi scritti
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Decesso
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50%-50% (eredi inclusi)
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Secondo versa menti/prove documentali
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Le recenti decisioni, fra cui la n. 21963/2019 della Cassazione, sanciscono che solo chi ha versato il denaro può domandarne la restituzione, a meno che non vi sia stata una donazione documentata o un esplicito accordo di cessione.
Strumenti di tutela e accorgimenti pratici nella gestione dei conti cointestati
Le contestazioni sulla ripartizione delle somme possono essere evitate o mitigate mediante opportuni accorgimenti nella gestione del conto condiviso. Alcune strategie pratiche risultano efficaci per prevenire futuri conflitti patrimoniali:
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Stipulazione di accordi scritti: Definire sin dall'apertura del conto la quota di spettanza di ciascun titolare, tramite scritture private da custodire anche ai fini giudiziali.
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Tracciabilità dei versamenti: Conservare documentazione e tracciati bancari di tutti gli apporti, mantenendo separate le fonti individuali da quelle comuni.
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Uso di conti distinti: Quando i flussi patrimoniali sono esclusivamente riferibili a uno solo dei cointestatari, conviene alimentare un conto personale e riservare quello cointestato alle spese comuni.
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Richiesta di firme congiunte: Condizionare le operazioni di prelievo alla presenza della firma di entrambi i titolari, specie in situazioni di potenziale contenzioso.
Qualora sorga un diverbio o prelievi non autorizzati, è possibile rivolgersi all'autorità giudiziaria per ottenere sequestri conservativi o azioni di restituzione. La consulenza con professionisti esperti in diritto bancario e familiare risulta determinante nell'identificare la soluzione più conforme alla tutela patrimoniale del singolo. Ricordando che ogni situazione può presentare elementi particolari, la prevenzione attraverso la chiarezza degli accordi resta di centrale importanza.