Il mercato dei terreni agricoli italiani vive una fase di crescita: valori in rialzo, differenze tra aree e usi sempre più diversificati tra agricoltura, energia e superfici incolte. Opportunità, rischi e sfide.
Il comparto agricolo italiano si trova ad affrontare un cambiamento epocale nella valutazione dei terreni, come testimonia il Rapporto 2025 del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria).
Dopo vent'anni di quotazioni stagnanti, i valori dei suoli destinati all'agricoltura registrano una crescita superiore all'inflazione. Questo trend, nato dall'incontro tra nuovi attori e una domanda sempre più articolata, riflette un'evoluzione del mercato che coinvolge sia investitori tradizionali sia soggetti interessati a utilizzi alternativi degli spazi rurali.
I valori dei terreni agricoli in Italia hanno superato per la prima volta dal 2004 il tasso d'inflazione, segnando una svolta significativa per il mercato fondiario. Nel 2024 il prezzo medio nazionale è aumentato di circa l'1%, battendo l'inflazione di uno 0,2%. Tale risultato è da considerare alla luce della strutturale stabilità del settore: i terreni sono storicamente considerati un bene rifugio, con variazioni lente, ma costanti. La media nazionale si attesta attorno ai 22.400 euro per ettaro. L'andamento, tuttavia, si caratterizza per una forte disomogeneità tra le diverse macroregioni, secondo quanto analizzato da Crea:
Il superamento dell'inflazione rappresenta una discontinuità storica: negli anni precedenti l'incremento dei prezzi era eroso dai rincari generalizzati. Quest'anno, invece, l'aumento si è mantenuto solido e diffuso, sostenuto in particolare dall'interesse degli investitori per segmenti premium e dalla pressione esercitata dai nuovi utilizzi, come le energie rinnovabili. La tabella di sintesi delle quotazioni dei terreni agricoli (valori medi €/ha) rivela che:
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Area |
Prezzo medio €/ha |
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Nord-Est |
47.100 |
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Nord-Ovest |
35.200 |
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Centro-Sud |
<16.000 |
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Isole |
<9.000 |
Nel corso dell'ultimo anno il mercato fondiario italiano ha assistito a una ripresa delle compravendite, con un incremento del 4% rispetto al periodo precedente e picchi fino al 9% nelle regioni centrali. Questa crescita non è il frutto di dinamiche speculative, ma deriva da una ridisegnata composizione della domanda, in cui confluiscono soggetti nuovi a fianco degli operatori storici. La domanda di terreni è sostenuta da tre driver:
Una tendenza emersa di recente coinvolge l'accresciuto interesse verso i terreni da parte di investitori esterni al settore agricolo, orientati dall'ascesa delle rinnovabili o dalla ricerca di status symbol. Il rischio, segnalato dagli operatori, è che il valore fondiario tenda a scollegarsi dal rendimento agricolo e penalizzi chi intende utilizzare la terra come strumento produttivo.
Il settore dei terreni di pregio registra quotazioni in costante ascesa, con numeri che raggiungono livelli straordinari in particolari distretti del Paese. L'analisi dei dati a nudo mostra come si nascondano vere e proprie eccellenze:
In aree meno pregiate, come pascoli o boschi privi di colture specializzate, i valori rimangono contenuti, ma la forbice tra zone di eccellenza e aree marginali si allarga progressivamente, contribuendo a una polarizzazione senza precedenti sul territorio nazionale.
L'utilizzo dei terreni agricoli è in rapida trasformazione, riflettendo cambiamenti strutturali nel tessuto produttivo e nelle priorità degli investitori. Oggi, accanto all'impiego tradizionale a fini agricoli, emergono nuove destinazioni d'uso:
L'agricoltura italiana si confronta così con una doppia realtà: da un lato territori ad altissimo valore e grande intensità produttiva, dall'altro estese aree in via di abbandono, con rischi ambientali e perdita di patrimonio paesaggistico e produttivo.
Una delle problematiche più rilevanti è rappresentata dalla difficoltà di accesso ai terreni per i giovani. L'età media degli agricoltori italiani, una delle più elevate d'Europa, limita il ricambio generazionale e rallenta l'introduzione di innovazioni necessarie alla competitività del comparto. Il Rapporto Crea sottolinea come sia necessario rimuovere gli ostacoli alla riorganizzazione fondiaria, favorendo investimenti e sostenendo la crescita di aziende agricole innovative.
La crescita degli affitti è un'altra risposta alle dinamiche dei prezzi: con valori scollegati dal rendimento agricolo, molti operatori scelgono la locazione invece dell'acquisto, aumentando la flessibilità ma anche l'incertezza per chi coltiva.
Le politiche UE e l'auspicio per una maggiore attenzione al monitoraggio del mercato fondiario (come richiesto dalla Commissione con la proposta di un osservatorio europeo) sono chiamati a giocare un ruolo strategico. Sostenere il ricambio generazionale e migliorare la trasparenza delle quotazioni attraverso sistemi innovativi basati su big data e intelligenza artificiale appaiono soluzioni praticabili per la sostenibilità di lungo periodo.
L'ambizione, sottolineata dagli esperti, è quella di costituire un sistema agroalimentare più competitivo e resiliente, capace di accompagnare le trasformazioni del settore senza perdere redditività e tutela della terra come bene comune.
L'orizzonte del mercato fondiario appare improntato a moderata fiducia, ma non privo di rischi. Centrali rimangono l'impatto del cambiamento climatico e il possibile ridimensionamento delle risorse comunitarie destinate al settore. L'ascesa degli investimenti extra-agricoli rischia inoltre di alterare la funzione produttiva e sociale della terra in alcune zone strategiche. Tra le criticità emergono: