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Terreni agricoli, il valore aumenta così come compravendita. Gli usi più frequenti, dati e statistiche dal rapporto Crea 2025

di Marcello Tansini pubblicato il
Usi più frequenti terreni agricolo

Il mercato dei terreni agricoli italiani vive una fase di crescita: valori in rialzo, differenze tra aree e usi sempre più diversificati tra agricoltura, energia e superfici incolte. Opportunità, rischi e sfide.

Il comparto agricolo italiano si trova ad affrontare un cambiamento epocale nella valutazione dei terreni, come testimonia il Rapporto 2025 del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria).

Dopo vent'anni di quotazioni stagnanti, i valori dei suoli destinati all'agricoltura registrano una crescita superiore all'inflazione. Questo trend, nato dall'incontro tra nuovi attori e una domanda sempre più articolata, riflette un'evoluzione del mercato che coinvolge sia investitori tradizionali sia soggetti interessati a utilizzi alternativi degli spazi rurali.

Dinamiche dei prezzi: crescita, differenze territoriali e confronto

I valori dei terreni agricoli in Italia hanno superato per la prima volta dal 2004 il tasso d'inflazione, segnando una svolta significativa per il mercato fondiario. Nel 2024 il prezzo medio nazionale è aumentato di circa l'1%, battendo l'inflazione di uno 0,2%. Tale risultato è da considerare alla luce della strutturale stabilità del settore: i terreni sono storicamente considerati un bene rifugio, con variazioni lente, ma costanti. La media nazionale si attesta attorno ai 22.400 euro per ettaro. L'andamento, tuttavia, si caratterizza per una forte disomogeneità tra le diverse macroregioni, secondo quanto analizzato da Crea:

  • Nord-Est: valori medi di circa 47.100 euro/ettaro
  • Nord-Ovest: 35.200 euro/ettaro, con l'aumento più marcato (+2,3%)
  • Centro e Sud: valori inferiori a 16.000 euro/ettaro
  • Isole: sotto i 9.000 euro/ettaro
L'origine di queste differenze è riconducibile a molteplici fattori: la vocazione produttiva dei terreni, la presenza di aree pianeggianti irrigue nel Nord, l'intenso processo di urbanizzazione e il conseguente uso non agricolo del suolo. In aree interne e montane, invece, la debolezza della domanda, dovuta anche all'offerta generata da agricoltori anziani o aziende in difficoltà, porta a valori mediamente più bassi.

Il superamento dell'inflazione rappresenta una discontinuità storica: negli anni precedenti l'incremento dei prezzi era eroso dai rincari generalizzati. Quest'anno, invece, l'aumento si è mantenuto solido e diffuso, sostenuto in particolare dall'interesse degli investitori per segmenti premium e dalla pressione esercitata dai nuovi utilizzi, come le energie rinnovabili. La tabella di sintesi delle quotazioni dei terreni agricoli (valori medi €/ha) rivela che:

Area

Prezzo medio €/ha

Nord-Est

47.100

Nord-Ovest

35.200

Centro-Sud

<16.000

Isole

<9.000

Compravendite in aumento: dati su domanda, offerta e nuovi attori

Nel corso dell'ultimo anno il mercato fondiario italiano ha assistito a una ripresa delle compravendite, con un incremento del 4% rispetto al periodo precedente e picchi fino al 9% nelle regioni centrali. Questa crescita non è il frutto di dinamiche speculative, ma deriva da una ridisegnata composizione della domanda, in cui confluiscono soggetti nuovi a fianco degli operatori storici. La domanda di terreni è sostenuta da tre driver:

  • Fondi di investimento: interessati soprattutto a vigneti e aree di grande pregio, oppure attratti dal business delle energie rinnovabili come biogas e agrivoltaico.
  • Imprenditori agricoli: desiderosi di ampliare superfici coltivabili in un contesto di offerta sempre più limitata.
  • Acquirenti stranieri: spesso motivati dall'acquisizione di immobili e paesaggi iconici, anche per scopi extra agricoli.
Nelle aree urbane e nel Nord la domanda è in crescita, mentre l'offerta resta contenuta dall'intensa urbanizzazione e dalla scarsità di superfici disponibili. Al contrario, nelle aree interne e montane l'offerta è spesso superiore alla richiesta: qui la vendita riguarda aziende in difficoltà economica o eredi non interessati alla conduzione agricola.

Una tendenza emersa di recente coinvolge l'accresciuto interesse verso i terreni da parte di investitori esterni al settore agricolo, orientati dall'ascesa delle rinnovabili o dalla ricerca di status symbol. Il rischio, segnalato dagli operatori, è che il valore fondiario tenda a scollegarsi dal rendimento agricolo e penalizzi chi intende utilizzare la terra come strumento produttivo.

I valori record: vigneti, meleti e terreni di pregio

Il settore dei terreni di pregio registra quotazioni in costante ascesa, con numeri che raggiungono livelli straordinari in particolari distretti del Paese. L'analisi dei dati a nudo mostra come si nascondano vere e proprie eccellenze:

  • Vigneti DOC e DOCG: nelle Langhe il valore di un ettaro di vigneto destinato alla produzione del Barolo può toccare i 2,3 milioni di euro; valori da sei zeri anche per Bolgheri e Lago di Caldaro.
  • Meleti della Val Venosta: tra i 450.000 e 750.000 euro/ettaro, con picchi nella Val d'Adige di Merano e Bolzano.
  • Piana di Albenga: circa 500.000 euro/ettaro per le aree votate all'ortofloricoltura.
Questi valori eccezionali derivano dalla forte identità territoriale, dall'accesso a mercati di eccellenza e dalla possibilità di diversificare il reddito attraverso attività collegate, come l'enoturismo o la produzione di prodotti tipici.

In aree meno pregiate, come pascoli o boschi privi di colture specializzate, i valori rimangono contenuti, ma la forbice tra zone di eccellenza e aree marginali si allarga progressivamente, contribuendo a una polarizzazione senza precedenti sul territorio nazionale.

Uso dei terreni: tra agricoltura, energia verde e superfici incolte

L'utilizzo dei terreni agricoli è in rapida trasformazione, riflettendo cambiamenti strutturali nel tessuto produttivo e nelle priorità degli investitori. Oggi, accanto all'impiego tradizionale a fini agricoli, emergono nuove destinazioni d'uso:

  • Energia rinnovabile: biogas e agrivoltaico sono trainanti, soprattutto nelle aree dove il valore produttivo agricolo è medio-basso. Queste attività portano investimenti e innalzano le quotazioni, generando attrattiva verso porzioni di territorio finora trascurate.
  • Enoturismo ed agricoltura specialistica: nei distretti del vino o della frutticoltura d'eccellenza, la commistione tra produzione primaria e accoglienza turistica moltiplica il valore aggiunto dei terreni.
  • Terreni incolti: restano 1,5 milioni di ettari inutilizzati, soprattutto nelle zone interne e montane, a causa dell'abbandono generazionale e delle difficoltà legate alla frammentazione fondiaria.
Nel Nord prevalgono le superfici irrigue dedicate a colture industriali o di pregio, mentre nel Sud e nelle Isole si concentrano le aree a margine, spesso soggette a spopolamento e prive di investimenti strutturali. L'incremento del ricorso ai contratti di affitto rappresenta una risposta dinamica sia alla scarsità di superfici disponibili sia alle difficoltà di accesso alla proprietà, specie per i giovani imprenditori.

L'agricoltura italiana si confronta così con una doppia realtà: da un lato territori ad altissimo valore e grande intensità produttiva, dall'altro estese aree in via di abbandono, con rischi ambientali e perdita di patrimonio paesaggistico e produttivo.

Una delle problematiche più rilevanti è rappresentata dalla difficoltà di accesso ai terreni per i giovani. L'età media degli agricoltori italiani, una delle più elevate d'Europa, limita il ricambio generazionale e rallenta l'introduzione di innovazioni necessarie alla competitività del comparto. Il Rapporto Crea sottolinea come sia necessario rimuovere gli ostacoli alla riorganizzazione fondiaria, favorendo investimenti e sostenendo la crescita di aziende agricole innovative.

La crescita degli affitti è un'altra risposta alle dinamiche dei prezzi: con valori scollegati dal rendimento agricolo, molti operatori scelgono la locazione invece dell'acquisto, aumentando la flessibilità ma anche l'incertezza per chi coltiva.

Le politiche UE e l'auspicio per una maggiore attenzione al monitoraggio del mercato fondiario (come richiesto dalla Commissione con la proposta di un osservatorio europeo) sono chiamati a giocare un ruolo strategico. Sostenere il ricambio generazionale e migliorare la trasparenza delle quotazioni attraverso sistemi innovativi basati su big data e intelligenza artificiale appaiono soluzioni praticabili per la sostenibilità di lungo periodo.

L'ambizione, sottolineata dagli esperti, è quella di costituire un sistema agroalimentare più competitivo e resiliente, capace di accompagnare le trasformazioni del settore senza perdere redditività e tutela della terra come bene comune.

Fattori di rischio e prospettive del mercato fondiario

L'orizzonte del mercato fondiario appare improntato a moderata fiducia, ma non privo di rischi. Centrali rimangono l'impatto del cambiamento climatico e il possibile ridimensionamento delle risorse comunitarie destinate al settore. L'ascesa degli investimenti extra-agricoli rischia inoltre di alterare la funzione produttiva e sociale della terra in alcune zone strategiche. Tra le criticità emergono:

  • Volatilità dei mercati e distacco tra valori di mercato e redditività agricola
  • Polarizzazione del valore territoriale
  • Persistenza di un ampio patrimonio incolto, che rallenta innovazione e sostenibilità
  • Sfide di governance rispetto alle nuove politiche UE e alla necessità di strumenti trasparenti di monitoraggio
Il settore mantiene attrattività per la sua sicurezza e la capacità di resistere alle turbolenze economiche, ma dovrà affrontare un contesto in rapida evoluzione. Le future strategie richiederanno equilibrio tra redditività, sostenibilità e tutela del territorio.