L'aggiornamento del Codice della Strada ha introdotto cambiamenti sulla guida sotto l’influenza di sostanze psicotrope o stupefacenti. Una delle modifiche più controverse riguarda l’eliminazione dell’obbligo di accertare lo stato di alterazione psico-fisica del conducente. Significa che, in base alle nuove norme, è sufficiente la presenza di tracce di sostanze stupefacenti nel corpo, rilevata tramite test salivari, per applicare sanzioni severe come la sospensione o la revoca della patente.
Questo approccio, se da un lato mira a rafforzare la sicurezza stradale, dall’altro genera una serie di criticità per chi assume farmaci prescritti a base di sostanze psicotrope, come le benzodiazepine, la cannabis terapeutica o altri principi attivi che possono risultare nei test. La normativa non distingue tra l’uso terapeutico di queste sostanze e l’abuso, penalizzando chi si trova in cura medica, anche in assenza di compromissioni della capacità di guida. Capiamo allora:
Farmaci e nuovo Codice della Strada, le criticità
Tra sicurezza stradale e diritti dei cittadini
I pazienti che utilizzano farmaci psicotropi per motivi medici rischiano di trovarsi in situazioni paradossali. Ad esempio, chi assume cannabis terapeutica per gestire il dolore cronico o chi segue una terapia con ansiolitici potrebbe risultare positivo ai test salivari effettuati durante un controllo stradale. Nonostante queste persone possano essere in grado di guidare, la nuova normativa non prevede criteri per distinguere tra un utilizzo responsabile e uno che compromette la sicurezza.
Questa mancanza di distinzione è anche una questione di diritti civili. I pazienti in trattamento medico potrebbero subire sanzioni ingiuste, tra cui la sospensione della patente e, in alcuni casi, conseguenze penali. Il problema è aggravato dall’assenza di soglie precise per valutare l’effettiva alterazione causata da queste sostanze.
Uno dei principali limiti del nuovo Codice della Strada è l’assenza di soglie di concentrazione che possano determinare con chiarezza quando la presenza di una sostanza psicotropa comprometta la capacità di guida. Questo approccio differisce da quanto avviene, ad esempio, per l’alcol, dove il limite di concentrazione nel sangue è chiaramente stabilito.
Per alcune sostanze, come la cannabis, le tracce possono rimanere nel corpo per giorni o settimane dopo l’assunzione, senza influire minimamente sulle capacità cognitive o motorie. Questa ambiguità crea un rischio di applicare sanzioni a persone che non rappresentano alcun pericolo per la sicurezza stradale. La mancanza di formazione per le forze dell’ordine su come interpretare i risultati dei test può portare a disparità di trattamento tra i conducenti.
Il nuovo Codice della Strada sembra focalizzarsi sull’inasprimento delle pene, senza considerare le implicazioni per i cittadini che assumono farmaci prescritti. Questa scelta normativa potrebbe minare la fiducia dei cittadini verso il sistema legislativo, soprattutto in un contesto in cui l’utilizzo di sostanze terapeutiche come la cannabis è sempre più diffuso e legittimato dal punto di vista medico.
Allo stesso tempo, la sicurezza stradale rimane una priorità. È evidente che guidare sotto l’effetto di sostanze che alterano le capacità cognitive sia un pericolo. Per tutelare sia la sicurezza che i diritti dei cittadini, sarebbe necessario introdurre strumenti di valutazione più equilibrati e precisi, come test che possano determinare lo stato di alterazione in tempo reale, piuttosto che basarsi esclusivamente sulla presenza di sostanze nell’organismo.
Alcune delle possibili soluzioni includono l’introduzione di test salivari più avanzati, in grado di distinguere tra uso terapeutico e abuso, e la definizione di soglie di concentrazione per le sostanze psicotrope, analoghe a quelle già previste per l’alcol.
Sarebbe auspicabile un maggiore coordinamento tra il Ministero della Salute e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per garantire che le norme stradali tengano conto delle specificità mediche dei pazienti.