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Guida all’assegno di mantenimento per i figli: diritti e doveri, regole, obblighi, limiti e calcolo importi con esempi pratici

L’assegno di mantenimento per i figli tutela i loro diritti dopo la separazione dei genitori, regolando criteri di calcolo, obblighi, spese, adeguamenti e questioni procedurali per garantire benessere e giustizia familiare

Autore: Marianna Quatraro
pubblicato il
Guida all’assegno di mantenimento per i

L’assegno di mantenimento garantisce il benessere dei figli nelle situazioni di separazione, divorzio o disaccordo tra i genitori. Questa misura economica, riconosciuta dal nostro ordinamento giuridico, mira ad assicurare ai minori, così come ai figli maggiorenni non ancora autosufficienti, la possibilità di conservare le condizioni di vita preesistenti alla rottura dell’unione familiare. Assume quindi un valore centrale nella tutela della prole e nel bilanciamento delle responsabilità genitoriali, richiesto sia ai genitori sposati che a quelli non coniugati. La sua regolamentazione si fonda su principi di equità, solidarietà e proporzionalità tra le parti coinvolte.

Nel corso degli ultimi decenni, la giurisprudenza ha assunto un orientamento volto a tutelare in modo sempre più incisivo i diritti dei minori, riconoscendo la necessità di garantire loro un sostegno economico adeguato, anche a costo di intervenire d’ufficio qualora uno dei genitori ometta di adempiere ai propri obblighi. Oggi, l’assegno di mantenimento non è visto come una misura punitiva, ma come un diritto del figlio e un dovere imprescindibile per entrambi i genitori, che devono cooperare per assicurare qualità della vita e opportunità adeguate alla crescita, all’istruzione e all’educazione della prole.

Cos’è l’assegno di mantenimento per i figli e quando si applica

L’assegno di mantenimento costituisce l’obbligo economico che grava su uno o entrambi i genitori separati, divorziati o non conviventi, volto a coprire i bisogni quotidiani dei figli. Tale obbligo è riconosciuto sia in caso di figli nati da matrimonio sia in caso di figli nati fuori dal matrimonio e si applica quando la prole non può contare su una diretta convivenza familiare che garantisca la condivisione ordinaria delle spese.

L’importo viene stabilito con riferimento alle esigenze del minore e alle possibilità economiche dei genitori. Nel caso di separazione consensuale, l’assegno può essere determinato di comune accordo tra i genitori; diversamente, sarà il giudice a fissarne l’ammontare considerando diversi parametri, tra cui capacità reddituali e tenore di vita abituale della prole. L’obiettivo primario resta quello di assicurare ai figli una continuità nelle condizioni economiche e nella qualità della vita rispetto al periodo antecedente la crisi familiare.

La normativa di riferimento è l’art. 337-ter c.c. e successive modifiche, che sancisce la natura proporzionale del contributo dovuto da ciascun genitore secondo le rispettive risorse e capacità lavorative. In caso di prolungata inadempienza o mancanza di mezzi, la legge prevede anche il possibile intervento degli ascendenti (nonni) per sopperire alle mancanze genitoriali. È importante sottolineare che l’assegno di mantenimento resta indisponibile, non può essere oggetto di rinuncia e non può essere compensato con altri crediti eventualmente vantati tra i genitori.

Diritti e doveri dei genitori nel contributo al mantenimento

I genitori hanno la responsabilità morale e patrimoniale di occuparsi del mantenimento dei figli, sia in costanza di convivenza sia nelle situazioni di separazione. Il principio di uguaglianza stabilito dalla giurisprudenza impone che entrambi concorrano in misura proporzionale alle loro capacità economiche e reddituali.

  • Dovere di provvedere al mantenimento: l’obbligo sorge automaticamente alla nascita del figlio e persiste fino al raggiungimento della sua autosufficienza economica.
  • Responsabilità genitoriale condivisa: entrambe le figure genitoriali sono tenute a garantire le condizioni materiali e morali affinché il figlio possa svilupparsi pienamente.
  • Partecipazione alle decisioni: la residenza, l’istruzione e le scelte educative vanno assunte di comune accordo, tenendo conto delle inclinazioni e delle aspettative della prole.

Il diritto dei figli ad essere mantenuti, istruiti, educati e assistiti moralmente prevale su qualsiasi altro interesse dei genitori. Chi riceve l’assegno (normalmente il genitore collocatario) ha il compito di utilizzarlo unicamente per il sostegno dei figli, mentre chi contribuisce economicamente deve rispettare i termini e le modalità concordate o imposte dal giudice, restando responsabile in caso di omissioni.

Criteri e parametri per il calcolo dell’assegno di mantenimento

La quantificazione dell’assegno di mantenimento per i figli avviene in assenza di una formula precisa, ma si basa su una serie di criteri individuati dalla legge e dalla giurisprudenza:

  • Esigenze attuali del figlio: bisogni abitativi, alimentari, educativi, sanitari e ricreativi.
  • Tenore di vita goduto in convivenza: il livello di benessere precedentemente garantito rappresenta un parametro fondamentale.
  • Redditi e risorse dei genitori: tutte le entrate e i beni patrimoniali devono essere considerati per garantire proporzionalità nel contributo.
  • Tempi di permanenza presso ciascun genitore: più tempo trascorso dalla prole con un genitore può incidere sull’ammontare dell’assegno.
  • Valenza economica delle attività domestiche e di cura: l’apporto non lavorativo di uno dei genitori viene parimenti valorizzato.

Il giudice valuta inoltre la documentazione reddituale fornita da ciascuna parte (dichiarazioni dei redditi, estratti conto, titoli, beni immobili e mobili). Il principio di proporzionalità rimane il criterio guida per evitare sproporzioni nella suddivisione delle spese tra i genitori e assicurare sempre una risposta adeguata alle esigenze dei figli.

Il ruolo del giudice e l’accordo tra le parti

In presenza di disaccordo tra i genitori sull’entità dell’assegno, la decisione spetta al giudice competente, il quale adotta un provvedimento che rispecchi una valutazione equa e personalizzata. Il tribunale interviene anche quando uno dei genitori non adempie spontaneamente all’obbligo o in fase di modifica delle condizioni di separazione o divorzio.

Se invece vi è consenso tra le parti, l’accordo raggiunto sui termini e sulle modalità del mantenimento dei figli viene omologato dal giudice, che ne verifica la congruità rispetto agli interessi del minore e la sostenibilità economica dei genitori. Raramente le intese raggiunte possono essere rifiutate dal tribunale, salvo casi in cui emergano squilibri o pregiudizi a svantaggio della prole.

Un aspetto importante è che qualsiasi modifica, sospensione o revoca dell’assegno richiede l’intervento dell’autorità giudiziaria, anche quando i genitori raggiungano nuove intese privatamente: queste, infatti, non hanno valore esecutivo senza il passaggio formale in tribunale.

Il calcolo del mantenimento: fattori economici e patrimoniali

La determinazione economica si fonda sull’analisi approfondita dei redditi, elaborata tramite documenti come:

  • Dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni
  • Attestazioni di patrimoni immobiliari e mobiliari
  • Proventi da locazioni, interessi bancari e investimenti
  • Spese deducibili e detraibili

Alla valutazione delle risorse effettive si aggiunge una stima delle spese sostenute dai genitori per l’abitazione, utenze, e ogni altro onere conseguente alla cessazione della convivenza. Quando i dati formali non coincidono con il tenore di vita reale, il tribunale effettua indagini supplementari, con controlli bancari o accertamenti presso enti pubblici.

Nei casi più frequenti, la giurisprudenza suggerisce di modulare il contributo in una percentuale tra il 20% e il 30% del reddito netto mensile del genitore obbligato, con possibili variazioni dovute all’età o al numero di figli. Per garantire equità e realismo, il giudice prende in considerazione eventuali spese straordinarie o nuove esigenze sorte dopo la separazione, come l’acquisto di una nuova abitazione per il genitore non collocatario.

L’obiettivo rimane una ripartizione sostenibile e proporzionata agli effettivi mezzi economici, evitando carichi eccessivi ma salvaguardando i diritti dei figli.

Spese ordinarie e straordinarie: cosa comprende l’assegno

L’assegno di mantenimento comprende principalmente le spese ordinarie, ossia voci ricorrenti e prevedibili necessarie per garantire un livello di vita adeguato alla prole:

  • Vitto e alloggio (spese alimentari, utenze domestiche, affitto o mutuo)
  • Abbigliamento e igiene personale
  • Istruzione ordinaria (materiale didattico, uscite scolastiche giornaliere)
  • Salute (farmaci di uso comune, visite pediatriche ordinarie)
  • Trasporti e piccoli extra (abbonamenti ai mezzi, paghette)

Le spese straordinarie riguardano invece eventi imprevedibili o costi di particolare rilevanza, quali:

  • Spese mediche specialistiche, cure ortodontiche o dentistiche
  • Rette scolastiche, corsi di recupero, lezioni private
  • Attività sportive extra o corsi particolari
  • Viaggi di istruzione con pernottamento, alloggi universitari

Queste voci, secondo le linee guida dei tribunali, devono essere normalmente documentate e condivise in parti uguali, salvo diversa disposizione. L’accordo preventivo o il consenso scritto è spesso necessario per sostenere tali spese, particolarmente se gravose o non strettamente indispensabili.

Distinzione tra mantenimento per i figli e per il coniuge

Il contributo economico destinato ai figli si differenzia profondamente da quello eventualmente dovuto al coniuge.

  • L’assegno di mantenimento per i figli risponde al principio prioritario di tutela della prole, dura fino all’indipendenza economica del figlio e non è mai oggetto di rinuncia.
  • L’assegno di mantenimento a favore dell’ex coniuge interviene solo in presenza di oggettiva disparità economica tra le parti e tenuto conto dei sacrifici compiuti da uno dei due per la famiglia. È subordinato alle condizioni di bisogno e può cessare in caso di nuova convivenza stabile o matrimonio del beneficiario.

L’assegno divorzile, invece, può assumere anche funzione compensativa o perequativa oltre che assistenziale, secondo quanto specificato dalla giurisprudenza della Cassazione nelle sue più recenti sentenze.

Affidamento dei figli, tempi di permanenza e loro impatto sull’assegno

Le modalità di affidamento incidono direttamente sull’importo e la necessità dell’assegno. L’affidamento condiviso, ormai la regola nei procedimenti separativi italiani, prevede che entrambi i genitori partecipino attivamente alla vita dei figli e al loro mantenimento, ma il contributo monetario risulta comunque necessario quando non vi sia una perfetta parità di soggiorno o di risorse tra mamma e papà.

Fra i parametri valutati vi sono:

  • I giorni e le settimane effettivamente trascorsi dalla prole con ciascun genitore
  • La capacità concreta di ciascun genitore di farsi carico in modo diretto delle spese ordinarie
  • L’eventuale disparità di reddito o di condizioni abitative

Il mantenimento diretto si applica raramente, nei casi in cui i genitori abbiano risorse equiparabili e l’affido sia realmente bilanciato nei tempi di convivenza. In tutti gli altri casi, il contributo economico è necessario per riequilibrare le differenze esistenti e garantire omogeneità nelle opportunità offerte ai figli.

Adeguamento dell’assegno di mantenimento: quando e come avviene

L’importo dell’assegno di mantenimento dei figli non è fisso: la normativa prevede che venga automaticamente aggiornato sulla base degli indici ISTAT del costo della vita, salvo diverso accordo tra le parti o scelta differente da parte del tribunale. L’adeguamento consente di mantenere l’attualità e la congruità del contributo rispetto alle reali variazioni economiche negli anni.

Oltre all’adeguamento ISTAT, è possibile chiedere una revisione dell’importo:

  • Al verificarsi di variazioni significative nelle condizioni patrimoniali dei genitori
  • In presenza di nuove necessità o spese dei figli (ad es. spese universitarie, bisogni sanitari sopravvenuti)
  • In caso di eventi straordinari, come perdita del lavoro o nuovi oneri familiari

La domanda di revisione richiede sempre l’intervento formale del giudice, che valuterà le circostanze, le esigenze sopravvenute e la possibilità di variazioni a tutela sia degli interessi della prole sia della sostenibilità per il genitore obbligato.

Modifica, sospensione e cessazione dell’assegno di mantenimento

Esistono numerose situazioni sulle quali può incidere una modifica dell’assegno di mantenimento. Le più rilevanti includono:

  • Significative variazioni nel reddito di uno dei genitori
  • Crescita delle spese o mutate esigenze dei figli
  • Malattia, disabilità o nuovi carichi familiari per uno dei genitori
  • Raggiungimento della piena autosufficienza economica da parte del figlio

La sospensione può essere disposta in casi di difficoltà temporanea, debitamente documentata e valutata dal tribunale. In ogni caso, la cessazione dell’obbligo non è mai automatica ma deve essere richiesta e autorizzata dal giudice nel rispetto dei principi di legge. L’accordo privato tra genitori, ove non omologato, non ha efficacia esecutiva.

In presenza di figli maggiorenni, il passaggio della corresponsione direttamente al figlio invece che al genitore collocatario può essere stabilito esclusivamente dal tribunale con specifico provvedimento.

Mantenimento dei figli maggiorenni: limiti e condizioni

L’obbligo di mantenimento non cessa automaticamente al compimento della maggiore età del figlio. Lo stato di bisogno è presunto per i minorenni, ma per i maggiorenni occorre valutare l’effettiva indipendenza economica. Il mantenimento è dovuto finché il figlio non percepisce un reddito stabile e congruo rispetto al percorso formativo intrapreso e alle reali possibilità offerte dal mercato del lavoro.

La giurisprudenza stabilisce però alcuni limiti:

  • Dopo i 30 anni (in casi particolari 35), si presume che la mancata autosufficienza sia frutto di inerzia personale, salvo dimostrazione contraria
  • Sono rilevanti le circostanze particolari: percorsi di studio impegnativi, disabilità, difficoltà oggettive nel reperimento di un lavoro
  • L’onere della prova grava sul figlio maggiorenne, che dovrà dimostrare sia la diligenza nella ricerca lavorativa, sia la reale impossibilità di mantenersi autonomamente

Nel caso in cui il figlio maggiorenne cessi la convivenza con il genitore collocatario, la richiesta di mantenimento deve essere intrapresa personalmente nei confronti di entrambi i genitori, non potendo più essere gestita dal genitore ospitante.

Cosa fare se il genitore obbligato non paga l’assegno di mantenimento

Il mancato pagamento dell’assegno può avere gravi conseguenze. Il beneficiario può agire attraverso diversi strumenti legali:

  • Richiesta di pignoramento del salario o dei beni del debitore
  • Domanda al datore di lavoro di versare direttamente la quota dovuta
  • Avvio di esecuzione forzata sui beni, tramite il tribunale competente
  • Ricorso penale, qualora il comportamento costituisca reato di violazione degli obblighi familiari

Per poter agire è necessario che il provvedimento sia esecutivo (ossia emesso e depositato dal giudice). In caso di impossibilità a pagare, il genitore obbligato deve cercare una soluzione formale chiedendo la revisione dell’assegno e non può interrompere i versamenti senza autorizzazione, altrimenti si espone a sanzioni di carattere non solo civile ma anche penale.

Conseguenze civili e penali per l’inadempienza dell’obbligo di mantenimento

La mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento integra sia profili di responsabilità civile sia rilievi penali. Dal punto di vista civile, il genitore inadempiente è esposto a:

  • Pignoramento dello stipendio, dei conti correnti e dei beni mobili/immobili
  • Iscrizione nei registri dei debitori
  • Obbligo di corrispondere gli arretrati, maggiorati degli interessi legali

Sul piano penale, l’art. 570 bis c.p. prevede sanzioni nei confronti di chi si sottrae, con dolo, all’obbligo di versare l’assegno disposto dal giudice a favore dei figli. Le pene possono giungere fino a un anno di reclusione o multa sino a € 1.032, oltre a conseguenze sulla potestà genitoriale nei casi più gravi.

Come richiedere o modificare l’assegno: la procedura

Per ottenere l’assegno o per modificarne l’importo, occorre avviare un ricorso presso il tribunale competente, presentando:

  • La sentenza o il decreto precedente
  • Documentazione aggiornata sulla propria situazione reddituale
  • Prove relative a sopravvenute variazioni di reddito, salute o costi dei figli

È sempre richiesto l’esame della documentazione da parte del giudice, che potrà convocare le parti e assumere tutte le informazioni necessarie. Gli accordi privati tra le parti, salvo omologazione, non producono modifica degli obblighi precedenti. La consulenza legale di un avvocato esperto può orientare nella raccolta delle prove e nella corretta impostazione della domanda.

Assegno di mantenimento nella separazione di fatto

La mancanza di un vincolo matrimoniale o di un provvedimento giudiziale non esonera i genitori dall’obbligo di mantenimento della prole. Anche nelle separazioni di fatto, l’apporto economico al soddisfacimento delle esigenze della prole resta necessario e deve essere assicurato in misura proporzionale alle capacità di ciascun genitore.

La quantificazione del contributo segue principi analoghi a quelli stabiliti per le separazioni legali: si considerano i bisogni concreti dei figli, le risorse economiche dei genitori, l’eventuale collocamento prevalente e la necessità di assicurare stabilità e continuità. In caso di disaccordo, è possibile rivolgersi al tribunale per ottenere un provvedimento che tuteli i diritti della prole anche in assenza di formale separazione.

L’impatto della convivenza del beneficiario sull’assegno

La stabilità e continuità di una convivenza more uxorio del beneficiario possono condurre alla cessazione dell’assegno di mantenimento, almeno per quanto riguarda il coniuge. La valutazione del giudice si basa su elementi come:

  • Durata nel tempo e stabilità della nuova relazione
  • Condivisione delle spese domestiche e progetto di vita comune
  • Equiparabilità della nuova convivenza all’unione matrimoniale

Per quanto riguarda l’assegno a favore dei figli, invece, la convivenza del genitore beneficiario non ha effetti diretti, salvo incidere in modo indiretto sulle condizioni economiche generali dell’ambiente familiare e quindi, in casi eccezionali, sulla valutazione complessiva della congruità della misura.

Il trattamento fiscale dell’assegno di mantenimento per i figli

Sotto il profilo fiscale, l’assegno di mantenimento a favore dei figli

  • Non è deducibile per il genitore che lo versa
  • Non costituisce reddito imponibile per il genitore o il figlio beneficiario

Fanno eccezione i versamenti effettuati a favore dell’ex coniuge, che invece sono deducibili dal reddito di chi li eroga e tassabili per chi li riceve, a condizione che risultino da un provvedimento giudiziale e non siano destinati direttamente ai figli. Per una corretta gestione fiscale, è opportuno conservare sempre la documentazione attestante l’effettivo pagamento e consultare un professionista esperto in materia tributaria nelle situazioni più complesse.

Domande frequenti sull’assegno di mantenimento per i figli

  • Esistono tabelle ufficiali per il calcolo? No, il calcolo avviene caso per caso sulla base dei parametri giuridici e delle disponibilità economiche reali.
  • L’assegno va pagato anche dopo la maggiore età dei figli? Sì, se i figli non sono ancora economicamente indipendenti e sono in attiva ricerca di un’occupazione coerente col percorso formativo seguito.
  • Come vengono ripartite le spese straordinarie? Generalmente al 50%, salvo intese diverse ratificate dal tribunale.
  • È sufficiente che le parti si accordino privatamente per modificare l’importo? No, occorre omologazione giudiziale affinché la modifica abbia efficacia esecutiva.
  • Cosa succede se l’ex coniuge si risposa? Il diritto all’assegno di mantenimento per il coniuge può cessare, ma non quello per i figli.