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Transizione 4.0 e 5.0, bonus innovazione e Zes: le attese per l'incontro al Mimit domani 18 novembre su incentivi alle imprese

di Marcello Tansini pubblicato il
Transizione 4.0 e 5.0, bonus innovazione

L'incontro al Mimit sarà fondamentale per capire l'evoluzione degli incentivi per le imprese nel 2026 ma anche per gli anni futuri: dalle sfide della Transizione 4.0 e 5.0 ai nuovi bonus per digitalizzazione e sostenibilità, fino al credito Zes e alle prospettive future.

Il panorama delle agevolazioni destinate alle imprese italiane si presenta oggi profondamente rinnovato, tra esigenze di sostegno alla crescita e nuovi limiti di spesa. Nel contesto di una competizione internazionale sempre più serrata, la digitalizzazione e la sostenibilità ambientale dettano la traiettoria degli investimenti industriali. Tuttavia, negli ultimi mesi molte imprese hanno dovuto fronteggiare una riduzione imprevista delle risorse per i principali strumenti di incentivazione. Il quadro normativo, ridefinito anche in base agli orientamenti europei e alle priorità del PNRR, è stato fortemente influenzato dalla saturazione dei fondi disponibili. Questo scenario impone aggiornamenti ai programmi di supporto, richiedendo alle aziende una crescente attenzione nella pianificazione delle strategie finanziarie, soprattutto per chi investe in tecnologie avanzate e progetti di efficienza energetica.

La mappa degli incentivi si sta così spostando verso nuove formule, tra maggiorazioni di ammortamento, restrizioni sui bonus digitali e nuove misure dedicate alle aree Zes. In questa cornice, chi guida le scelte in azienda deve orientarsi tra strumenti ancora attivi, risorse residue e possibili sviluppi derivanti dalle decisioni attese nei tavoli istituzionali. 

Transizione 4.0 e 5.0: fondi esauriti e cause della stretta sugli incentivi

L’azzeramento dei fondi disponibili ha colpito con particolare forza sia il piano Transizione 4.0 sia il successivo Transizione 5.0, entrambi considerati pilastri per il rinnovamento industriale italiano. Transizione 4.0 ha sostenuto, in modo mirato, la digitalizzazione produttiva mediante crediti d’imposta su beni materiali e immateriali, mentre il programma 5.0 ha ampliato la platea inserendo stringenti requisiti di efficienza energetica.

Secondo i dati pubblicati da GSE e Ministero delle Imprese e del Made in Italy, a novembre 2025 le risorse stanziate si sono esaurite in anticipo rispetto alle attese:

  • Per Transizione 5.0, dei 6,3 miliardi di euro assegnati attraverso il PNRR, solo 2,5 miliardi sono stati effettivamente resi disponibili al credito d’imposta. I restanti fondi sono stati dirottati su altre misure in seguito a decisioni condivise con la Commissione Europea, in risposta a un utilizzo inizialmente inferiore alle attese. L’inaspettato picco di prenotazioni a ridosso della chiusura ha portato il valore delle domande oltre il limite autorizzato, generando una lista d’attesa priva di certezze per le aziende coinvolte.
  • Il piano 4.0, tornato d’attualità come “ancora di salvezza” a fronte della stretta sulla misura successiva, ha visto un rapido esaurimento anche dei propri fondi residui: dei 2,2 miliardi disponibili per il 2025, la totalità è stata impegnata in poche settimane, alimentata dallo spostamento di molti progetti inizialmente destinati a Transizione 5.0.
Il risultato è stato un diffuso smarrimento tra gli imprenditori, molti dei quali hanno visto cambiare le condizioni di accesso in corso d’opera. Tra le principali cause della stretta si annoverano:
  • Ritardi nelle norme attuative e nei chiarimenti ministeriali, che hanno rallentato l’avvio effettivo degli investimenti.
  • Vincoli europei stringenti sull’impiego delle risorse PNRR.
  • Scelte di ridefinizione della dotazione finanziaria operate d’urgenza per contenere l’impatto sulle casse pubbliche.
La conseguenza diretta è stata una repentina chiusura degli sportelli e una situazione di incertezza che interessa migliaia di domande ancora in attesa di esito.

Le difficoltà per le imprese e le criticità delle attuali misure

L’improvviso esaurimento delle risorse, accompagnato da modifiche regolamentari improvvise, ha generato numerose difficoltà operative per le imprese. Numerosi imprenditori segnalano il rischio di vedere vanificati investimenti già avviati o pianificati puntando sulle aliquote o sulle modalità di accesso inizialmente annunciate. I principali nodi riscontrati possono essere così riassunti:

  • Incertezza sulle tempistiche di accesso: la presenza delle “liste di attesa” sia su Transizione 4.0 che su 5.0 obbliga le imprese a predisporre documentazione e prenotazioni senza alcuna garanzia di beneficio concreto.
  • Riduzione della percentuale di agevolazione: il passaggio dal 45%/35% del credito d’imposta 5.0 al 20% massimo del 4.0 comporta un beneficio potenziale notevolmente inferiore.
  • Complessità burocratica crescente: la stratificazione normativa e la necessità di dimostrare il rispetto puntuale dei requisiti (ad esempio, la certificazione del risparmio energetico) allungano i tempi e la difficoltà gestionale, soprattutto per le PMI prive di strutture dedicate.
  • Scarsa comunicazione istituzionale: molte imprese hanno segnalato una gestione non trasparente nei messaggi di allerta sulle risorse residue e sui cambiamenti delle regole, con il rischio tangibile di interrompere la pianificazione degli investimenti.
Queste criticità rischiano di indebolire la fiducia nel sistema degli incentivi e hanno imposto a molti operatori una ridefinizione delle proprie strategie di sviluppo. In assenza di certezze, cresce il rischio di una sospensione degli investimenti innovativi in attesa di chiarimenti normativi.

Transizione 5.0: requisiti, modalità di accesso e differenze con il passato

La versione aggiornata di Transizione 5.0 ha introdotto numerosi elementi di discontinuità rispetto alla precedente programmazione. L’obiettivo principale risiede nel coniugare la trasformazione digitale con l’efficientamento energetico, favorendo investimenti in beni strumentali, sistemi smart e risorse per la formazione del personale, ma solo a condizione di ottenere un concreto risparmio sui consumi.

I requisiti per l’accesso sono stati resi più selettivi e dettagliati. In sintesi:

  • Possono accedere tutte le imprese con sede o stabile organizzazione in Italia, in regola con obblighi fiscali e contributivi.
  • Gli investimenti devono essere programmati tra primo gennaio 2024 e fine 2025, riguardando beni materiali e immateriali connessi digitalmente (Allegati A e B), impianti green, sistemi di producibilità e accumulo energia.
  • Elemento chiave: attestazione di una riduzione dei consumi energetici pari almeno al 3% sull’intera struttura produttiva, oppure del 5% rispetto al processo oggetto dell’investimento, certificata da tecnico abilitato.
  • Modalità di accesso: presentazione del progetto, diagnosi energetica pre e post-intervento, raccolta della documentazione e invio su piattaforma GSE. Il credito maturato può essere utilizzato tramite modello F24 in tre quote annuali, previa verifica della documentazione.
Una sintesi della scala di incentivi applicata:
Risparmio energetico (%) Credito d’imposta
Oltre 10% 45% (fino al 63% con maggiorazioni)
6-10% 40%
3-5% 35%

Rispetto a Transizione 4.0, la nuova misura lega il contributo fiscale al risultato energetico, innalzando così la soglia qualitativa dei progetti e orientando i benefit soprattutto verso chi integra davvero tecnologia e sostenibilità. Sono escluse dall’accesso le imprese in liquidazione o soggette a sanzioni interdittive.

Il cambio di paradigma pone maggiore enfasi sulle fasi di progettazione e sulla rapidità di invio delle domande, dato il plafond limitato e le procedure di selezione sequenziale.

Bonus innovazione: come cambiano le agevolazioni per la digitalizzazione e la sostenibilità

I recenti cambiamenti nel quadro delle agevolazioni hanno inciso anche sulle varianti dei bonus legati a progetti innovativi e alla digitalizzazione aziendale. La razionalizzazione delle misure pone al centro la necessità di rendere più agili e mirate le risorse pubbliche, puntando su investimenti realmente trasformativi.

Le principali innovazioni riguardano:

  • Superamento dei crediti d’imposta per la formazione: nelle nuove versioni dei programmi non sono previste forme di incentivo specifiche per le attività formative connesse alla trasformazione digitale.
  • Rimodulazione del credito per innovazione tecnologica: da gennaio 2026 l’agevolazione per investimenti in ricerca, sviluppo e design viene esclusa dalle spese ammesse alla detrazione, ad eccezione dei progetti di ideazione estetica e modello (ad es. moda), che potranno accedere a una riduzione del 10% o, in alcuni casi specifici, del 30% rispetto alle spese sostenute per energia.
  • Per investimenti 2026, gli incentivi sono riconosciuti in forma di maxi-ammortamento, con maggiorazioni progressive in base all’ammontare e alle finalità degli investimenti stessi (ad esempio, maggiore deducibilità per chi installa solare made in EU ad alta efficienza).
  • Nessun rifinanziamento per crediti R&S generici, ma apertura a strumenti di supporto a progetti di alto valore aggiunto e più controllati.
L’obiettivo dichiarato dalla nuova disciplina è quello di intercettare le reali esigenze competitive del sistema produttivo, limitando fenomeni speculativi e assicurando un più efficiente utilizzo delle risorse disponibili nelle forme più idonee al contesto europeo.

Il futuro degli incentivi: maxi-ammortamenti, tempistiche e attese dell’incontro MIMIT

Le recenti rimodulazioni delle politiche pubbliche per l’innovazione puntano a superare la frammentazione dei bonus precedenti, orientando la strategia verso strumenti più semplici e di maggiore impatto. Dal 2026, la formula dell’ammortamento potenziato – già familiare alle imprese italiane grazie all’esperienza dell’Industria 4.0 – segnerà un ritorno al passato, con una deducibilità straordinaria che varierà in base a volume e finalità dell’investimento.

  • Per investimenti fino a 2,5 milioni di euro, il coefficiente arriva al 180% (o al 220% nel caso di progetti in linea con la transizione ecologica).
  • Sopra questa soglia la maggiorazione scende progressivamente (100% tra 2,5 e 10 milioni, 50% da 10 a 20 milioni, con scaglioni ulteriori fino al 90% se legati agli obiettivi di sostenibilità).
  • Benefici finanziari maggiori vengono riconosciuti ove siano certificate riduzioni dei consumi energetici di almeno il 3% nella struttura produttiva o il 5% nel processo.
Il meccanismo sarà subordinato all’utilizzo di piattaforme digitali per il caricamento delle pratiche e richiederà la dimostrazione di una quota di acconto (20%) entro il 2026 per l’accesso alle deduzioni su consegne che potranno avvenire fino a giugno 2027. Resta da definire l’opzione di un’estensione temporale o di ulteriori stanziamenti, tema che sarà al centro dell'incontro programmato tra governo e associazioni imprenditoriali presso il MIMIT il 18 novembre.

Ci si attende che siano approfonditi:

  • criteri definitivi di accesso e scaglionamento;
  • eventuale priorità per le aziende già in graduatoria d’attesa;
  • possibili sinergie tra le diverse misure agevolative.
L’obiettivo condiviso resta garantire coerenza tra le nuove politiche di incentivo e la capacità del tessuto produttivo di programmare interventi di lungo periodo, in un clima di maggiore prevedibilità e razionalità distributiva.

Credito d’imposta per la Zes: caratteristiche e prospettive fino al 2028

Il credito d’imposta dedicato alle imprese localizzate nelle Zone economiche speciali del Sud (Zes) rappresenta un’importante leva per gli investimenti produttivi fino al 2028. La misura, estesa a regioni quali Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Marche, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna e Umbria, è stata rifinanziata nel quadro della Legge di Bilancio recentemente approvata.

Caratteristiche principali:

  • Modalità di accesso legate all’effettiva realizzazione degli investimenti tra il primo gennaio 2026 e il 15 novembre 2028, con verifica postuma delle spese ammissibili.
  • Aliquote differenziate in base sia alle aree di localizzazione che alla dimensione aziendale, in modo da assicurare una maggiore spinta al tessuto produttivo meno sviluppato.
  • Stanziamenti previsti: 2,3 miliardi per il 2026, 1 miliardo per il 2027 e 750 milioni per il 2028, con probabile necessità di rifinanziamento per assicurare l’operatività nei due anni finali.
  • Possibilità di cumulo con altri incentivi nazionali o comunitari, fermo restando l’assenza di doppie sovrapposizioni sulle stesse voci di spesa.
Il meccanismo, vigilato da normative nazionali e regolamenti UE, mira a incrementare attrattività e competitività favorendo progetti di sviluppo strategico, in raccordo sia con le politiche di coesione europee sia con le peculiarità settoriali delle regioni interessate.