L’assegno di mantenimento garantisce il benessere dei figli nelle situazioni di separazione, divorzio o disaccordo tra i genitori. Questa misura economica, riconosciuta dal nostro ordinamento giuridico, mira ad assicurare ai minori, così come ai figli maggiorenni non ancora autosufficienti, la possibilità di conservare le condizioni di vita preesistenti alla rottura dell’unione familiare. Assume quindi un valore centrale nella tutela della prole e nel bilanciamento delle responsabilità genitoriali, richiesto sia ai genitori sposati che a quelli non coniugati. La sua regolamentazione si fonda su principi di equità, solidarietà e proporzionalità tra le parti coinvolte.
Nel corso degli ultimi decenni, la giurisprudenza ha assunto un orientamento volto a tutelare in modo sempre più incisivo i diritti dei minori, riconoscendo la necessità di garantire loro un sostegno economico adeguato, anche a costo di intervenire d’ufficio qualora uno dei genitori ometta di adempiere ai propri obblighi. Oggi, l’assegno di mantenimento non è visto come una misura punitiva, ma come un diritto del figlio e un dovere imprescindibile per entrambi i genitori, che devono cooperare per assicurare qualità della vita e opportunità adeguate alla crescita, all’istruzione e all’educazione della prole.
L’assegno di mantenimento costituisce l’obbligo economico che grava su uno o entrambi i genitori separati, divorziati o non conviventi, volto a coprire i bisogni quotidiani dei figli. Tale obbligo è riconosciuto sia in caso di figli nati da matrimonio sia in caso di figli nati fuori dal matrimonio e si applica quando la prole non può contare su una diretta convivenza familiare che garantisca la condivisione ordinaria delle spese.
L’importo viene stabilito con riferimento alle esigenze del minore e alle possibilità economiche dei genitori. Nel caso di separazione consensuale, l’assegno può essere determinato di comune accordo tra i genitori; diversamente, sarà il giudice a fissarne l’ammontare considerando diversi parametri, tra cui capacità reddituali e tenore di vita abituale della prole. L’obiettivo primario resta quello di assicurare ai figli una continuità nelle condizioni economiche e nella qualità della vita rispetto al periodo antecedente la crisi familiare.
La normativa di riferimento è l’art. 337-ter c.c. e successive modifiche, che sancisce la natura proporzionale del contributo dovuto da ciascun genitore secondo le rispettive risorse e capacità lavorative. In caso di prolungata inadempienza o mancanza di mezzi, la legge prevede anche il possibile intervento degli ascendenti (nonni) per sopperire alle mancanze genitoriali. È importante sottolineare che l’assegno di mantenimento resta indisponibile, non può essere oggetto di rinuncia e non può essere compensato con altri crediti eventualmente vantati tra i genitori.
I genitori hanno la responsabilità morale e patrimoniale di occuparsi del mantenimento dei figli, sia in costanza di convivenza sia nelle situazioni di separazione. Il principio di uguaglianza stabilito dalla giurisprudenza impone che entrambi concorrano in misura proporzionale alle loro capacità economiche e reddituali.
Il diritto dei figli ad essere mantenuti, istruiti, educati e assistiti moralmente prevale su qualsiasi altro interesse dei genitori. Chi riceve l’assegno (normalmente il genitore collocatario) ha il compito di utilizzarlo unicamente per il sostegno dei figli, mentre chi contribuisce economicamente deve rispettare i termini e le modalità concordate o imposte dal giudice, restando responsabile in caso di omissioni.
La quantificazione dell’assegno di mantenimento per i figli avviene in assenza di una formula precisa, ma si basa su una serie di criteri individuati dalla legge e dalla giurisprudenza:
Il giudice valuta inoltre la documentazione reddituale fornita da ciascuna parte (dichiarazioni dei redditi, estratti conto, titoli, beni immobili e mobili). Il principio di proporzionalità rimane il criterio guida per evitare sproporzioni nella suddivisione delle spese tra i genitori e assicurare sempre una risposta adeguata alle esigenze dei figli.
In presenza di disaccordo tra i genitori sull’entità dell’assegno, la decisione spetta al giudice competente, il quale adotta un provvedimento che rispecchi una valutazione equa e personalizzata. Il tribunale interviene anche quando uno dei genitori non adempie spontaneamente all’obbligo o in fase di modifica delle condizioni di separazione o divorzio.
Se invece vi è consenso tra le parti, l’accordo raggiunto sui termini e sulle modalità del mantenimento dei figli viene omologato dal giudice, che ne verifica la congruità rispetto agli interessi del minore e la sostenibilità economica dei genitori. Raramente le intese raggiunte possono essere rifiutate dal tribunale, salvo casi in cui emergano squilibri o pregiudizi a svantaggio della prole.
Un aspetto importante è che qualsiasi modifica, sospensione o revoca dell’assegno richiede l’intervento dell’autorità giudiziaria, anche quando i genitori raggiungano nuove intese privatamente: queste, infatti, non hanno valore esecutivo senza il passaggio formale in tribunale.
La determinazione economica si fonda sull’analisi approfondita dei redditi, elaborata tramite documenti come:
Alla valutazione delle risorse effettive si aggiunge una stima delle spese sostenute dai genitori per l’abitazione, utenze, e ogni altro onere conseguente alla cessazione della convivenza. Quando i dati formali non coincidono con il tenore di vita reale, il tribunale effettua indagini supplementari, con controlli bancari o accertamenti presso enti pubblici.
Nei casi più frequenti, la giurisprudenza suggerisce di modulare il contributo in una percentuale tra il 20% e il 30% del reddito netto mensile del genitore obbligato, con possibili variazioni dovute all’età o al numero di figli. Per garantire equità e realismo, il giudice prende in considerazione eventuali spese straordinarie o nuove esigenze sorte dopo la separazione, come l’acquisto di una nuova abitazione per il genitore non collocatario.
L’obiettivo rimane una ripartizione sostenibile e proporzionata agli effettivi mezzi economici, evitando carichi eccessivi ma salvaguardando i diritti dei figli.
L’assegno di mantenimento comprende principalmente le spese ordinarie, ossia voci ricorrenti e prevedibili necessarie per garantire un livello di vita adeguato alla prole:
Le spese straordinarie riguardano invece eventi imprevedibili o costi di particolare rilevanza, quali:
Queste voci, secondo le linee guida dei tribunali, devono essere normalmente documentate e condivise in parti uguali, salvo diversa disposizione. L’accordo preventivo o il consenso scritto è spesso necessario per sostenere tali spese, particolarmente se gravose o non strettamente indispensabili.
Il contributo economico destinato ai figli si differenzia profondamente da quello eventualmente dovuto al coniuge.
L’assegno divorzile, invece, può assumere anche funzione compensativa o perequativa oltre che assistenziale, secondo quanto specificato dalla giurisprudenza della Cassazione nelle sue più recenti sentenze.
Le modalità di affidamento incidono direttamente sull’importo e la necessità dell’assegno. L’affidamento condiviso, ormai la regola nei procedimenti separativi italiani, prevede che entrambi i genitori partecipino attivamente alla vita dei figli e al loro mantenimento, ma il contributo monetario risulta comunque necessario quando non vi sia una perfetta parità di soggiorno o di risorse tra mamma e papà.
Fra i parametri valutati vi sono:
Il mantenimento diretto si applica raramente, nei casi in cui i genitori abbiano risorse equiparabili e l’affido sia realmente bilanciato nei tempi di convivenza. In tutti gli altri casi, il contributo economico è necessario per riequilibrare le differenze esistenti e garantire omogeneità nelle opportunità offerte ai figli.
L’importo dell’assegno di mantenimento dei figli non è fisso: la normativa prevede che venga automaticamente aggiornato sulla base degli indici ISTAT del costo della vita, salvo diverso accordo tra le parti o scelta differente da parte del tribunale. L’adeguamento consente di mantenere l’attualità e la congruità del contributo rispetto alle reali variazioni economiche negli anni.
Oltre all’adeguamento ISTAT, è possibile chiedere una revisione dell’importo:
La domanda di revisione richiede sempre l’intervento formale del giudice, che valuterà le circostanze, le esigenze sopravvenute e la possibilità di variazioni a tutela sia degli interessi della prole sia della sostenibilità per il genitore obbligato.
Esistono numerose situazioni sulle quali può incidere una modifica dell’assegno di mantenimento. Le più rilevanti includono:
La sospensione può essere disposta in casi di difficoltà temporanea, debitamente documentata e valutata dal tribunale. In ogni caso, la cessazione dell’obbligo non è mai automatica ma deve essere richiesta e autorizzata dal giudice nel rispetto dei principi di legge. L’accordo privato tra genitori, ove non omologato, non ha efficacia esecutiva.
In presenza di figli maggiorenni, il passaggio della corresponsione direttamente al figlio invece che al genitore collocatario può essere stabilito esclusivamente dal tribunale con specifico provvedimento.
L’obbligo di mantenimento non cessa automaticamente al compimento della maggiore età del figlio. Lo stato di bisogno è presunto per i minorenni, ma per i maggiorenni occorre valutare l’effettiva indipendenza economica. Il mantenimento è dovuto finché il figlio non percepisce un reddito stabile e congruo rispetto al percorso formativo intrapreso e alle reali possibilità offerte dal mercato del lavoro.
La giurisprudenza stabilisce però alcuni limiti:
Nel caso in cui il figlio maggiorenne cessi la convivenza con il genitore collocatario, la richiesta di mantenimento deve essere intrapresa personalmente nei confronti di entrambi i genitori, non potendo più essere gestita dal genitore ospitante.
Il mancato pagamento dell’assegno può avere gravi conseguenze. Il beneficiario può agire attraverso diversi strumenti legali:
Per poter agire è necessario che il provvedimento sia esecutivo (ossia emesso e depositato dal giudice). In caso di impossibilità a pagare, il genitore obbligato deve cercare una soluzione formale chiedendo la revisione dell’assegno e non può interrompere i versamenti senza autorizzazione, altrimenti si espone a sanzioni di carattere non solo civile ma anche penale.
La mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento integra sia profili di responsabilità civile sia rilievi penali. Dal punto di vista civile, il genitore inadempiente è esposto a:
Sul piano penale, l’art. 570 bis c.p. prevede sanzioni nei confronti di chi si sottrae, con dolo, all’obbligo di versare l’assegno disposto dal giudice a favore dei figli. Le pene possono giungere fino a un anno di reclusione o multa sino a € 1.032, oltre a conseguenze sulla potestà genitoriale nei casi più gravi.
Per ottenere l’assegno o per modificarne l’importo, occorre avviare un ricorso presso il tribunale competente, presentando:
È sempre richiesto l’esame della documentazione da parte del giudice, che potrà convocare le parti e assumere tutte le informazioni necessarie. Gli accordi privati tra le parti, salvo omologazione, non producono modifica degli obblighi precedenti. La consulenza legale di un avvocato esperto può orientare nella raccolta delle prove e nella corretta impostazione della domanda.
La mancanza di un vincolo matrimoniale o di un provvedimento giudiziale non esonera i genitori dall’obbligo di mantenimento della prole. Anche nelle separazioni di fatto, l’apporto economico al soddisfacimento delle esigenze della prole resta necessario e deve essere assicurato in misura proporzionale alle capacità di ciascun genitore.
La quantificazione del contributo segue principi analoghi a quelli stabiliti per le separazioni legali: si considerano i bisogni concreti dei figli, le risorse economiche dei genitori, l’eventuale collocamento prevalente e la necessità di assicurare stabilità e continuità. In caso di disaccordo, è possibile rivolgersi al tribunale per ottenere un provvedimento che tuteli i diritti della prole anche in assenza di formale separazione.
La stabilità e continuità di una convivenza more uxorio del beneficiario possono condurre alla cessazione dell’assegno di mantenimento, almeno per quanto riguarda il coniuge. La valutazione del giudice si basa su elementi come:
Per quanto riguarda l’assegno a favore dei figli, invece, la convivenza del genitore beneficiario non ha effetti diretti, salvo incidere in modo indiretto sulle condizioni economiche generali dell’ambiente familiare e quindi, in casi eccezionali, sulla valutazione complessiva della congruità della misura.
Sotto il profilo fiscale, l’assegno di mantenimento a favore dei figli
Fanno eccezione i versamenti effettuati a favore dell’ex coniuge, che invece sono deducibili dal reddito di chi li eroga e tassabili per chi li riceve, a condizione che risultino da un provvedimento giudiziale e non siano destinati direttamente ai figli. Per una corretta gestione fiscale, è opportuno conservare sempre la documentazione attestante l’effettivo pagamento e consultare un professionista esperto in materia tributaria nelle situazioni più complesse.