L'efficacia della revisione dell'Irpef 2026 sulla capacità di spesa e il potere di acquisto dei salari rimarrà parziale senza una riforma strutturale sul drenaggio fiscale
Nel contesto di crescente pressione fiscale e stagnazione salariale, la riforma IRPEF 2026 promette una boccata d’ossigeno alle famiglie, offrendo una rimodulazione delle aliquote a beneficio di milioni di lavoratori. I timori legati all’inflazione persistente e al drenaggio fiscale rendono l’efficacia della misura oggetto di analisi e discussioni tra esperti e contribuenti, determinando aspettative elevate su un intervento che mira a restituire capacità di spesa soprattutto alla classe media.
Dal 2026, l'Irpef viene modificata con l’introduzione di tre scaglioni principali e la riduzione dell’aliquota per i redditi medi. Questa revisione prevede:
Per misurare quanto la riforma restituisce mensilmente ai lavoratori, si possono analizzare alcune simulazioni effettuate da esperti del settore e dal MEF:
| Reddito Lordo Annuo | Beneficio Stimato Annuo | Incremento Netto Mensile |
| 30.000 € | circa 120 € | 10 € |
| 38.000 € | circa 420 € | 35 € |
| 45.000 € | fino a 440 € | 36-37 € |
| 50.000 € o superiore | fino a 440 € | circa 36-37 € |
Come si evince, il vantaggio è progressivo all’aumentare del reddito, soprattutto per chi si attesta tra 38.000 e 50.000 euro lordi.
Per i redditi inferiori a 28.000 euro il beneficio risulta minimo, perché già coperti da trattamenti integrativi e detrazioni.
Le condizioni personali, il tipo di contratto, le detrazioni per carichi familiari e la presenza di altri oneri influenzano il beneficio effettivo.
I vantaggi si materializzeranno automaticamente nelle buste paga grazie ai conguagli dei sostituti d’imposta, senza necessità di ulteriori adempimenti da parte del lavoratore.
Gli effetti complessivi della riduzione IRPEF 2026 sono distribuiti in modo non uniforme tra i contribuenti. Di seguito le categorie più favorite:
Nonostante il vantaggio fiscale, permangono alcune criticità legate a fenomeni strutturali, come il drenaggio fiscale (fiscal drag) e l’inflazione.
Il drenaggio fiscale rappresenta un meccanismo per cui l’aumento degli stipendi nominali, anche solo per tenere il passo con l’inflazione, spinge i lavoratori verso scaglioni di imposta superiori. Questo può annullare buona parte dei benefici derivanti dalla riduzione delle aliquote, soprattutto in assenza di indicizzazione automatica degli scaglioni IRPEF.
Secondo le analisi dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, la pressione fiscale reale sui salari si è incrementata negli ultimi anni, a causa della mancata rivalutazione degli scaglioni rispetto al costo della vita. Tale fenomeno colpisce in particolare la fascia media dei contribuenti, riducendo il potere d’acquisto, anche in presenza di aumenti contrattuali.