Nuove regole per entrare negli Stati Uniti obbligano i visitatori a dichiarare i propri profili social. Come nasce questa misura, i dettagli richiesti, impatti su privacy e turismo e cosa cambia.
Una proposta avviata dal Customs and Border Protection (CBP), in linea con le direttive della nuova amministrazione americana, prevede misure inedite di controllo sui social media, Instagram, Facebook, TikTok, per chi desidera viaggiare verso gli Stati Uniti con l'ESTA, il sistema elettronico utilizzato dai cittadini di Paesi esenti da visto, inclusi gli italiani. Negli anni recenti, la domanda su eventuali profili online era facoltativa; tuttavia, le nuove regole prospettano uno scenario in cui la raccolta e la valutazione delle impronte digitali e digitali personali diventano obbligatorie già in fase di richiesta dell'autorizzazione al viaggio.
L'obiettivo dalle autorità statunitensi è rafforzare la sicurezza nazionale e prevenire rischi, soprattutto in vista di grandi eventi internazionali previsti negli USA nei prossimi anni. Questa novità coinvolge una platea di viaggiatori senza precedenti. Le organizzazioni per i diritti digitali, però, segnalano potenziali rischi per privacy e libertà di espressione, ma la procedura rimane per ora una proposta in attesa di approvazione definitiva.
L'esigenza di intensificare le verifiche sui visitatori stranieri è maturata a seguito delle evoluzioni delle minacce globali e delle politiche interne degli Stati Uniti. A gennaio 2025, l'attuale presidente nordamericano ha firmato un ordine esecutivo volto a rafforzare le misure di prevenzione rispetto a possibili minacce terroristiche o di sicurezza pubblica, già avviate con precedenti disposizioni federali.
Il Dipartimento della Sicurezza Interna (DHS) ha così delineato la necessità di ampliare i dati raccolti non solo per chi richiede visti tradizionali, ma anche per chi accede tramite il Visa Waiver Program. È in questo contesto che si inserisce la proposta di estendere la raccolta obbligatoria degli identificatori social, numeri di telefono storici e indirizzi e-mail.
Le motivazioni alla base di tale obbligo ruotano attorno a una visione espansa della sicurezza, in cui la presenza e i contenuti digitali possono fornire indizi utili a valutare i rischi di ingresso. La proposta attuale rappresenta uno sviluppo naturale delle norme già introdotte dal 2019 per chi richiede un visto, quando venne stabilito che i social media sono elementi essenziali nello screening di sicurezza, una decisione ribadita, seppur contestata, anche dai tribunali federali. L'estensione ai cittadini dei Paesi esenti da visto mira quindi a rendere omogenea e anticipata la valutazione della storia digitale dei viaggiatori.
I cittadini italiani e degli altri Stati inclusi nel Visa Waiver Program si troveranno, in caso di approvazione, di fronte a una procedura ESTA profondamente rinnovata e molto più dettagliata. Oltre ai già previsti dati anagrafici e relativi al passaporto, ecco i principali dati aggiuntivi richiesti:
La logica di questi requisiti risponde al tentativo di anticipare i controlli già nella fase telematica di richiesta, consentendo in potenza di negare l'accesso preliminarmente se emergono rischi legati a quanto pubblicato online. Chi ometterà volutamente dati rilevanti rischierà la mancata autorizzazione all'ingresso. A oggi però, la dichiarazione dei social resta una proposta: eventuali omissioni potranno essere valutate solo dopo la definitiva entrata in vigore delle nuove regole.
Negli ultimi anni, l'inserimento dei profili social nella richiesta ESTA era solo facoltativo. Dal 2016, infatti, il modulo elettronico presentava un campo in cui l'utente poteva volontariamente indicare i propri account, facendo della scelta di renderli noti una questione personale.
La proposta dell'amministrazione americana prevede invece di trasformare l'inserimento dei social da opzionale a obbligatorio per chiunque abbia utilizzato una delle piattaforme elencate negli ultimi cinque anni. Ciò implica che la sezione dedicata agli identificativi digitali non potrà più essere lasciata in bianco: dovrà essere compilata, anche dichiarando eventuali account creati con pseudonimi o identità alternative.
L'aspetto innovativo risiede inoltre nello spostamento del controllo dal confine alla richiesta elettronica: la valutazione non avverrà più solo all'arrivo sul territorio statunitense, ma già prima della partenza, riducendo la discrezionalità degli agenti in aeroporto e aumentando, nella prospettiva delle autorità, la trasparenza digitale del viaggiatore. Questa mossa si riflette anche in altri strumenti internazionali analoghi, come il nuovo sistema europeo ETIAS.
A livello di user experience, la durata stimata per la compilazione della domanda ESTA dovrebbe aumentare sensibilmente a causa della necessità di fornire e verificare ogni dettaglio digitale richiesto, inclusa la foto via app.
La proposta normativa di ampliare la raccolta di dati digitali ha immediatamente acceso il dibattito, non solo tra operatori del settore ma anche nell'ambito dei diritti civili. Organizzazioni quali la Electronic Frontier Foundation e la Foundation for Individual Rights and Expression hanno sollevato osservazioni critiche sulla possibilità che la consapevolezza di essere monitorati induca molti viaggiatori ad autocensurarsi online, limitando così opinioni politiche, contatti e partecipazione libera a gruppi e discussioni in rete.
Sul piano giuridico, la raccolta sistematica degli identificativi digitali è già stata oggetto di contenziosi legali, come nel caso Doc Society v. Blinken, in cui un tribunale federale ha confermato la legittimità dei controlli sui visti, ma senza sciogliere completamente i dubbi di compatibilità costituzionale rispetto ai principi di protezione della privacy internazionale. Rimane aperta la questione se queste misure siano realmente efficaci nell'individuare comportamenti a rischio, oppure se rappresentino un carico sproporzionato per milioni di turisti con potenziali effetti di dissuasione.
Al momento, la raccolta obbligatoria dei dati social e delle altre informazioni richieste per ESTA non è ancora legge: si tratta di una proposta pubblicata nel Federal Register, sottoposta alla procedura federale di notice and comment. Il testo resta quindi aperto alle osservazioni degli interessati per 60 giorni dalla pubblicazione, tempo durante il quale cittadini, associazioni e soggetti pubblici possono inoltrare memo o suggerimenti.
L'iter prevede, dopo la consultazione, l'approvazione formale da parte dell'Office of Management and Budget, con possibilità di modifiche e adattamenti. Secondo le previsioni di esperti e osservatori, la fase attuativa è attesa tra il secondo trimestre e la metà del 2026. Nel frattempo, il consiglio condiviso da esperti e ambasciate resta quello di mantenere monitorati i propri account digitali e preparare la documentazione che sarà plausibilmente richiesta, evitando omissioni e garantendo coerenza tra quanto dichiarato e la propria presenza pubblica online.
Per chi viaggia spesso verso gli Stati Uniti, occorre anticipare la raccolta delle informazioni richieste e aggiornare costantemente i dati digitali, per minimizzare i rischi di errori o discrepanze quando la norma dovesse entrare in vigore.