La Manovra Finanziaria 2026 si propone di ridurre l'IVA sugli alimenti per cani e gatti, alleggerendo i costi sulle famiglie. L';articolo esamina impatti fiscali, benefici attesi, misure di sostegno e sviluppi parlamentari della proposta.
La Legge di Bilancio in discussione per il 2026 introduce scenari nuovi per le famiglie italiane che accolgono animali da compagnia. Uno dei temi centrali è l’eventuale riduzione dei costi degli alimenti destinati ai cani e ai gatti, grazie a innovativi emendamenti all’esame del Parlamento. Il possesso di animali domestici si riflette, ormai, sia sulla sfera affettiva che su quella economica delle famiglie, in particolare con riferimento alle spese per alimentazione e cure veterinarie. La proposta di abbassare l’IVA su alcune categorie di cibo veterinario mira non solo ad alleggerire la pressione fiscale, ma anche a riconoscere tali prodotti come beni di prima necessità, equiparandoli agli alimenti essenziali per l’uomo. In questo scenario, eventuali novità legislative potrebbero influenzare, in modo significativo, il bilancio familiare e il benessere degli animali.
Tra gli emendamenti più rilevanti emersi durante il dibattito sulla Manovra Finanziaria figurano le proposte per la riduzione dell’IVA sui cibi prescritti dal veterinario per cani e gatti con particolari esigenze nutrizionali. Attualmente, questi prodotti scontano un’aliquota pari al 22%, la stessa prevista per i beni di lusso. La nuova misura, proposta da vari schieramenti politici, mira a inserire tali alimenti tra i beni soggetti ad aliquota agevolata, ponendoli in linea con i farmaci (4%) o con altri generi di prima necessità (10%). L’obiettivo è chiaro: facilitare l’accesso a prodotti alimentari specifici a beneficio del benessere animale e delle famiglie, riducendo così la disparità di trattamento fiscale rispetto ad altri prodotti indispensabili.
Le proposte hanno un respiro nazionale, ma richiamano anche precedenti iniziative del mondo animalista: in passato, infatti, erano già stati presentati in Parlamento disegni di legge che chiedevano una riduzione uniforme dell’IVA al 4% su cibi e prodotti veterinari, con duplice vantaggio per i nuclei familiari e le associazioni impegnate nell’accudimento degli animali. Pur essendo considerata una misura "minore", questa innovazione fiscale potrebbe avere un impatto sociale notevole se approvata. Gli eventuali risparmi dovuti al cambio di aliquota permetterebbero, secondo alcune stime, di alleggerire di centinaia di euro l’anno le spese delle famiglie, rendendo più sostenibile la gestione quotidiana degli animali domestici.
Per molte famiglie, il tema dell’alimentazione degli animali da compagnia rappresenta una voce di spesa costante e considerevole. I cibi veterinari, in particolare quelli speciali prescritti dal medico veterinario per condizioni patologiche o esigenze nutrizionali specifiche, hanno costi spesso superiori rispetto ai prodotti standard. L’applicazione dell’IVA al 22% contribuisce ad acuire il peso di tali uscite, in una situazione economica in cui si cerca di ottimizzare ogni risorsa disponibile. Da qui, la proposta di ridurre l’IVA al 10% (o, auspicabilmente, al 4%) assume un significato rilevante non solo per la tutela degli animali, ma soprattutto per la sostenibilità del bilancio domestico.
Sulla base delle stime condotte da associazioni di settore e portate all’attenzione del legislatore, una revisione al ribasso dell’aliquota IVA permetterebbe un risparmio annuo di circa 600 euro per ciascuna famiglia con animali da compagnia. Si tratta di una cifra non trascurabile nel contesto attuale. L’aumento dei prezzi di energia e generi alimentari ha reso più onerosa la gestione domestica, e abbassare i costi su prodotti destinati a cani e gatti può risultare determinante nel prevenire fenomeni allarmanti come l’abbandono di animali, già collegato alla difficoltà nel sostenere le spese per alimenti e cure.
Gli animali domestici, come cani e gatti, possono manifestare specifiche necessità alimentari in base a condizioni di salute, età, stato fisiologico o patologie diagnosticate. Patologie come intolleranze alimentari, allergie, diabete, insufficienze renali oppure condizioni particolari come la sterilizzazione richiedono spesso l’uso di cibi formulati ad hoc e prescritti dal veterinario curante. Tali alimenti speciali hanno un costo di mercato significativamente superiore rispetto ai mangimi comunemente in commercio e devono essere somministrati per periodi più o meno prolungati, talvolta per tutta la vita dell’animale.
L’incidenza di queste spese pesa sulle famiglie italiane, spesso già gravate da altri oneri correlati alla salute degli animali: visite veterinarie, farmaci e ulteriori trattamenti specialistici. In assenza di strumenti di sostegno adeguati, molti proprietari si trovano costretti a scegliere alternative meno efficaci, compromettendo in alcuni casi il benessere dell’animale. Studi e ricerche mettono inoltre in luce che le difficoltà economiche possono indurre a rinunce dolorose come l’allontanamento o, nei casi più critici, l’abbandono degli animali domestici.
Nell’ordinamento nazionale sono presenti alcune iniziative dedicate alle famiglie con animali d’affezione, ma il panorama resta frammentato e non sempre omogeneo a livello territoriale. Uno degli strumenti più recenti introdotti a livello nazionale è il bonus per animali domestici, una misura mirata a chi supera i 65 anni e si trova in condizioni economiche svantaggiate, con ISEE sotto la soglia stabilita. Il beneficio, operativo dal 2024, copre prevalentemente spese veterinarie, lasciando tuttavia fuori l’acquisto di alimenti come pet food, persino nel caso di prescrizione.
Il bonus è erogato dalle Regioni in proporzione alla popolazione ultrasessantacinquenne avente diritto e prevede la richiesta formale da parte dell’interessato, allegando la documentazione di spesa e la certificazione della condizione del proprio animale domestico (registrazione in banca dati nazionale, microchip, ecc.). A fianco di questa misura restano comunque alcune importanti aree scoperte:
In definitiva, sebbene il panorama normativo mostri timidi segnali di apertura verso interventi strutturali a favore degli animali domestici, la copertura delle spese alimentari e di gestione quotidiana resta una delle principali sfide da affrontare nei prossimi anni.
Il tema delle detrazioni fiscali a supporto delle spese veterinarie è stato oggetto, negli ultimi anni, di particolare attenzione e approfondimento da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’attuale normativa prevede la possibilità di detrarre una percentuale delle spese sostenute per prestazioni veterinarie e per l’acquisto di farmaci prescritti, fino a un massimo di 550 euro annui al netto di una franchigia iniziale. Tuttavia, dall’interpretazione data dalle recenti circolari, emerge chiaramente che il cibo speciale acquistato anche dietro prescrizione veterinaria non rientra tra le voci detraibili. La motivazione risiede nella classificazione di tali prodotti come alimentari, anziché come medicinali.
L’Agenzia delle Entrate, con queste puntualizzazioni, ha creato un quadro chiaro che potrà essere modificato solo tramite espresse novità legislative.
Il cammino legislativo degli emendamenti che prevedono una rimodulazione dell’IVA sugli alimenti veterinari per cani e gatti è tuttora in corso. Dopo la presentazione in Commissione Bilancio, le proposte dovranno affrontare un iter che le vedrà discusse, emendate e, solo in caso di voto favorevole, integrate nel testo definitivo della Legge di Bilancio 2026. Le principali criticità segnalate riguardano, da un lato, la ricerca delle necessarie coperture finanziarie, dall’altro la valutazione dell’impatto sui bilanci pubblici. Le associazioni animaliste e diversi gruppi parlamentari continuano a esercitare pressione affinché questa misura sia percepita non come marginale ma come rappresentativa delle mutate esigenze sociali.
Rispetto alle previsioni, la possibilità che la riduzione dell’IVA sul cibo veterinario venga approvata non è scontata, anche a causa della concorrenza con altre proposte emendative su temi economici e sociali. Tuttavia, il riconoscimento sempre più marcato degli animali come parte integrante della vita familiare e la sensibilità crescente nei confronti delle spese veterinarie lasciano intravedere una prospettiva di cambiamento che potrebbe essere sancita dalla nuova Legge di Bilancio.