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Pensioni, 2 nuove strette su uscita dal lavoro a sorpresa in emendamento Governo in Manovra

di Marianna Quatraro pubblicato il
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La nuova Manovra introduce due strette impreviste sulle pensioni: maggiori penalizzazioni per il riscatto della laurea e tempi più lunghi per l'uscita dal lavoro. Analisi su impatti, sostenibilità e conseguenze per famiglie e mercato del lavoro.

Il più recente intervento legislativo in ambito previdenziale firmato dal Governo introduce sorprendenti modifiche al quadro normativo per l’accesso alla pensione, andando a incidere sia sui lavoratori prossimi al ritiro sia sulle future generazioni. Oggi marted 1 dicembre 2025, infatti, è stato depositato in commissione Bilancio al Senato all'interno del maxi emendamento del Governo, un emendamento che inasprisce i requisiti per l’uscita dal lavoro attraverso due principali misure: ridefinizione della valorizzazione dei periodi di studio universitario riscattati e allungamento delle cosiddette finestre di uscita. Questi aggiustamenti si inseriscono in un contesto di adeguamento delle regole previdenziali all’evoluzione demografica e costituiscono una risposta agli equilibri di sostenibilità richiesti dal sistema. 

Le novità sugli adeguamenti pensionistici: penalizzazioni per il riscatto della laurea

Una delle più incisive novità per i lavoratori che hanno riscattato il periodo di studi universitari riguarda il progressivo depotenziamento di questi anni ai fini della maturazione dei requisiti pensionistici. L'emendamento del Governo prevede una riduzione sempre più marcata di mesi conteggiabili per quei lavoratori che, tra il 2031 e il 2035, sfrutteranno questo istituto:

  • Per coloro che maturano i requisiti nel 2031, sei mesi di periodo riscattato non saranno considerati;
  • Per il 2032, i mesi esclusi diventano dodici;
  • Per il 2034, il periodo sale a diciotto mesi;
  • Dal 2035 in poi, due anni e mezzo (30 mesi) di studi universitari non incideranno più sul totale dei contributi utili alla pensione.
L’impatto maggiore si avrà sul riscatto della laurea triennale, che diventerà quasi irrilevante per il conteggio; per i titoli magistrali, invece, soltanto la metà degli anni sarà considerata. Da sottolineare che il costo del riscatto resterà invariato, una clausola che introduce una doppia penalizzazione: chi ha già sostenuto notevoli impegni finanziari per aumentare l’anzianità contributiva si vedrà ridotta sensibilmente la portata del beneficio ai fini dell’uscita anticipata dal mondo del lavoro.

Questo cambiamento, confermato dal testo scritto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, riflette una strategia di contenimento della spesa previdenziale e una risposta alle proiezioni ISTAT sull’invecchiamento demografico. Ne deriva una nuova incertezza per giovani e professionisti che, con sforzi pianificati e futuri investimenti, avevano pianificato il proprio percorso pensionistico sfruttando questo canale.

Allungamento delle finestre di uscita: come cambiano i tempi per andare in pensione

Oltre alla revisione dei riscatti universitari, il Governo introduce un allungamento progressivo delle finestre di uscita, ovvero il periodo obbligatorio tra la maturazione dei requisiti e la decorrenza effettiva della pensione. Dal 2032 in poi, chi acquisirà il diritto alla pensione dovrà attendere più a lungo prima di accedervi:

  • La finestra si estenderà a quattro mesi per il 2032 e il 2033;
  • Diventerà di cinque mesi nel 2034;
  • Arriverà a sei mesi a partire dal 2035.
Questa misura esclude solo chi, al 1 gennaio successivo all’entrata in vigore della norma, risulta già titolare di trattamento straordinario dai fondi di solidarietà. L’obiettivo dichiarato è quello di evitare la formazione di nuove categorie di lavoratori esodati, cioè coloro che restano privi sia di retribuzione sia di prestazione previdenziale.

L’allungamento delle finestre di uscita si inserisce in una logica orientata a garantire la sostenibilità dei conti pubblici, in linea con le previsioni elaborate dalla Ragioneria Generale dello Stato e le indicazioni dell’Unione Europea in termini di stabilità fiscale. Già secondo le precedenti proiezioni, entro il 2040 i requisiti anagrafici e contributivi sarebbero stati destinati a salire, ma questo meccanismo normativo ne anticipa e rafforza l’effetto. Ne deriva che una platea sempre più ampia di lavoratori sarà chiamata a prolungare la permanenza nel mercato del lavoro, con ricadute dirette sulle dinamiche occupazionali e sull’organizzazione della vita personale.

Impatto delle riforme sulle generazioni attuali e future: proiezioni demografiche e sostenibilità del sistema

L’insieme delle nuove regole introdotte determina prospettive profondamente diverse tra le generazioni in attività e coloro che si affacceranno al lavoro nei prossimi decenni. La Ragioneria dello Stato e l’ISTAT hanno fornito stime che descrivono una popolazione sempre più longeva, con la speranza di vita che arriverà a 89,2 anni per le donne e a 85,8 anni per gli uomini entro il 2070. Contestualmente, il flusso migratorio netto si manterrà stabile, mentre il tasso di fecondità salirà gradualmente fino a 1,44 figli per donna.

Questi dati demografici si riflettono sulla sostenibilità finanziaria della previdenza. Si prevede che, dal 2040, per accedere alla pensione di vecchiaia serviranno almeno tredici mesi in più rispetto agli attuali requisiti. L’età necessaria crescerà progressivamente, raggiungendo i 68 anni e 1 mese nel 2040 e i 70 anni nel 2067. Sul fronte della pensione anticipata tramite soli contributi, uomini e donne dovranno maturare rispettivamente 43 anni e 11 mesi e 42 anni e 11 mesi già entro il 2040, con successivo ulteriore innalzamento previsto entro il 2080.

Anno Pensione Vecchiaia (anni/mese) Pensione Anticipata (anni/mese)
2030 67/5 43/3 (uomini)
2040 68/1 43/11 (uomini)
2067 70 46 (uomini)
2084 70/8 46/6 (uomini)

In parallelo, il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati continua a deteriorarsi. Secondo il rapporto "Demografia e forza lavoro" del CNEL, nei prossimi dieci anni sono attesi 2,5 milioni di occupati in meno solo per effetto delle dinamiche demografiche. Questo scenario impone, da un lato, misure di incentivazione dell’occupazione giovanile e, dall’altro, la ridefinizione degli equilibri a tutela della sostenibilità del sistema.



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