Quando si è vittima di stalking sul lavoro, è possibile adottare una serie di azioni per proteggersi e ottenere giustizia.
Lo stalking sul posto di lavoro, noto anche come stalking occupazionale, è un fenomeno che si sta affermando sempre di più nei contesti professionali, portando a una maggiore attenzione da parte della giurisprudenza italiana.
In particolare, la Corte di Cassazione, con la sentenza 32770 del 21 agosto 2024, ha stabilito un principio importante: il mobbing, quando comporta una serie di comportamenti vessatori continuativi tali da provocare un perdurante stato di ansia o timore nella vittima, può essere considerato stalking e quindi configurare un reato ai sensi dell’articolo 612-bis del Codice Penale. Ma vediamo meglio:
Ma anche il demansionamento ovvero quando il dipendente viene assegnato a mansioni inferiori rispetto al proprio ruolo, con l’obiettivo di sminuirne le competenze e l’autostima. E c'è anche l'attribuzione di compiti degradanti o eccessivamente onerosi. Spesso si tratta di attività che non rientrano nelle competenze del lavoratore o che sono chiaramente pensate per metterlo in difficoltà.
Questi comportamenti devono essere ripetuti nel tempo e creare un ambiente di lavoro ostile, portando la vittima a vivere in uno stato di costante ansia, timore o disagio. Secondo la sentenza della Cassazione non è necessario che queste azioni siano premeditate, ma è sufficiente che siano condotte con consapevolezza e con la volontà di perseguitare il dipendente.
Mentre il mobbing è una forma di vessazione che può essere limitata all'ambito lavorativo e si manifesta principalmente con emarginazione e pressioni psicologiche, lo stalking va oltre. Comporta una persecuzione più intensa e può comprendere minacce verbali, pedinamenti, contatti indesiderati anche fuori dall’ambiente lavorativo, con l'intento di terrorizzare la vittima. La Cassazione ha chiarito che, in alcuni casi, quando il mobbing diventa insistente e provoca danni psicologici prolungati, può essere equiparato allo stalking
Quando si è vittima di stalking sul lavoro, è possibile adottare una serie di azioni per proteggersi e ottenere giustizia. In prima battuta bisogna raccogliere prove dei comportamenti vessatori. Si tratta di e-mail, messaggi, testimonianze di colleghi o superiori e qualsiasi altro documento che possa provare l'atteggiamento persecutorio del datore di lavoro o dei colleghi.
Il reato di stalking è punibile penalmente in Italia e può essere denunciato direttamente alle forze dell’ordine. L'articolo 612-bis del Codice Penale prevede che lo stalking sia punito con una pena che va da 1 a 6 anni e mezzo di reclusione, con aggravanti nel caso in cui vi siano danni gravi alla salute della vittima. Un legale esperto in diritto del lavoro o diritto penale può assistere la vittima nell'avvio delle procedure giudiziarie, come la richiesta di risarcimento danni o l’adozione di misure cautelari, come l’allontanamento del persecutore dal luogo di lavoro.
Lo stalking può avere un impatto devastante sulla salute mentale e fisica della vittima. Bisogna rivolgersi a un medico per certificare eventuali danni psicologici, che possono essere utilizzati come prove durante il processo legale. In alcuni casi, il riconoscimento della malattia professionale o dell'inabilità temporanea è possibile, garantendo alla vittima un risarcimento economico.
La sentenza della Cassazione ha stabilito che il datore di lavoro o il superiore che commette stalking nei confronti di un dipendente può essere soggetto a gravi sanzioni penali. Oltre alla reclusione prevista dall’articolo 612-bis, il responsabile può essere tenuto a risarcire i danni morali e materiali subiti dalla vittima. Il risarcimento può includere sia i danni psicologici subiti che eventuali perdite economiche dovute, ad esempio, all’interruzione del rapporto di lavoro o alle spese mediche sostenute dalla vittima.