Dal 2006 il tuo sito imparziale su Lavoro, Fisco, Investimenti, Pensioni, Aziende ed Auto

Trivelle per trovare petrolio e gas ritornano in Italia: le aziende coinvolte, le regioni, i rischi e i benefici

di Marcello Tansini pubblicato il
trivelle gas e petrolio in italia

Il ritorno delle trivelle in Italia accende il dibattito tra strategia energetica, interessi economici, rischi ambientali e confronto politico-sociale. Analisi delle nuove esplorazioni, dei loro attori e delle tecnologie coinvolte.

Dopo anni di sospensioni e moratorie, la ricerca di petrolio e gas vede un nuovo slancio sul territorio italiano. Il recente ripristino di oltre trenta licenze di esplorazione segna una svolta nell’orientamento energetico nazionale. Questa inversione di tendenza si inserisce in un quadro europeo di aumentata domanda di sicurezza energetica, generando dibattito sia per i benefici economici che per le potenziali criticità ambientali.

La nuova strategia energetica italiana: obiettivi e attori

L’Italia, con la riapertura dei dossier sulle "Trivelle per petrolio e gas sono tornate", mira a rafforzare la propria autosufficienza energetica. Dopo l’annullamento da parte del Tar Lazio del Pitesai (Piano per la Transizione energetica sostenibile delle aree idonee), il governo punta a riattivare la produzione interna, accorciando la filiera dell’importazione di idrocarburi. Tra gli obiettivi principali, emergono:

  • Incremento della produzione nazionale di gas naturale e petrolio per ridurre la dipendenza dall’estero
  • Calmieramento dei prezzi dell’energia per le imprese energivore, grazie a meccanismi come la “gas release”
  • Semplificazione normativa e stabilità regolatoria per attrarre investimenti e garantire chiarezza agli operatori
Gli attori protagonisti sono molteplici. Compagnie internazionali come Shell, Total e Mitsui vedono nell’Italia un ambiente favorevole. Shell stessa, attiva nei principali giacimenti onshore della Basilicata, ribadisce il potenziale del sistema nazionale. Agli investitori si affiancano aziende italiane come Eni ed Energean, impegnate in nuove campagne di esplorazione e sviluppo offshore e onshore.
 

Le aree interessate e le principali operazioni di esplorazione e produzione

Le nuove attività di ricerca e produzione riguardano diverse regioni italiane e specchi di mare nazionale. Sulla terraferma l’attenzione si concentra su Basilicata, Lombardia, Emilia-Romagna, Puglia, Campania e Piemonte. In Basilicata sono presenti i due più grandi giacimenti d’olio onshore d’Europa, Val d’Agri e Tempa Rossa, gestiti da Eni, Total e Shell. In Lombardia e nel Novarese, aziende come AleAnna stanno approfondendo l’analisi di giacimenti storici e promettenti accumuli tramite tecnologie avanzate per la rilettura di vecchi dati geofisici.

Mari come l’Adriatico, lo Ionio e il Canale di Sicilia sono nuovamente scenario di permessi autorizzati, tra cui spicca il progetto Argo Cassiopea offshore, gestito da Eni, con una previsione di picco produttivo a 1,5 miliardi di metri cubi di gas. Energean opera su Vega (Sicilia) e Rospo (Adriatico), puntando a triplicare le rese usando infrastrutture esistenti.

Significativo anche il ruolo delle attività a ridosso di aree protette, dove si concentrano i principali ricorsi e le tensioni con le comunità locali e ambientaliste.

Risvolti economici e sicurezza energetica per il Paese

L’effetto più immediato delle nuove concessioni riguarda la possibilità di aumentare l’offerta interna di energia e contenere l’esposizione agli shock esterni. Il settore upstream nazionale mira a coprire almeno una parte strategica della domanda di gas industriale, soprattutto nel comparto energivoro. Per le imprese, strumenti come la “gas release” sono pensati per offrire una quota di metano a prezzi inferiori rispetto al mercato, contribuendo alla competitività industriale. Di seguito alcuni dati recenti:

Permessi attivi in terraferma (marzo 2025) 13
Permessi attivi in mare 7
Quota attesa da Argo Cassiopea 1,5 miliardi m³/anno
Produzione nazionale gas (2024) 3 miliardi m³/anno

Queste cifre, sebbene lontane dall’autosufficienza, offrono un margine di sicurezza e pongono l’Italia in una posizione meno vulnerabile rispetto agli scontri geopolitici e alle tensioni sulle forniture internazionali. La ripartenza industriale genera impatti sociali attraverso la creazione di occupazione sul territorio e nuove prospettive di investimento. Tuttavia, la concorrenza globale, le sollecitazioni ambientali e l’agenda climatica europea impongono un equilibrio sempre più difficile tra crescita e sostenibilità.

Rischi ambientali: tra ricorsi e impatti sulla biodiversità

L’espansione delle attività estrattive ha sollevato forti preoccupazioni scientifiche e sociali. I rischi ambientali più significativi includono:

  • Possibili danni a ecosistemi sensibili come il Delta del Po e le aree marine protette dell’Adriatico
  • Impatto diretto sulla biodiversità, in particolare su specie protette (es. tursiope, tartaruga marina, uccelli migratori)
  • Subsidenza e rischio di abbassamento del terreno, soprattutto nelle aree costiere ed agricole
  • Emissioni climalteranti connesse alla produzione, fuggitive di metano e rischi legati al trasporto
Un caso eclatante riguarda lo stop giudiziario al progetto Teodorico, al largo del Delta del Po, dovuto all’accoglimento dei ricorsi presentati da associazioni ambientaliste e Comuni locali. L’area in questione, prossima a un Sito di Importanza Comunitaria e patrimonio Unesco, rischiava impatti rilevanti su fauna e flora protetta. Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha stabilito l’obbligo per il ministero competente di rivalutare in modo approfondito i possibili effetti delle attività estrattive sugli ecosistemi.
Il quadro normativo europeo, in particolare la direttiva Habitat 92/43/CEE e la Direttiva Quadro sull’Acqua 2000/60/CE, impone limiti stringenti sull’uso delle risorse in prossimità di zone protette.
Le controversie ambientali si riflettono anche su altri territori interessati da permessi: in Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna diversi progetti sono stati oggetto di opposizione da parte delle comunità locali, in taluni casi legata a incidenti occorsi in passato.

Il ruolo delle grandi compagnie e le tecnologie adottate

L’attuale scenario vede il coinvolgimento di multinazionali con notevoli esperienze, che investono in tecnologie sempre più avanzate per ridurre impatti ed emissioni legati alle trivellazioni e alle piattaforme offshore.

  • Eni e Shell puntano sull’ottimizzazione dei processi e sull’integrazione di sistemi digitali per il monitoraggio ambientale continuo.
  • Saipem e partner, grazie a fusioni strategiche, ampliano il portafoglio di competenze in ingegneria energetica e sviluppo di piattaforme resilienti e meno energivore.
  • AleAnna investe su rilievi geofisici di nuova generazione per valorizzare campi marginali e vecchi dati minerari.
L’innovazione riguarda anche le infrastrutture, che diventano più “agili”, riducendo tempi e costi di realizzazione. Le piattaforme di ultima generazione garantiscono una maggiore sicurezza operativa e una minore generazione di emissioni, pur mantenendo la capacità produttiva per decenni.

Dibattito politico e sociale sulle nuove trivellazioni

Lo sviluppo dell’estrazione di idrocarburi alimenta un ampio confronto politico e sociale. In Parlamento e nelle amministrazioni locali il tema divide chi sostiene la necessità di rafforzare la sicurezza energetica e chi, invece, invoca una più rapida transizione verso fonti rinnovabili. Alcuni territori, come il Veneto, hanno manifestato una forte opposizione alle nuove concessioni, soprattutto in prossimità di aree protette o zone a rischio ambientale.

Non mancano le contrapposizioni tra sostenitori delle "Trivelle per petrolio e gas sono tornate" e ambientalisti, che sottolineano l’urgenza di ridurre rapidamente la dipendenza dai combustibili fossili e il rischio di ritardi negli obiettivi climatici europei. Tuttavia, la carenza di approvvigionamenti alternativi e la volatilità dei mercati pongono la questione della tutela degli interessi collettivi, tra crescita economica, salvaguardia dei posti di lavoro e protezione dell’ambiente. Il dibattito appare ancora aperto e destinato ad evolvere, tra decisioni normative, sfide industriali e sensibilità sociale.