La disparità retributiva di genere rappresenta una questione importante nel mondo del lavoro europeo e italiano. La differenza dei salari tra donne e uomini continua, infatti, ad esistere, nei diversi settori, sia pubblico che privato. In Italia, secondo l'Eurostat, il divario orario nel settore privato sfiora il 16%, mentre nella Pubblica Amministrazione il dislivello si attesta intorno al 5,2%.
Queste statistiche sottolineano la necessità di interventi strutturali, in particolare attraverso misure di trasparenza retributiva. E la direttiva UE 2023/970 impone ai datori di lavoro di ridefinire processi, criteri di avanzamento e reporting salariale con l'obiettivo di abbattere le barriere per una reale parità.
La Direttiva UE 2023/970: obiettivi, principi e tempi di attuazione
La Direttiva UE 2023/970 prevede una strategia specifica per contrastare le disuguaglianze salariali tra generi, fondandosi sul principio di pari retribuzione per lavoro di uguale valore e imponendo agli Stati membri l'adeguamento entro giugno 2026. La Direttiva mplica, nel dettaglio:
- Obiettivo primario: garantire che non esistano differenze retributive ingiustificate tra uomini e donne, imponendo regole trasparenti e verificabili per ciascun datore di lavoro, pubblico e privato.
- Principi: introduzione di criteri oggettivi e neutri nella determinazione degli stipendi, eliminazione di qualsiasi richiesta relativa alle retribuzioni precedenti dei candidati e pubblicazione di range salariali già nella fase di selezione.
- Tempistiche: tutti i Paesi UE sono obbligati a recepire la direttiva entro giugno 2026. In Italia il processo normativo è già in corso, coinvolgendo il Ministero del Lavoro e le organizzazioni sindacali.
Il provvedimento demanda ai datori di lavoro anche precisi obblighi di
reporting periodico sulle disparità retributive di genere:
- Enti con più di 250 dipendenti: rendicontazione annuale;
- Enti tra 150 e 249 dipendenti: report ogni tre anni;
- Enti con meno di 100 dipendenti: obblighi limitati, ma mantenimento della trasparenza individuale.
Un elemento distintivo riguarda la
soglia del 5%: se il divario retributivo non giustificabile supera il 5%, il datore di lavoro deve attivare una valutazione congiunta con i rappresentanti dei lavoratori e predisporre azioni correttive documentate.
Il gender pay gap nella Pubblica Amministrazione: dati, cause e confronto con il settore privato
Nel comparto pubblico, la misura del gender pay gap appare inferiore rispetto al privato: stime Istat e JobPricing 2023 evidenziano un dislivello del 5,2% negli enti statali contro punte vicine al 16% nel privato.
Tuttavia, le cause strutturali restano analoghe: concentrazione femminile in ruoli a più bassa retribuzione, interruzioni di carriera per motivi familiari e minor presenza nei livelli apicali delle organizzazioni.
| Settore |
Divario retributivo |
| Pubblica Amministrazione |
5,2% |
| Privato |
~16% |
- La ridotta ampiezza nella PA deriva dall'applicazione di contrattazione collettiva centralizzata e percorsi di carriera regolamentati, ma persistono differenze, soprattutto nella parte accessoria dello stipendio e nelle posizioni dirigenziali.
- Secondo gli ultimi rilievi, il gap aumenta con l’età, superando il 10% tra le lavoratrici over 50, mentre risulta più contenuto tra le giovani generazioni (intorno al 6%).
- L’orizzonte europeo evidenzia una media del 12% di differenza oraria, con variazioni significative a seconda dei paesi e delle politiche adottate.
Gli effetti attesi: aumenti in busta paga e il ruolo dell’ARAN
Le nuove disposizioni normative introducono aspettative concrete di
aumenti retributivi per le donne nella Pubblica Amministrazione, grazie all’applicazione di criteri oggettivi e azioni correttive su livelli salariali discriminatori. Come annunciato dall'Aran (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni), il recepimento della direttiva europea comporterà:
- Eliminazione delle disparità non giustificate fra le componenti accessorie e variabili della retribuzione;
- Maggiore trasparenza nelle progressioni di carriera;
- Accesso facilitato a informazioni sulle politiche retributive per tutte le categorie di personale.
La Pubblica Amministrazione dovrà monitorare periodicamente l’andamento della parità salariale, assicurando che le azioni correttive siano tempestive qualora si riscontrino scostamenti superiori al 5%.
In caso di inadempienza, sanzioni e obblighi risarcitori saranno attivati in modo automatico, rendendo stringente il rispetto delle nuove regole.
Gli aumenti in busta paga delle lavoratrici pubbliche potrà variare in base a settore, anzianità e ruolo, ma la previsione è quella di un progressivo innalzamento delle retribuzioni femminili, specialmente nelle fasce a rischio di sottoinquadramento.
Nuovi obblighi di trasparenza e rendicontazione per le amministrazioni pubbliche
A partire dal 7 giugno 2026, tutte le amministrazioni pubbliche saranno tenute a rispettare precisi obblighi di trasparenza, rendicontando periodicamente dati sulle retribuzioni disaggregati per genere, categoria e componente accessoria. Il quadro dei nuovi adempimenti prevede:
- Predisposizione di report periodici sul gender pay gap e sulle componenti salariali complementari, includendo non solo la retribuzione base, ma anche tutte le voci accessorie, dagli straordinari alle indennità;;
- Informazione puntuale dei dipendenti circa il diritto a ricevere dati retributivi comparati;
- Comunicazione trasparente sui criteri oggettivi e neutri utilizzati per progressioni di carriera e premi;
- Accessibilità degli indicatori di disparità salariale;
- Dai ministeri ai Comuni, dovranno sviluppare criteri oggettivi per la valutazione dei ruoli secondo parametri neutrali rispetto al genere;
- Potenziamento dei sistemi informativi e a garantire la protezione dei dati dei dipendenti;
- Dimostrazione dell’assenza di discriminazioni retributive, con sanzioni effettive e risarcimenti senza tetto massimo.
Le amministrazioni con oltre 250 dipendenti saranno soggette a obblighi più stringenti, dovendo pubblicare i propri report ogni anno e prevedere piani d’azione correttivi quando il divario retributivo supera la soglia stabilita. Gli enti minori manterranno doveri di trasparenza individuale e dovranno comunque rispondere alle richieste dei dipendenti.
Sanzioni, controlli e impatto sulle relazioni di lavoro
Per gli enti pubblici inadempienti sono previste sanzioni proporzionate e dissuasive che possono includere:
- Multe economiche;
- Sospensione di benefici o agevolazioni contributive;
- Obbligo di adottare azioni di riparazione o risarcimento in favore del dipendente discriminato.
I controlli saranno a carico di organismi ispettivi e dell’Ispettorato del Lavoro, con la possibilità di effettuare audit sulla documentazione fornita dalle amministrazioni. Nel caso di violazione delle norme, l’onere della prova viene invertito: sarà l’ente a dover dimostrare il rispetto dei criteri di trasparenza e parità assistita dai nuovi obblighi di rendicontazione.
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