Le formule di godimento, come l'usufrutto, rispondono a esigenze molto diffuse nella gestione del patrimonio immobiliare e nel trasferimento dei diritti reali.
Due delle forme più rilevanti sono l’usufrutto a vita e quello limitato nel tempo. Questi strumenti giuridici consentono di scindere la proprietà di un bene dal suo utilizzo, con effetti rilevanti sulla titolarità, sulla possibilità di vivere o trarre reddito da un immobile e sulle relative conseguenze fiscali.
L’usufrutto costituisce un diritto reale di godimento che attribuisce all’usufruttuario la facoltà di utilizzare e di ricavare tutte le utilità da un bene di proprietà altrui, nel rispetto della destinazione economica del bene stesso, senza però modificarne la natura. Il detentore della proprietà conserva la cosiddetta nuda proprietà, mentre chi beneficia dell’usufrutto ha la possibilità di godere dell’immobile o del bene a titolo personale o, entro determinati limiti, di concederlo a terzi (ad esempio tramite locazione).
Dal punto di vista giuridico, l’usufrutto manifesta la scissione tra la titolarità della cosa (“dominio”) e il diritto di godimento e di usare e trarre frutti senza alterare la consistenza fondamentale del bene. In ambito immobiliare, la disciplina si applica sia a beni immobili che a beni mobili o universalità di beni.
Il regime giuridico impone all’usufruttuario limiti precisi: obbligo di non mutare la destinazione economica del bene, di mantenerlo in buono stato, di restituirlo alla scadenza e di farsi carico delle spese ordinarie, mentre il nudo proprietario mantiene la responsabilità per le spese straordinarie.
L’usufrutto vitalizio è molto utilizzato nelle transazioni immobiliari e nella gestione familiare dei patrimoni. La sua principale caratteristica è la durata collegata alla vita dell’usufruttuario: il diritto di godimento permane fino al decesso del titolare, indipendentemente dall’età raggiunta o dal momento in cui il rapporto abbia avuto origine.
Il diritto consente all’usufruttuario di utilizzare il bene e percepirne tutti i frutti, compresi gli introiti derivanti da eventuali locazioni, a patto che venga rispettata la destinazione economica dell’immobile o del bene interessato. Il nudo proprietario, invece, resta titolare del bene sotto il profilo formale, ma non ne può disporre direttamente fino all’estinzione dell’usufrutto.
La formula vitalizia garantisce stabilità e certezza a chi desidera assicurarsi la permanenza nel proprio immobile “a vita”, tutelando anche esigenze di previdenza o di sostegno familiare. Questo schema è frequentemente adottato, ad esempio, da persone anziane che cedono la nuda proprietà della casa mantenendo per sé il pieno godimento del bene fino alla morte.
L’estinzione per morte dell’usufruttuario comporta la cosiddetta consolidazione, ossia la riunificazione automatica della nuda proprietà e dell’usufrutto in capo all’ex nudo proprietario, che torna ad avere la piena disponibilità del bene senza necessità di ulteriori formalità.
La titolarità dell’usufrutto vitalizio consente anche la possibilità di cessione a terzi, purché la durata non ecceda comunque la vita originaria dell’usufruttuario. Sono inoltre previsti effetti peculiari sul valore economico del bene nella determinazione delle quote di proprietà e nelle ipotesi di divisione ereditaria, dal momento che la valutazione dell’usufrutto tiene conto delle tabelle attuariali e dell’età di chi ne è titolare.
L’usufrutto temporaneo si distingue per la previsione di una durata predeterminata, stabilita liberamente dalle parti sia tramite contratto che per disposizione testamentaria. Questo limite temporale può essere di pochi anni o estendersi fino a decenni, purché venga precisato nell’atto costitutivo e rispetti la normativa vigente, che, salvo eccezioni, non consente di superare il termine massimo dei trent’anni quando istituito a favore di persone giuridiche.
Le caratteristiche giuridiche di questa tipologia includono la cessazione automatica alla scadenza prefissata, senza necessità di ulteriori atti. L’estinzione è quindi certa e legata all’effetto del decorso del termine, fattore che ne aumenta la flessibilità per usi strategici in campo patrimoniale e organizzativo.
Ll’usufrutto a termine viene usato in diversi casi: dalla pianificazione di operazioni immobiliari, alla gestione di passaggi generazionali del patrimonio familiare, alla costituzione di trust, alle formule di vendita della nuda proprietà in cui il venditore mantiene l’usufrutto solo per un periodo concordato e non per tutta la vita.
Nel settore immobiliare, questa modalità consente di adattare la durata dell’utilizzo del bene alle necessità contingenti di chi cede e di chi acquisisce la nuda proprietà, bilanciando le esigenze finanziare delle parti.
È frequente la stipula di usufrutti temporanei per esigenze di studio o lavoro, per fornire alloggi temporanei a determinati familiari o per assicurare il godimento di un bene fino al raggiungimento di determinati obiettivi patrimoniali.
La differenza principale tra usufrutto vitalizio e temporaneo è certamente la durata del diritto e il momento della sua estinzione.
Il primo si mantiene fino alla morte dell’usufruttuario, senza una data di scadenza precisa; il secondo, invece, si esaurisce con il trascorrere del termine stabilito nell’atto costitutivo, indipendentemente dalla sopravvivenza del beneficiario.
Dal punto di vista della programmazione patrimoniale, l’usufrutto vitalizio offre stabilità a chi desidera assicurarsi, per l’intera vita, l’uso di un bene o di un immobile, risultando particolarmente strategico nei trasferimenti generazionali o nelle situazioni di tutela di soggetti deboli. L’usufrutto temporaneo si rivela più flessibile, adattandosi a esigenze transitorie e pianificabili.
Un’importante differenza riguarda anche la modalità di valutazione economica:
Sia nell’uno che nell’altro caso, comunque, l’usufruttuario mantiene tutti i diritti di godimento e gli obblighi di manutenzione ordinaria, mentre il nudo proprietario resta escluso dalla fruizione materiale del bene fino alla naturale scadenza o all’estinzione del diritto di usufrutto.
La costituzione dell’usufrutto può avvenire attraverso diverse modalità, ciascuna con i suoi precisi effetti giuridici e implicazioni operative. Le vie principali includono l’atto tra vivi e la disposizione testamentaria.
I soggetti coinvolti sono almeno due: il proprietario (che mantiene la nuda proprietà) e l’usufruttuario. In alcune situazioni possono essere coinvolte persone giuridiche, con limiti di durata differenti rispetto alle persone fisiche.
Gli atti costitutivi devono contenere la descrizione del bene, la durata, eventuali limiti e modalità di godimento. In presenza di più usufruttuari, il diritto può essere istituito pro quota o congiuntamente.
La durata dell’usufrutto può essere stabilita a tempo indeterminato (vitalizio) o limitata (temporaneo), ma in ogni caso il diritto è di natura essenzialmente temporanea. Le ipotesi di estinzione sono tipizzate dalla normativa e comprendono:
La procedura relativa all’estinzione spesso non prevede formalità aggiuntive, ad eccezione della trascrizione nei pubblici registri quando riguarda beni immobili. La consolidazione rappresenta l’effetto più rilevante: al termine dell’usufrutto, le prerogative dell’usufruttuario si riuniscono automaticamente in capo al nudo proprietario, che ottiene nuovamente la piena disponibilità anche materiale del bene. Tuttavia, permangono obblighi pregressi, come le riparazioni straordinarie anticipate dai soggetti coinvolti, se non diversamente pattuito.
La normativa prevede che il valore dell’usufrutto sia determinato in base a quello della piena proprietà e secondo coefficienti stabiliti annualmente dal Ministero dell'Economia, con riferimento all’età dell’usufruttuario e, per gli usufrutti temporanei, alla durata prefissata. Dal 2025, la determinazione considera un tasso di interesse legale minimo del 2,5%.
La formula base prevede:
Sul trasferimento di usufrutto o nuda proprietà si applicano imposte di registro, ipotecarie e catastali, oltre all’imposta sulle successioni e donazioni, secondo percentuali specifiche e soglie di esenzione previste dalla legge. Per atti a titolo gratuito, si adottano le aliquote legate al grado di parentela tra le parti.
Ai fini IRPEF, la rendita catastale spetta all’usufruttuario. In alcune operazioni, come la vendita della nuda proprietà con riserva di usufrutto, la normativa contempla agevolazioni “prima casa” se ricorrono le condizioni anche per gli acquirenti del solo diritto reale.
Tra le posizioni correlate, il godimento dell’abitazione principale da parte dell’usufruttuario può comportare l’esenzione da imponibili IRPEF e IMU. In presenza di specifiche circostanze, è possibile beneficiare di riduzioni o esclusioni dall’imposizione applicabile a successioni, donazioni o trasferimenti a familiari stretti, come illustrato dalle circolari e dalle tabelle ufficiali.
L’imposizione fiscale sull’usufrutto vitalizio si basa sul valore attribuibile al diritto in rapporto all’aspettativa di vita dell’usufruttuario. Il calcolo considera la rendita annua dell’immobile, ottenuta moltiplicando il valore della piena proprietà per il tasso di interesse legale vigente: questo valore viene poi moltiplicato per il coefficiente attuariale stabilito in base all’età dell’usufruttuario secondo le tabelle ministeriali aggiornate annualmente.
Il risultato definisce sia la base imponibile per le imposte indirette (registro, ipotecarie e catastali) che la quota residua destinata alla determinazione del valore della nuda proprietà.
Ai fini IRPEF, la rendita catastale è attribuita all’usufruttuario, che è tenuto a dichiararne il reddito, anche se non utilizza direttamente il bene.
La normativa prevede, inoltre, l’esenzione dall’IMU e dall’IRPEF per l’abitazione principale a determinate condizioni.
Negli atti di successione o donazione, la valutazione dell’usufrutto incide in modo significativo sulla ripartizione delle quote ereditarie e sulla determinazione delle relative aliquote, influenzando la convenienza delle pianificazioni patrimoniali tramite tale strumento.
In presenza di più usufruttuari, si applicano norme specifiche per stabilire il valore in base all’età del più giovane. Eventuali rinunce o cessioni vengono tassate come atti a titolo oneroso o gratuito sulla base del valore attuariale rilevato al momento dell’operazione.
Per l’usufrutto temporaneo, il calcolo del valore ai fini fiscali segue regole differenti rispetto a quello vitalizio: il parametro centrale diventa la durata convenuta.
Il valore fiscale si ottiene moltiplicando la rendita annua, calcolata con il valore della piena proprietà e il tasso di interesse legale, per il numero degli anni concordati, fino a un massimo di trent’anni, come previsto dalla normativa vigente. Tabelle ministeriali specifiche agevolano il calcolo preciso del coefficiente da applicare.
Le imposte indirette, di registro, ipotecarie, catastali, sono dovute sulla quota di valore calcolato per il periodo effettivo di durata dell’usufrutto. Nelle successioni e nelle donazioni, l’usufrutto temporaneo incide sulla ripartizione delle basi imponibili e può essere utilizzato per pianificazioni che prevedono il ritorno della piena proprietà in tempi prestabiliti, senza dipendere dalla vita dell’usufruttuario.
La rendita catastale, come nelle altre tipologie, compete all’usufruttuario pro tempore che ne deve dichiarare il reddito ai fini IRPEF. Nei casi di rinuncia o cessione, la tassazione segue i criteri relativi agli atti a titolo oneroso o gratuito applicando il valore attuale dell’usufrutto residuale.