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Viviamo in una realtà e mondo parallelo come in Matrix? La scienza dice di no, ma alcuni non ne sono convinti

di Marcello Tansini pubblicato il
Viviamo come Matrix

Viviamo davvero in una simulazione come in Matrix? L'ipotesi tra filosofia, scienza e limiti della fisica, esaminando prove, critiche e le profonde implicazioni sul senso della realtà.

L'idea che il mondo che percepiamo possa essere solo un'illusione, o addirittura una sofisticata simulazione digitale, accompagna l'essere umano da secoli. Questo tema, reso celebre dal film Matrix, solleva profondi interrogativi sull'esistenza, sul libero arbitrio e sulla nostra capacità di distinguere tra ciò che è reale e ciò che è illusorio. Nel tempo, l'ipotesi di una realtà simulata ha conquistato un posto nel dibattito accademico internazionale, stimolando ricerche nei campi della filosofia, della computazione, della fisica e dell'intelligenza artificiale.

Se vivere immersi in una simulazione sembrava un esercizio di fantasia, lo sviluppo di tecnologie di simulazione sempre più sofisticate negli ultimi decenni ha riportato la questione al centro del dibattito scientifico e culturale. Basi di questa discussione si fondano sulla domanda: il mondo che sperimentiamo ogni giorno è autentico o frutto di una costruzione digitale creata altrove e per scopi a noi ignoti?

Sebbene la fisica moderna e la filosofia della scienza abbiano risposto con crescente precisione a questi interrogativi, nuove ricerche continuano a intrecciare domande e dubbi sulla sostanza ultima della realtà e su eventuali creatori dell'esperienza vissuta da ognuno di noi.

L'ipotesi della simulazione: dalle origini filosofiche alla scienza

Il seme dell'ipotesi della simulazione affonda le radici ben oltre la modernità. Già nella filosofia antica, Platone proponeva con il celebre mito della caverna una riflessione sull'inganno percettivo e sulle apparenze. Tuttavia, l'ipotesi assume veste contemporanea nel 2003, grazie al filosofo Nick Bostrom che pubblica un articolato trilemma in cui si interrogava sulla possibilità che la nostra civiltà fosse il prodotto di una simulazione condotta da esseri tecnologicamente avanzati.

La logica dei grandi numeri suggerisce che, se anche una piccola percentuale di civiltà evolute riuscisse a simulare universi popolati da entità autocoscienti, il numero di coscienze simulate supererebbe di gran lunga quelle reali. Questa argomentazione matematica porta a concludere che la probabilità di trovarci in un mondo simulato potrebbe essere statisticamente superiore rispetto a quella di vivere in una realtà originaria.

La tecnologia informatica ha offerto negli ultimi decenni strumenti per simulare fenomeni complessi, dal clima ai processi chimici, consolidando il fascino dell'idea che interi universi possano essere ricreati in sistemi di calcolo sofisticati. In sintonia, la fantascienza e la cultura popolare hanno elevato alla luce del giorno questa ipotesi, rendendo il tema ampiamente discusso anche fuori dai circuiti accademici.

Bostrom propone che, date tre alternative-estinzione della specie prima del raggiungimento di capacità simulative, mancanza di interesse verso tali simulazioni, oppure effettiva realizzazione di queste ultime-la terza ipotesi porterebbe a dedurre che siamo già in una simulazione. Questa prospettiva ha trovato terreno fertile sia tra filosofi che tra fisici teorici, che hanno provato a trovare mediante la fisica quantistica indizi di un'eventuale realtà digitalmente costruita.

La visione della fisica contemporanea: vuoto, spazio-tempo e materia

Nella fisica contemporanea, viene rigettata una visione semplicistica e digitale della realtà. I progressi della ricerca degli ultimi anni-come evidenziato anche dal lavoro del fisico Guido Tonelli e dalle scoperte sul bosone di Higgs-mostrano che l'universo non è una macchina dall'ordine algoritmico ma piuttosto un sistema la cui complessità sfugge a un approccio computazionale.

Centralità assoluta assume il concetto di vuoto quantistico: non uno sfondo privo di contenuti, ma un'entità ribollente di fluttuazioni e potenzialità, paragonabile, nelle parole degli scienziati, al silenzio pieno di suoni soppesati di un'orchestra pronta a esplodere. Dal vuoto è emersa la materia che costituisce l'universo come lo conosciamo, e lo stato presente dell'universo stesso è descritto come ancora uno stato di vuoto.

Lo spazio-tempo, lungi dall'essere uno scenario passivo, è una struttura materiale capace di oscillare ed essere deformata dalla presenza di massa ed energia. Le interazioni tra il vuoto elettrodebole e le particelle elementari hanno permesso la formazione di strutture materiali, come protoni e neutroni, gettando luce sulla nascita di atomi, stelle, galassie e, alla fine, della vita stessa.

La teoria della relatività e la meccanica quantistica hanno rivoluzionato la comprensione di spazio e tempo, dimostrando che essi esistono e si manifestano in funzione delle masse e delle energie in gioco, ben lontano da un modello di realtà isolata e auto-coerente come una sequenza di numeri binari in un software. Persino quando viene osservata la fusione di buchi neri colossali, come negli esperimenti GW231123, ciò suggerisce che l'universo è una rete mutevole e dinamica di fenomeni che sfidano la replicabilità perfetta di una simulazione informatica.

Questa visione della scienza attuale evidenzia come la materia, il vuoto, lo spazio e il tempo siano inscindibilmente intrecciati, rifiutando ogni lettura del cosmo riduttivamente in termini algoritmici o computazionali.

Prove scientifiche e simulazione: limiti della computazione dell'universo

Il recente dibattito scientifico ha messo in dubbio la possibilità che il cosmo sia riproducibile tramite calcolo digitale. Studi condotti da ricercatori come Mir Faizal, Lawrence Krauss e altri hanno stabilito che l'universo osservato non mostra una struttura compatibile con un modello computazionale. In particolare, l'idea secondo cui l'informazione, alla base dell'intera realtà, possa essere riconducibile a un algoritmo finito appare infondata secondo i più recenti risultati teorici.

Tra le principali argomentazioni contro la simulazione:

  • La straordinaria complessità gratuita dell'universo: invece di un ambiente ottimizzato per risparmiare risorse di calcolo, la natura propone fenomeni vari e ridondanti, privi di senso in una logica di efficacia computazionale.
  • Il principio di indeterminazione quantistica: la realtà a livello subatomico si manifesta come un insieme di possibilità e casualità, non riducibili a una programmazione rigidamente deterministica.
  • L'assenza di segnali di pixel o di limiti computazionali: esperimenti per verificare discontinuità o errori sistematici nei dati osservati non hanno prodotto esiti che lascino ipotizzare la presenza di una trama digitale sottesa alla natura.
Alcuni scienziati, come Frank Wilczek, hanno inoltre osservato che un ipotetico programmatore dovrebbe risparmiare risorse simulando solo l'indispensabile; invece, il nostro universo pullula di elementi privi di efficienza computazionale. Anche tentativi di progettare esperimenti basati su fenomeni quantistici, proposti da Houman Owhadi, puntano a scovare tracce di realtà digitale, ma finora non hanno trovato conferme nella fisica sperimentale.

Queste risultanze rafforzano l'impressione che l'universo sia ben più di una rappresentazione computazionale, ponendo forti limiti all'ipotesi di un cosmo generato e regolato da algoritmi programmati.

Critiche, punti deboli e le domande ancora aperte

Nonostante le forti argomentazioni contrarie, l'ipotesi della simulazione non è stata del tutto accantonata. Alcuni filosofi e studiosi, come Riccardo Campa, sottolineano che buona parte delle confutazioni presuppongono una concezione troppo rigida della simulazione stessa, assumendo che ogni dettaglio debba essere previsto e programmato in anticipo.

Secondo Bostrom, una simulazione di successo richiede solo la creazione di apparenze sufficientemente convincenti da risultare indistinguibili per gli abitanti interni. Questo significa che, come nei videogiochi contemporanei, molte caratteristiche potrebbero essere generate soltanto su richiesta, ossia quando vengono osservate, senza necessità di una riproduzione integrale e permanente di tutti gli elementi.

Tra le domande ancora aperte figurano:

  • La natura esatta dell'informazione nell'universo: può essere davvero non riducibile a un algoritmo?
  • È logicamente possibile distinguere, dall'interno, una realtà simulata da una base?
  • Come si concilia la casualità quantistica con l'eventuale presenza di un programma superiore?
Esistono inoltre questioni epistemologiche: la debolezza delle prove scientifiche in assenza di una verità unica e granitica, il rischio di inflazione di dati e informazioni che, anziché chiarire, aumentano il senso di incertezza e di infodemia. Così, mentre la scienza continua a respingere l'ipotesi Matrix in senso stretto, le domande di fondo sull'origine e la natura della realtà restano ancora motivo di confronto e dibattito.

Cosa cambierebbe se vivessimo in una simulazione?

La riflessione sulla possibilità di una realtà simulata rimette in gioco i temi dell'identità, della libertà e del senso dell'esistenza. Quale sarebbe l'effetto, sulla percezione di sé, se si scoprisse che tutto ciò che pensiamo autentico è frutto di un sofisticato artificio?

Dal punto di vista filosofico, conoscere di abitare una simulazione significherebbe ridiscutere il concetto stesso di realtà. La responsabilità personale e l'etica resterebbero però al centro delle scelte umane poiché, anche all'interno di una simulazione, le azioni avrebbero comunque effetti concreti sull'esperienza individuale e collettiva.

Gli interrogativi esistenziali includono:

  • Chi sarebbero gli autori e quali scopi avrebbero nel simulare coscienze come la nostra?
  • In che modo cambierebbe il valore attribuito ai sentimenti, alla creatività, alla sofferenza?
  • Si potrebbe parlare di libero arbitrio, o ogni azione sarebbe, in parte, determinata dalla volontà di un programmatore esterno?
Questi spunti rafforzano la necessità di collocare l'essere umano al centro della riflessione: anche di fronte alla più estrema delle ipotesi, rimangono intatti il bisogno di senso, la ricerca di conoscenza e il desiderio di autenticità che caratterizzano da sempre l'esistenza umana.