La discussione relativa ad una tassa sull'oro detenuto dagli italiani si sta imponendo tra le ipotesi al vaglio della legge di bilancio 2026. Si tratta di una misura che mira a regolamentare nuove entrate fiscali e, allo stesso tempo, incentivare la dichiarazione e la rivalutazione degli investimenti in lingotti, monete e placchette di proprietà di cittadini e società. Come ben sappiamo, dall'altra parte, negli ultimi anni, il valore dell’oro ha segnato crescite significative.
Le motivazioni della proposta: coperture finanziarie e impatto sui dividendi societari
Una delle principali motivazioni alla base della proposta risiede nell’esigenza di reperire coperture finanziarie alternative per la legge di bilancio 2026, evitando l’aumento della pressione fiscale sui dividendi societari. In particolare, il provvedimento originario (articolo 18 della legge di bilancio) prevedeva un forte inasprimento sulle cedole delle partecipazioni inferiori al 10%, rischiando di generare una fuga di capitali e penalizzare sia grandi gruppi sia piccole e medie imprese. La tassazione dell’oro consentirebbe, al contrario, di generare un gettito stimabile tra 1,6 e 2 miliardi di euro, evitando effetti distorsivi su altri comparti dell’economia.
In sintesi:
- La proposta ha raccolto il consenso di diversi esponenti parlamentari, che la considerano una soluzione più equa rispetto alle misure sui dividendi.
- Secondo le stime, solo il patrimonio privato in oro ammonterebbe a valori compresi tra 133 e 166 miliardi di euro, a cui si aggiungono le riserve auree detenute da Bankitalia (oltre 200 miliardi).
- Consentire una tassazione agevolata sulle plusvalenze favorirebbe la regolarizzazione e l’emersione di patrimoni, garantendo gettito immediato senza compromettere la competitività delle società italiane.
Come funzionerebbe la nuova tassa sull’oro: aliquote, modalità e tempistiche
Secondo la bozza circolata in ambito parlamentare, la nuova imposta si applicherà agli investimenti in oro fisico — lingotti, monete da investimento, placchette — detenuti da persone fisiche e giuridiche residenti in Italia. Il principale elemento di novità risiede nell’introduzione di una
aliquota agevolata, significativamente inferiore rispetto al regime attuale: il dibattito verte su una forbice compresa tra il 12,5% e il 18%, rispetto all’aliquota ordinaria del 26% oggi vigente sulle plusvalenze.
- Sarà prevista la possibilità di procedere a una rivalutazione del valore fiscale dell’oro, allineandolo ai prezzi di mercato aggiornati.
- L’opzione dovrà essere esercitata entro il 30 giugno 2026, coinvolgendo intermediari iscritti nel registro degli operatori professionali in oro.
- Il versamento della tassa dovrà avvenire entro il 30 settembre 2026; per chi scegliesse il pagamento rateale, sono previste tre tranche annuali con interessi annui al 3% sulle rate residue.
- In assenza della documentazione di acquisto, oggi la fiscalità grava sull’intero valore dell’oro ceduto; il nuovo regime punta invece a parametrarsi sulla differenza tra valore rivalutato e prezzo di rivendita.
Per i possessori, la rivalutazione si traduce in una tassazione più bassa e maggiore certezza sulla posizione fiscale, mentre per lo Stato significa incamerare subito risorse rilevanti.
| Regime vigente |
Aliquota 26% sulle plusvalenze (spesso sull’intero valore) |
| Nuova proposta |
Aliquota agevolata tra 12,5% e 18% sulla differenza fra valore rivalutato e prezzo di vendita |
Le plusvalenze sull’oro: attuale regime fiscale e possibili cambiamenti
Sul piano normativo, la disciplina delle plusvalenze da oro d’investimento si fonda oggi sull'applicazione di un’imposta sostitutiva pari al 26% del guadagno realizzato al momento della cessione, o, in assenza di documenti che provino il prezzo di acquisto, sull’intero valore venduto. Questo sistema, oltre a gravare pesantemente sul contribuente, rischia di scoraggiare la vendita e la regolarizzazione delle giacenze non dichiarate.
Il nuovo schema ipotizzato introduce la possibilità di rivalutare il valore fiscale dell’oro posseduto, pagando un’imposta sostitutiva ridotta (tra il 12,5% e il 18%), e calcolando la futura plusvalenza in base al valore rivalutato e non più al prezzo di acquisto originario. In questo modo:
- Si anticipa una parte dell’imposizione fiscale con un’aliquota più conveniente.
- Sempre più operatori sarebbero incentivati a dichiarare il capitale in oro posseduto.
- Migliora la tracciabilità degli investimenti e si promuove l’emersione di ricchezza finora sommersa.
Impatto del nuovo regime fiscale su investitori e mercato dell’oro
Le prospettive per i detentori di oro sono differenti a seconda dell’orizzonte temporale dell’investimento. Una tassazione ridotta sulle plusvalenze incoraggerebbe chi intende vendere nel breve periodo, poiché sarebbe possibile monetizzare i guadagni accumulati risparmiando in modo significativo sulle imposte se comparato al regime vigente.
- Per chi acquista oro a fini speculativi o ha realizzato elevate plusvalenze negli ultimi anni, la riduzione dell'aliquota offre vantaggi tangibili.
- Gli investitori di lungo termine, orientati a mantenere il metallo per finalità di protezione patrimoniale, potrebbero invece valutare meno interessante l'affrancamento fiscale.
- La mossa, secondo diversi esperti di settore, dovrebbe avere un impatto limitato sulla formazione del prezzo globale dell’oro, considerando la ridotta incidenza del mercato italiano sulle quotazioni mondiali.
Per lo Stato, invece, l’introduzione dello strumento rappresenta un’opportunità per ottenere immediate risorse di bilancio, incentivando parallelamente il reinvestimento di capitali nell’economia reale.
Le prospettive e i rischi per lo Stato e per gli investitori
L’adozione di una tassa agevolata sull’oro d’investimento genera tanto opportunità quanto rischi. Dal lato del bilancio pubblico, si configura una possibilità concreta di aumentare il gettito in tempi brevi grazie all’emersione di patrimoni precedentemente non dichiarati. Tuttavia, resta l’incognita relativa all’effettiva propensione dei contribuenti a sfruttare l’affrancamento.
- Un eventuale scenario di forte volatilità del prezzo dell’oro, come accaduto di recente, potrebbe disincentivare l’acquisto o la vendita, riducendo l’apporto fiscale previsto.
- Per chi investe, la rivalutazione appare interessante se si immagina una cessione imminente: se invece il prezzo dell’oro dovesse scendere bruscamente dopo la rivalutazione, il vantaggio ottenuto potrebbe essere “sterilizzato”.
- Per lo Stato, il rischio maggiore resta quello di incassare risorse immediate senza garantirne il reinvestimento strutturale, specie se l’operazione riguarda un numero ridotto di contribuenti.
Il confronto politico e le prospettive di approvazione della norma
La proposta di introdurre una tassazione agevolata sull’oro in seno alla legge di bilancio 2026 è al centro di un acceso confronto parlamentare. Se la maggioranza di governo, in particolare Lega e Forza Italia, si mostra orientata verso questa soluzione come alternativa all’inasprimento sui dividendi, le opposizioni e alcune associazioni imprenditoriali richiedono valutazioni più approfondite sulle conseguenze sistemiche.
- L’iter parlamentare sarà cruciale: entro la metà di novembre, il governo dovrà decidere se sostenere um emendamento specifico o lasciare decadere la proposta.
- I principali ostacoli riguardano l’effettiva capacità di reperire le risorse stimate e la necessità di evitare misure che appaiano come “condoni” mascherati.
- Il dialogo aperto con associazioni come Confindustria e Ania accentua il dibattito sulla sostenibilità del provvedimento e sulla difesa degli investimenti di lungo periodo.