La nuova Manovra introduce due strette impreviste sulle pensioni: maggiori penalizzazioni per il riscatto della laurea e tempi più lunghi per l'uscita dal lavoro. Analisi su impatti, sostenibilità e conseguenze per famiglie e mercato del lavoro.
Il più recente intervento legislativo in ambito previdenziale firmato dal Governo introduce sorprendenti modifiche al quadro normativo per l’accesso alla pensione, andando a incidere sia sui lavoratori prossimi al ritiro sia sulle future generazioni. Oggi marted 1 dicembre 2025, infatti, è stato depositato in commissione Bilancio al Senato all'interno del maxi emendamento del Governo, un emendamento che inasprisce i requisiti per l’uscita dal lavoro attraverso due principali misure: ridefinizione della valorizzazione dei periodi di studio universitario riscattati e allungamento delle cosiddette finestre di uscita. Questi aggiustamenti si inseriscono in un contesto di adeguamento delle regole previdenziali all’evoluzione demografica e costituiscono una risposta agli equilibri di sostenibilità richiesti dal sistema.
Una delle più incisive novità per i lavoratori che hanno riscattato il periodo di studi universitari riguarda il progressivo depotenziamento di questi anni ai fini della maturazione dei requisiti pensionistici. L'emendamento del Governo prevede una riduzione sempre più marcata di mesi conteggiabili per quei lavoratori che, tra il 2031 e il 2035, sfrutteranno questo istituto:
Questo cambiamento, confermato dal testo scritto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, riflette una strategia di contenimento della spesa previdenziale e una risposta alle proiezioni ISTAT sull’invecchiamento demografico. Ne deriva una nuova incertezza per giovani e professionisti che, con sforzi pianificati e futuri investimenti, avevano pianificato il proprio percorso pensionistico sfruttando questo canale.
Oltre alla revisione dei riscatti universitari, il Governo introduce un allungamento progressivo delle finestre di uscita, ovvero il periodo obbligatorio tra la maturazione dei requisiti e la decorrenza effettiva della pensione. Dal 2032 in poi, chi acquisirà il diritto alla pensione dovrà attendere più a lungo prima di accedervi:
L’allungamento delle finestre di uscita si inserisce in una logica orientata a garantire la sostenibilità dei conti pubblici, in linea con le previsioni elaborate dalla Ragioneria Generale dello Stato e le indicazioni dell’Unione Europea in termini di stabilità fiscale. Già secondo le precedenti proiezioni, entro il 2040 i requisiti anagrafici e contributivi sarebbero stati destinati a salire, ma questo meccanismo normativo ne anticipa e rafforza l’effetto. Ne deriva che una platea sempre più ampia di lavoratori sarà chiamata a prolungare la permanenza nel mercato del lavoro, con ricadute dirette sulle dinamiche occupazionali e sull’organizzazione della vita personale.
L’insieme delle nuove regole introdotte determina prospettive profondamente diverse tra le generazioni in attività e coloro che si affacceranno al lavoro nei prossimi decenni. La Ragioneria dello Stato e l’ISTAT hanno fornito stime che descrivono una popolazione sempre più longeva, con la speranza di vita che arriverà a 89,2 anni per le donne e a 85,8 anni per gli uomini entro il 2070. Contestualmente, il flusso migratorio netto si manterrà stabile, mentre il tasso di fecondità salirà gradualmente fino a 1,44 figli per donna.
Questi dati demografici si riflettono sulla sostenibilità finanziaria della previdenza. Si prevede che, dal 2040, per accedere alla pensione di vecchiaia serviranno almeno tredici mesi in più rispetto agli attuali requisiti. L’età necessaria crescerà progressivamente, raggiungendo i 68 anni e 1 mese nel 2040 e i 70 anni nel 2067. Sul fronte della pensione anticipata tramite soli contributi, uomini e donne dovranno maturare rispettivamente 43 anni e 11 mesi e 42 anni e 11 mesi già entro il 2040, con successivo ulteriore innalzamento previsto entro il 2080.
| Anno | Pensione Vecchiaia (anni/mese) | Pensione Anticipata (anni/mese) |
| 2030 | 67/5 | 43/3 (uomini) |
| 2040 | 68/1 | 43/11 (uomini) |
| 2067 | 70 | 46 (uomini) |
| 2084 | 70/8 | 46/6 (uomini) |
In parallelo, il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati continua a deteriorarsi. Secondo il rapporto "Demografia e forza lavoro" del CNEL, nei prossimi dieci anni sono attesi 2,5 milioni di occupati in meno solo per effetto delle dinamiche demografiche. Questo scenario impone, da un lato, misure di incentivazione dell’occupazione giovanile e, dall’altro, la ridefinizione degli equilibri a tutela della sostenibilità del sistema.