Nel 2025-2026 la tassa su copia privata subirŕ importanti incrementi, influenzando prezzi di smartphone, dispositivi tecnologici, prodotti ricondizionati e servizi cloud. Analizziamo impatto su consumatori, tariffe e rapporti tra produttori e industria culturale.
La revisione delle tariffe del compenso per copia privata, prevista dal nuovo decreto ministeriale, prospetta un incremento dei costi collegati ai dispositivi dotati di memoria, incidendo in modo diretto sulle abitudini d'acquisto degli italiani. Seppure poco visibile, questa voce di spesa si riflette sul prezzo di smartphone, computer, supporti digitali e - nel prossimo futuro - anche sui servizi cloud, andando a interessare un vasto bacino di utenti.
L'adeguamento delle tariffe, che per i prossimi due anni potrebbe raggiungere anche il 40% su alcuni dispositivi, solleva interrogativi sulla coerenza con le nuove modalità di fruizione dei contenuti digitali e sulle ricadute per consumatori e operatori del settore tecnologico. La questione centrale è l'effettivo equilibrio tra la tutela dei diritti d'autore e l'impatto economico sulle famiglie.
Il compenso per copia privata fu introdotto in Italia nel 1992, ispirandosi a direttive europee sulla protezione del diritto d'autore. Non si tratta di una tassa in senso stretto, ma di una tariffa forfettaria applicata a tutti i dispositivi capaci di memorizzare dati digitali, dal tradizionale videoregistratore agli odierni smartphone e computer. L'obiettivo è remunerare gli autori e l'industria culturale per le copie ad uso strettamente personale di opere protette - come brani musicali, video o ebook - effettuate su supporti fisici o memorie digitali.
Nel dettaglio, il contributo per copia privata viene versato dai produttori dei dispositivi, i quali lo integrano nel prezzo finale pagato dal consumatore. L'importo varia a seconda del tipo di apparecchio e della capacità di memoria, senza però adeguarsi proporzionalmente al costo di produzione o al prezzo di vendita del bene. Attualmente, ad esempio, a uno smartphone con 128 GB di memoria si applica un compenso di 6,9 euro, mentre per un hard disk esterno da 500 GB l'onere è di 6,44 euro.
I ricavi, che oscillano attorno ai 150 milioni di euro all'anno, vengono redistribuiti: per la parte audio, il 50% va agli autori e l'altra metà è suddivisa tra produttori e interpreti; per la parte video, il 30% è riservato agli autori e il 70% splitato tra produttori e artisti. Gli aumenti previsti vengono ricalcolati con cadenza triennale dal Ministero della Cultura, consultando stakeholders e associazioni di categoria, come previsto dalle norme relative alla legge sul diritto d'autore (legge 22 aprile 1941, n. 633).
L'aggiornamento tariffario che entrerà in vigore tra il 2025 e il 2026 prevede aumenti medi pari al 16-20% su quasi tutti i dispositivi con memoria, con incrementi più marcati per alcune categorie. Il meccanismo delle nuove tariffe si applica pressoché all'intero comparto dei prodotti digitali. Di seguito, una tabella riepilogativa dei principali cambiamenti previsti:
Prodotto |
Tariffa 2020 |
Tariffa 2025 |
% Aumento |
Smartphone 128GB |
6,9 € |
8,06 € |
+16,8% |
Smartphone 256GB |
6,9 € |
8,64 € |
+25,2% |
Hard Disk (500GB) |
6,44 € |
7,52 € |
+16,8% |
SSD oltre 2TB |
18 € |
21,02 € |
+16,8% |
Chiavetta USB 32GB+ |
7,5 € |
8,76 € |
+16,8% |
CD/DVD/Blu-ray |
0,05-0,10 € |
0,06-0,12 € |
+20% |
Gli incrementi maggiori interessano dispositivi come gli smartphone con memoria superiore ai 256 GB - ormai sempre più diffusi anche nelle fasce di prezzo intermedie - e i dispositivi portatili di nuova generazione (wearable, smartwatch). Le schede di memoria, le chiavette USB, gli hard disk esterni e i sistemi multimediali da salotto vedranno anch'essi aumenti nell'ordine del 10-20%.
I dispositivi con capacità di memoria più elevata subiranno gli aumenti più consistenti. Per CD, DVD e Blu-ray registrabili, gli incrementi saranno del 20%. I PC desktop e notebook saranno anch'essi soggetti a rincari medi del 16-17%.
L'incidenza percentuale risulta particolarmente gravosa per i dispositivi a basso costo - ad esempio le chiavette USB - su cui la nuova tariffa rappresenta una quota rilevante del prezzo finale.
Oltre all'aggiornamento delle tariffe, il decreto introduce due novità di rilievo che sollevano numerose perplessità operative e legali. In primis, l'applicazione della tassa anche ai dispositivi digitali ricondizionati. Questi prodotti, dopo essere stati usati, vengono rigenerati e rimessi in vendita: finora erano esenti, ma con le nuove regole saranno soggetti nuovamente al prelievo, sebbene l'onere sia già stato assolto in occasione del primo acquisto. Tale duplicazione della voce di costo potrebbe penalizzare il crescente mercato dei dispositivi rigenerati, considerato una soluzione valida sia sotto il profilo ambientale che economico.
La seconda importante novità riguarda l'estensione del compenso ai servizi di cloud storage, compresi quelli gratuiti. Spesso utilizzati per archiviare file personali e backup, questi servizi rischiano di vedersi applicata una nuova tariffa, con criteri ancora in via di definizione ma che prevedono:
Non mancano inoltre i dubbi rispetto alla coerenza di queste scelte con il quadro normativo europeo riguardante i servizi digitali transfrontalieri.
Dal punto di vista pratico, sono i consumatori a sostenere l'incremento del compenso per copia privata. Nonostante l'onere sia formalmente a carico dei produttori e degli importatori dei dispositivi, questi ultimi scaricano l'aumento direttamente sui prezzi finali. La maggior parte degli utenti, tuttavia, non se ne accorge, poiché la voce relativa non viene evidenziata nello scontrino o nella fattura, a differenza di altre imposte come l'IVA. Rileviamo che:
L'inasprimento del compenso per copia privata conferma una storica contrapposizione tra le associazioni dell'industria culturale e i produttori di apparecchiature digitali. I primi sostengono la necessità di mantenere e aggiornare la misura per garantire la remunerazione degli autori, specialmente in un contesto in cui il valore delle opere è costantemente eroso dalla distribuzione digitale e dalla difficoltà di tracciare le copie effettuate dagli utenti. Dal canto loro, le associazioni di categoria dei produttori e alcuni gruppi di consumatori considerano il contributo ormai superato e non più in linea con le attuali modalità di consumo, basate principalmente su streaming e licenze temporanee.
Il confronto include proposte, petizioni e iniziative pubbliche. Il portale DDay.it, specializzato in tecnologia, ha raccolto firme per l'abolizione della tariffa, sostenendo che essa penalizza l'innovazione e grava sulle famiglie italiane. Contestualmente, alcune associazioni chiedono una revisione organica del sistema, evidenziando come la nuova estensione della tassa al cloud rischi di porre l'Italia in una posizione anomala nel contesto europeo, anche in considerazione delle normative sulla libera circolazione dei servizi digitali fra Stati membri (Regolamento UE 2019/1150).
La decisione finale spetterà al Ministero della Cultura, che entro settembre 2025 dovrà approvare il testo definitivo: fino ad allora, il confronto rimane aperto tra esigenze di tutela artistica, evoluzione tecnologica e necessità di proteggere i portafogli degli utenti.