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Tether, la società che ha la minoranza della Juventus, ha così tanto oro e bond Usa da far crollare i mercati

di Marcello Tansini pubblicato il
Tanto oro e bond Usa

La presenza di Tether tra gli azionisti della Juventus apre interrogativi su finanza e trasparenza. Oro, bond USA e gestione delle riserve s'intrecciano a calcio, rischi e impatti globali sui mercati.

La presenza di una delle principali società emittenti di stablecoin nei vertici azionari di un club calcistico storico come la Juventus rappresenta un caso di sinergia inedita tra tecnofinanza e sport. Questo intreccio tra innovazione digitale e storici equilibri societari sfida certezze consolidate nel panorama calcistico nazionale, catalizzando attenzioni e interrogativi circa gli effetti sistemici che poteri economici globali possono esercitare non solo sui mercati finanziari, ma anche sull'identità stessa di una squadra e sulla sua posizione competitiva.

È quindi essenziale comprendere i meccanismi interni, le logiche finanziarie e gli impatti che tale relazione tra una società leader nel settore crypto e la Juventus potrà produrre sul breve e sul medio termine, mantenendo un approccio basato su dati verificabili e trasparenza analitica.

Tether: storia, funzionamento e modello di business della stablecoin

Fondata con l'idea di offrire una criptovaluta ancorata al dollaro, l'azienda è oggi una delle realtà più discusse e analizzate nell'ambito delle valute digitali. Lo strumento principale emesso, USDT, viene concepito come una moneta di scambio digitale legata in rapporto 1:1 con il dollaro statunitense: ogni token viene emesso solo a fronte di una riserva detenuta dall'emittente, garantendo in via teorica un basso livello di rischio per chi lo detiene.

Il modello di business dell'azienda ruota attorno alla gestione delle importanti riserve raccolte dagli utenti che convertono valuta tradizionale nei token digitali. Tali riserve, composte da asset a basso rischio come titoli di stato americani a breve scadenza, vengono investite per generare rendimenti costanti. In particolare, la società investe in:

  • Titoli di stato USA con durata breve, che rappresentano la quota principale delle riserve;
  • Una parte minore in oro e bitcoin;
  • Prestiti garantiti e altri asset finanziari diversificati.
Grazie a queste operazioni il gruppo ha registrato utili record, come i 13,7 miliardi di dollari nel 2024, dimostrando una capacità reddituale superiore rispetto a molti attori bancari tradizionali. A differenza di rivali come Circle (emittente di USDC), che hanno optato per una più rigida regolamentazione europea, Tether ha preferito posizionarsi in mercati meno vincolanti, mantenendo così una struttura di costi contenuta e una massima libertà nella gestione delle riserve. La società, guidata dal CEO Paolo Ardoino, opera con una struttura snella, pochissimi dipendenti e una propensione marcata all'innovazione, spaziando oggi anche in settori come l'intelligenza artificiale, il biotech e i media digitali.

La scelta di non quotarsi in borsa e di emettere report sulle riserve tramite BDO Italia ha permesso all'azienda di mantenere una certa riservatezza pur affrontando, negli ultimi anni, critiche sulla trasparenza e sulla composizione delle riserve. Nonostante ciò, la solidità finanziaria, suffragata da report trimestrali e dal track record di stabilità del token, ha confermato la posizione di leadership della stablecoin nel mercato internazionale delle criptovalute.

Gestione delle riserve: oro, bond USA e altri asset

La struttura delle riserve dell'emittente USDT rappresenta una leva finanziaria di primaria importanza per il funzionamento stesso della stablecoin. Al 30 settembre 2025, le riserve ammontavano a circa 182 miliardi di dollari, così suddivise:

Tipo di asset

Quota sul totale

Titoli obbligazionari USA

75%

Bitcoin

5,6%

Oro

5,37%

Prestiti garantiti, corporate bond, altri asset

13,03%

Altri investimenti (non dettagliati)

2,96%

La gestione di questo patrimonio punta a mantenere l'ancoraggio costante del token con il dollaro, privilegiando asset a basso rischio. Tuttavia, la quota di elementi più volatili - bitcoin e oro - è cresciuta, portando S&P a evidenziare un aumento del rischio sistemico legato alla volatilità e a criticare la riduzione progressiva del peso dei Treasury USA rispetto all'anno precedente (dal 81% al 75%).

L'utilizzo di asset come il bitcoin, che ora rappresenta il 5,6% dell'USDT in circolazione, solleva interrogativi circa la sostenibilità della copertura in caso di brusche correzioni di mercato. La gestione oculata ha comunque permesso all'azienda di mantenere finora una elevata liquidità e stabilità nei rimborsi anche nelle fasi di maggiore turbolenza dei mercati.

Oltre ai Treasury, l'azienda investe in:

  • Oro fisico come elemento di differenziazione e parziale protezione dall'inflazione globalizzata;
  • Prestiti garantiti e bond corporate, sebbene questi siano considerati meno trasparenti dalla comunità finanziaria;
  • Altri investimenti non sempre dettagliati che costituiscono una minoranza, ma contribuiscono a rendere l'intero portafoglio più diversificato.
Le attività legate alla riserva di USDT non sono le uniche: parte degli utili derivati dagli investimenti viene impiegata per operazioni strategiche in altri settori, permettendo all'azienda di affrontare meglio possibili scenari di calo dei rendimenti sui bond, fattore che potrebbe influenzare in maniera sostanziale i profitti futuri. Tale strategia di diversificazione si fonda sulla consapevolezza della volatilità insita anche nei mercati obbligazionari internazionali, soprattutto in presenza di cambiamenti improvvisi delle politiche monetarie.

L'investimento di Tether nella Juventus: quote, motivazioni e scenari

L'acquisizione da parte del principale emittente di stablecoin di una quota significativa nella Juventus segna una svolta storica per l'assetto proprietario del club torinese. Secondo i dati più recenti, la partecipazione azionaria si attesta attualmente intorno al 10,7%, rendendo l'azienda il secondo maggiore azionista dopo Exor della famiglia Agnelli/Elkann. La quota in realtà è stata raggiunta progressivamente, passando dall'8,2% di inizio anno a oltre il 10% nel corso del tempo.

Secondo le comunicazioni ufficiali della società e quanto dichiarato dall'amministratore delegato Paolo Ardoino, la decisione di investire nella Juventus risponde a molteplici esigenze:

  • La passione personale dei principali dirigenti, unita a una visione innovativa di sviluppo sportivo e tecnologico;
  • La volontà di costruire una partnership volta a integrare tecnologie digitali e nuove esperienze per i tifosi all'interno del calcio tradizionale;
  • La convinzione nella capacità del club di valorizzare ulteriormente il proprio brand globale e la propria fanbase.
Dal punto di vista finanziario, l'allocazione di risorse su un club in ripresa - la Juventus ha chiuso il primo semestre dell'esercizio 2024/25 con un utile di 16,9 milioni contro una perdita di 95,1 milioni l'anno precedente - si configura come una mossa tanto strategica quanto di affezione. La presenza dell'azienda tra i soci principali rafforza la possibilità per la Juventus di accedere a nuove competenze e strumenti per accelerare la crescita, non solo sportiva ma anche commerciale.

Da un punto di vista regolamentare, però, la società non può, per ora, diventare main sponsor per l'impossibilità di operare ufficialmente in Europa secondo la normativa vigente per le criptovalute: resta comunque la capacità di intervenire in caso di necessità finanziarie future, come nelle ipotesi di aumenti di capitale.

Impatto di Tether sulla Juventus: finanza, governance e possibili sviluppi

L'ingresso della società delle stablecoin nella compagine azionaria bianconera ha introdotto cambiamenti significativi nella governance e nelle prospettive finanziarie del club. La disponibilità di importanti risorse finanziare, unite a una solida reputazione globale nell'ambito delle nuove tecnologie, ha aperto nuove opportunità per la squadra torinese.

Sul piano delle sinergie, questa partnership:

  • Mette a disposizione capitale in caso di necessità, come eventuali ricapitalizzazioni dettate da esigenze di bilancio o investimenti futuri;
  • Potrebbe assicurare l'ingresso di nuovi profili di governance provenienti dal mondo delle grandi holding internazionali e delle nuove tecnologie;
  • Offre accesso a tecnologie innovative che possono rivoluzionare l'esperienza dei tifosi e la gestione digitale del club;
  • Garantisce una maggiore resilienza finanziaria, fondamentale in un contesto in cui i grandi club europei sono sottoposti a forti oscillazioni di ricavi e costi, spesso legati ai risultati sul campo;
  • Rende possibile la costruzione di partnership commerciali di respiro internazionale, rafforzando la presenza del brand Juventus anche in mercati extra-europei.
Non sono escluse, inoltre, novità nella composizione del consiglio di amministrazione, con l'eventuale proposta, già ventilata, di figure come Juan Sartori: profili internazionali capaci di portare un'esperienza nella gestione di club prestigiosi a livello mondiale. Dal punto di vista operativo, la società delle stablecoin, grazie alla sua esperienza in settori digitali, può contribuire in maniera decisiva alla modernizzazione di processi gestionali e alla creazione di nuove fonti di ricavo.

Rischi, opacità e le critiche internazionali: il caso S&P e la trasparenza delle riserve

Nonostante la solidità finanziaria e la storia di stabilità mostrata dal token, persistono criticità legate alla trasparenza e alla gestione delle riserve. Recentemente, S&P Global Ratings ha declassato la stablecoin portando la valutazione di stabilità al livello più basso, 5 - Weak. Secondo l'agenzia, questa revisione è motivata da:

  • Aumento della quota di asset rischiosi (bitcoin, oro, corporate bond, prestiti garantiti): arrivata al 24% delle riserve, in crescita rispetto al 17% dell'anno precedente;
  • Scarsa trasparenza su custodi, controparti finanziari e composizione di alcune categorie di asset;
  • Governance giudicata opaca, con quadri regolamentari meno stringenti (dopo il trasferimento della sede legale a El Salvador);
  • Nessun audit condotto dalle principali big four, con l'azienda che si limita a pubblicare attestazioni trimestrali tramite una società di revisione esterna;
  • Assenza di segregazione patrimoniale a beneficio diretto degli utenti, come richiesto dai regolatori in altri mercati.
Sebbene circa tre quarti delle riserve siano investiti in titoli a basso rischio, il maggior peso dei segmenti più instabili potrebbe - in presenza di brusche oscillazioni - compromettere il rapporto di copertura e creare rischi di sottocollateralizzazione dei token emessi. Il passaggio a un quadro normativo più permissivo, come quello salvadoregno, alimenta ulteriori dubbi circa la sicurezza giuridica offerta a utenti e investitori.

La risposta della società - tramite il suo CEO Ardoino - rimarca l'inevitabile scontro tra nuove forme finanziarie e operatori della finanza tradizionale, tacciati di non comprendere i meccanismi delle piattaforme crypto. Tuttavia, l'assenza di una meticolosa disclosure sulle riserve rimane un tema centrale nel dibattito internazionale, ostacolando una piena adesione ai più stringenti requisiti di affidabilità e chiarezza imposti dai regolatori globali.