Anche quando un contribuente vince una causa con il Fisco deve pagare le spese: il paradosso del sistema italiano
La difesa contro richieste fiscali ritenute ingiuste comporta spesso scelte delicate e difficili valutazioni di costo e beneficio. Si è portati a pensare che, in linea con il principio "chi perde paga", il cittadino che ottiene ragione in giudizio contro il Fisco debba essere indennizzato di tutte le spese.
Tuttavia, la realtà del contenzioso tributario italiano presenta un paradosso: anche in caso di vittoria, al contribuente rimane spesso sulle spalle una parte significativa delle spese legali. Da qui nasce la percezione che l’accesso alla giustizia fiscale sia "a rischio" per chi teme che il risultato economico netto della causa non sia affatto conveniente, a prescindere dall’esito.
Le statistiche e i casi concreti mettono in luce un sistema sbilanciato a due velocità: la compensazione delle spese è assai più frequente quando è lo Stato a perdere, rispetto a quando la parte soccombente è il cittadino.
L’idea comune secondo cui chi vince una causa venga rimborsato di ogni spesa si scontra con le regole e prassi del processo tributario. Teoricamente, "la parte soccombente è condannata a rimborsare le spese, competenze e onorari di giudizio". Tuttavia, in concreto, questa previsione subisce molteplici eccezioni e applicazioni non uniformi nei tribunali tributari.
Quando un cittadino perde una controversia con l’amministrazione finanziaria, è tenuto, nella maggioranza dei casi, a sostenere anche le spese legali dell’ente pubblico, oltre a quelle già anticipate per la propria difesa.
Se invece il giudice riconosce la fondatezza della contestazione avanzata dal contribuente, la situazione cambia: solo una parte delle sentenze comporta la condanna del Fisco al rimborso delle spese processuali. Parte delle spese può restare così a carico dello stesso contribuente che aveva ragione, per effetto della compensazione disposta dal giudice.
Le motivazioni per tale scelta sono molteplici e talvolta poco trasparenti: questioni peculiari, giurisprudenza "oscillante" o mere formule di rito come "nulla spese" possono essere sufficienti a escludere una condanna alle spese per l’ente pubblico. Ciò determina un rischio concreto per chi si difende contro il Fisco: anche una vittoria può rivelarsi economicamente insoddisfacente, poiché l’eventuale rimborso copre solo parzialmente quanto effettivamente versato al proprio difensore.
La compensazione delle spese rappresenta uno degli aspetti più dibattuti della giustizia tributaria. La norma consente al giudice di disporre che ciascuna parte sopporti le proprie spese quando "ricorrano giusti motivi", in particolare gravi ed eccezionali ragioni. Tuttavia, la prassi ne ha esteso notevolmente l’applicazione, soprattutto nei confronti dei contribuenti vincenti. Per riassumere:
Per evitare abusi, la normativa è stata modificata nel 2016 proprio per limitare la discrezionalità giudiziale. Tuttavia, i dati evidenziano come la compensazione continui ad essere lo sbocco ordinario di molte sentenze, soprattutto nei confronti delle amministrazioni pubbliche soccombenti.
I dati più recenti pubblicati dal Dipartimento Giustizia Tributaria confermano la persistente disparità di trattamento tra cittadino e Agenzia delle Entrate per quanto riguarda il rimborso delle spese processuali.
| Esito | % Rimborso spese a carico parte soccombente |
| Se perde il contribuente | 64,8% (primo grado) |
| Se perde il Fisco | 60,3% (primo grado) |
| Appello: contribuente perde | 58,6% |
| Appello: Fisco perde | 44,1% |
Questa forbice percentuale si traduce, in pratica, in almeno un 15% di probabilità in più a carico del privato di dover sostenere spese, anche vincendo. L'effetto indiretto è quello di scoraggiare molti cittadini dal proporre ricorso e, in generale, dal difendersi se la somma in gioco è di modesto valore.
La situazione è aggravata dal fatto che la prassi giudiziale tende a essere più "solerte" nel condannare il cittadino perdente a rimborsare l’ufficio rispetto a quanto avviene nel caso inverso. Quando la compensazione viene disposta, spesso manca una vera motivazione personalizzata, violando il principio di trasparenza e minando la percezione di equità della giustizia.
Un ulteriore aspetto critico consiste nella modalità di calcolo dei rimborsi spettanti: anche a parità di valore della lite, spesso le somme riconosciute a favore del Fisco risultano superiori rispetto a quelle dovute ai contribuenti vincenti, nonostante la presenza di tariffe tabellari ridotte per la difesa pubblica interna.
Il rimborso delle spese processuali nei giudizi tributari comprende diverse voci, che talvolta vengono liquidate solo parzialmente o in modo non uniforme. È quindi essenziale comprendere quali importi effettivi siano effettivamente rimborsati e quali restano in capo al contribuente, che sono:
Chi affronta una causa tributaria si trova spesso a sostenere costi elevati sin dall’inizio, a fronte di un esito incerto sotto il profilo economico anche in caso di successo. Gli elementi di spesa che gravano sul ricorrente sono:
| Voce di costo | Intervallo (€) |
| Contributo unificato | 30 – 1.500 |
| Spese vive | 50 – 150 |
| Parcella difensore | 500 – 4.000+ |
Anche un’eventuale vittoria in giudizio non assicura il pieno recupero delle somme spese: il giudice potrebbe disporre la compensazione delle spese, attribuendo al contribuente solo un rimborso parziale.